Astigiani 15 – marzo 2016
Sei di Asti se…
di Sergio Miravalle
C’è un doppio filo rosso che lega questo numero 15 di Astigiani. Sono i fili della memoria legata ai grandi avvenimenti della storia e quelli all’apparenza meno importanti, più circoscritti. Su Facebook c’è un gruppo che si riconosce sotto il titolo “Sei di Asti se…”. Postano foto e commenti sulla bacheca virtuale che sta cambiando il modo di comunicare non solo dei più giovani. Sono immagini che stimolano la nostra memoria collettiva territoriale: la foto di un vecchio bar, i bambini della colonia, un personaggio, l’insegna di un negozio, lo scorcio di una piazza.
Non è semplice nostalgia del “come eravamo”. C’è qualche cosa di più. Ci sono parole e nomi che suonano in un certo modo e hanno un sapore speciale solo per chi ha vissuto in un determinato periodo in una città e nei paesi che la circondano. Astigiani vi propone questi cognomi: Gerbi, Prina, Giuntelli, Arata, Garelli, oppure marchi come Piemontesina e La Marinara.
Solo chi vive o ha vissuto ad Asti li abbinerà immediatamente alla gioia della prima bicicletta. Abbandonare le due ruotine d’appoggio e saper andare da soli in bici era un momento importante di crescita. Ma su che bici? Spesso quelle ereditate dai fratelli, aggiustate, adattate. Per farlo c’erano una miriade di botteghe di ciclisti, spesso ex corridori, molte delle quali producevano e assemblavano biciclette con il proprio marchio.
Rievocare quei nomi e la loro storia è stato un lavoro intenso che Astigiani propone ai lettori certi che sapranno aggiungere particolari e ricordi alla memoria che corre su due ruote.
Mille e mille biciclettate
di Luciano Nattino
C’erano due biciclette appoggiate al muro del corridoio che dava nel cortile di casa mia in viale Pilone. Una era di mio padre, aveva la canna ed era di colore marrone, l’altra di mia madre ed era di colore verde slavato. Avevano insieme un’aria complice e misteriosa, di orgoglioso abbandono. I miei genitori le usavano per recarsi al lavoro alla Way Assauto (la fabbrica della città con quasi tremila maestranze ai tempi d’oro).
Percorrevano la via lungo il rio Valmanera, oltrepassavano il cimitero degli ebrei e giungevano infine a destinazione dove li attendevano, già appese ai ganci, centinaia di altre biciclette: un panorama oggi impensabile. Immagino questo loro percorso sempre uguale per decine di anni, ma comunque sempre diverso nel variare delle stagioni e degli umori; la loro pedalata, più vigorosa nell’andare e stanca ma ancora gagliarda nel tornare per l’obiettivo del rientro a casa.
Sole fra la nebbia, freddo pungente, nuvole attempate, rio in secca…questo è stato il paesaggio che per quarantadue anni, mio padre, e per quaranta mia madre, hanno attraversato senza scendere dalla bicicletta, domeniche escluse. Nella mia infanzia, leggevo sempre, sul muro opposto al cortile della scuola elementare Pascoli, un’enorme scritta “PRINA”. La ricerca di Astigiani rievoca anche quell’antica fabbrica di biciclette.
Quanti chilometri hanno percorso i miei genitori? Sicuramente il giro del mondo.
Badoglio sì/Badoglio no
Scrivo in merito all’articolo di Domenico Quirico “Ecco perché detesto il mio conterraneo Pietro Badoglio”, pubblicato su Astigiani n.14. Premesso che Domenico Quirico ha il diritto di detestare chi vuole, rilevo che le accuse mosse al Maresciallo Badoglio non fanno che riprendere quanto già apparso sull’ampia pubblicistica denigratoria del personaggio, da Cilibrizzi a De Biase, da Bertoldi al più recente Italiani voltagabbana di Bruno Vespa, non dimenticando Generali dello stesso Quirico.
Io, che non sono l’avvocato difensore di Badoglio, al quale riconosco indubbie responsabilità in momenti cruciali per la storia d’Italia, desidero soltanto riportare tre citazioni di Autori di certo non sospetti di simpatie badogliane. Giovanni De Luna, Badoglio. Un militare al potere, Bompiani, 1974, p. 9: «È un approccio sbagliato quello dell’esaltazione o dell’insulto a livello personale. Pregi e difetti di Badoglio uomo furono pregi e difetti di una istituzione, l’esercito, di una società, la nostra». Oreste Bovio, Storia dell’esercito italiano (1861-1990), Ufficio Storico dello SME, 1996, p. 581: «Un giudizio definitivo sull’uomo e sul generale ancora non è stato scritto. Ebbe indubbiamente molti meriti e gravi colpe, maggiori approfondimenti storiografici potranno forse dimostrare che i primi furono più numerosi delle seconde».
Indro Montanelli, Corriere della Sera, 20 giugno 2001: «Di tutti i Generali italiani che ho visto coi miei occhi in azione, Badoglio è stato il solo a darmi la sensazione di conoscere il suo “mestiere”, il mestiere delle armi. Che sia stato un cattivo politico, ne convengo, anche se non vedo chi, in quella situazione, avrebbe potuto farlo meglio di lui».
Grazie dell’ospitalità.
Alessandro Allemano
Direttore del Museo Storico Badogliano di Grazzano Badoglio
Oddio! Lei apparenta, per inanimarmi, la mia antipatia badogliesca con scampoli di ogni penna… da cui amerei tenermi accuratamente disgiunto. Posso, per deprecare il Maresciallo, e metter insieme in un amen un bel campionario di strazi patibolari, appisolarmi su ben altri compagni di viaggio. Piuttosto: varrebbe la pena di riflettere, anche lei che certo non ne fa parte, sul perché sia esistita fino ad avantieri (e forse anche oggi) una schiera di schiavi e liberti addetti a una baciocca cucina difensiva e incensatoria del conquistatore monferrino, refrattaria alla più elementare constatazione storica.
Domenico Quirico