sabato 27 Luglio, 2024
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XV-XVI

Alione ha fatto ridere gli astigiani

Le farse di un autore "maccheronico"
Giovan Giorgio Alione visse ad Asti nei movimentati anni tra XV e XVI secolo. Fu autore teatrale, esponente di quella che viene definita “letteratura maccheronica”, e fu capace di portare il teatro verso forme più popolari, dopo anni in cui si erano perseguiti modelli classici eruditi. Della sua vita non si conosce molto, se non le probabili umili origini, quelle di un uomo che poi visse della sua arte e che a causa di questa fu perseguitato, anche se studi più approfonditi hanno poi fatto emergere che Giovan Giorgio Alione apparteneva a una nobile famiglia astigiana 'de populo', quella degli Alioni. Nel 1488 partecipò con scritti satirici alla disfida per il possesso della piccola chiesa dei battuti, che contrappose i frati di Sant’Agostino e i disciplinati dell’Annunziata, di cui probabilmente anche Alione faceva parte.

Poeta, autore teatrale ed esponente del governo della città

 

Nei movimentati anni del passaggio tra il XV e il XVI secolo viveva ad Asti Giovan Giorgio Alione, poeta e autore di farse teatrali, considerato uno dei pochissimi piemontesi riconducibili alla cosiddetta “letteratura maccheronica”. Alione con le sue opere ha contribuito a far uscire il teatro italiano dall’imitazione di modelli classici più eruditi, portandolo verso forme più popolari e comprensibili. Ma il nome di Alione non è così conosciuto al di fuori degli studiosi del teatro e le sue opere non vengono più rappresentate, se non con rare eccezioni.

Le notizie sulla vita dell’Alione sono scarse e controverse. Per lungo tempo la critica lo ha considerato un poeta povero, di umili origini, che viveva della sua arte e che proprio a causa di questa era stato perseguitato. Studi più approfonditi hanno fatto emergere che Giovan Giorgio Alione apparteneva a una nobile famiglia astigiana de populo, quella degli Alioni.

Non si conosce con esattezza la sua data di nascita, probabilmente intorno al 1460, poiché era già adulto, seppur di giovane età, quando nel 1488 partecipò con scritti satirici alla disfida per il possesso della piccola chiesa dei Battuti, che contrappose i frati di Sant’Agostino e i Disciplinati dell’Annunziata, di cui probabilmente anche Alione faceva parte.

Controversa è la questione se Alione abbia subìto persecuzioni a causa degli argomenti trattati nei suoi versi e se sia stato imprigionato. Questo è ciò che sembrerebbero fare intendere i suoi critici e biografi Tiraboschi, Mazzuchelli, Quadrio e Brunet. Quest’ultimo nella Notice biographique et bibliographique scrive: «Oh che contrasto offre allora quest’uomo prima così brillante e così avido di piaceri. Rinchiuso in una stretta e buia prigione, […] affidato alla custodia di un vecchio secondino, […] ridotto a pane e acqua, vestito di stoffa grossolana e coperto di stracci. Alione era diventato l’immagine della disperazione e della profonda miseria».

Alione vive gli episodi della grande Storia che coinvolgono e travolgono in quegli anni la città di Asti: dalla calata in Italia di Carlo VIII di Francia nel 1494, alla pace separata di Milano con i francesi che riportano Asti sotto il loro controllo. Quando i francesi vengono nuovamente cacciati molti astigiani che li avevano appoggiati fuggono Oltralpe. Alione, invece, resta in città.

Nel 1515 Asti viene occupata dagli spagnoli e dai mercenari svizzeri, che scatenano vendette, violenze e rapine, prendendosela soprattutto con coloro che si erano dimostrati filo-francesi. Alione è tra questi e nei suoi versi scrive che svizzeri e spagnoli «riempiono di pollame il corpo, di monete le pellicce, tormentano gli uomini, violentano le donne, uccidono gli ecclesiastici» (a Montaldo il curato fu infilzato sopra una picca). Lo strazio della città dura quattro mesi, fino a quando gli spagnoli e gli svizzeri non saranno sconfitti da Francesco I, alleato di Venezia, nella battaglia di Marignano, alle porte di Milano, nel settembre 1515.

 

Tornano i francesi e Alione diventa capitano del forte di Monterainero

 

Il gruppo “La Ghironda” nel 2016 al Teatro Alfieri di Asti durante lo spettacolo “Comedia de l’Homo e de soi cinque sentimenti”.

 

Giovan Giorgio Alione non fu solo un poeta, ma era stato anche chiamato a ricoprire importanti cariche nel governo della città di Asti. Dal 1511 al 1515, e poi di nuovo nel 1517, fu credendario (membro del Consiglio di Credenza). Quando, dopo la battaglia di Marignano, tornarono i francesi, la lealtà di Alione verso la casata degli Orleans fu ricompensata. Francesco I, infatti, nel 1518 lo nominò capitano del castello di Monterainero. Era la fortificazione nella parte est della città che dominava il nuovo borgo di Santa Maria Nuova. Oggi c’è una via che ne ricorda la collocazione, da piazza Primo Maggio a salire verso Valmanera.

Alione ebbe la carica di capitano del castello fino al 31 gennaio 1521. Questa è anche l’ultima data certa che possediamo sulla sua vita. Non sappiamo esattamente quando morì, probabilmente poco dopo. Asti nel 1526 resisterà a un altro assedio degli spagnoli, quando le milizie cittadine vennero guidate da Matteo Prandone (vedi Astigiani n. 18 del dicembre 2016)

Non si è certi che il poeta fosse vivo il 12 marzo di quello stesso anno, quando uscì la prima edizione delle sue Opere, pubblicata da Francesco Silva, il primo stampatore della città.

Fu proprio Francesco Silva a fare la fortuna di Alione: senza di lui, infatti, probabilmente l’Opera Jocunda sarebbe andata perduta, come è presumibilmente accaduto alla grande quantità di testi destinati alla messa in scena di spettacoli farseschi circolanti in Italia settentrionale. A quel tempo le compagnie della Commedia dell’arte recitavano a soggetto utilizzando canovacci, dove la presenza di donne era ancora molto rara. La prima attrice riconosciuta fu Lucrezia da Siena, ingaggiata a Roma da un capocomico nel 1564.

 

Nelle farse spuntano i personaggi e i fatti astigiani

 

Le dieci farse di Alione costituiscono una importante testimonianza della vivacità culturale dei testi e delle novità nell’utilizzo degli scenari.

A distanza di una generazione dall’Alione, in Veneto emerse il Ruzante, altro autore che farà del dialetto parlato dal popolo un suo strumento espressivo.

La produzione poetica di Alione è collegata e intrecciata con la situazione politica di Asti. La città si trovava in quegli anni sotto la dominazione francese (era stata portata in dote agli Orleans da Valentina Visconti nel 1387), ma conservava una certa autonomia. Continuavano a esistere il doppio Consiglio locale, la figura del podestà, gli ufficiali elettivi (soggetti a controllo dell’operato allo scadere del loro ufficio). Allione è filo-francese (celebra in alcuni versi scritti in francese le vittorie dei re di Francia Luigi XII e Francesco I, mentre tace completamente delle loro sconfitte). Nelle sue opere egli decanta la generosità dei francesi, le concessioni ducali, la giustizia severamente ed equamente amministrata senza distinzione tra grandi e piccoli, tra forestieri e paesani; non manca inoltre di sottolineare i rapporti bancari e commerciali tra Asti e la Francia. Oggi lo si potrebbe definire un corsivista e uno scrittore di costume.

La dominazione francese stava profondamente cambiando il volto di Asti e il modo di vivere rispetto all’epoca comunale. In città era cresciuta l’attitudine alle feste e ai divertimenti, anche libertini. L’opera di Alione si immerge in questo clima e lo alimenta. Si diffondono i giochi di società, quelli da tavola, i dadi, le carte; esisteva una società promotrice di gare per il tiro alla balestra, mentre era vietato il pugilato (tollerato tra gli uomini di bassa condizione sociale).

Frequenti erano i banchetti, Alione stesso, nelle sue opere, cita come questi venissero annaffiati con il vino bianco e il rosso dolcetto di Mongardino.

 

La vita cittadina si anima e si fa più “licenziosa”

 

“Attori della Commedia dell’Arte su un carro in piazza”, Jan Miel, 1640

 

Ma a essere cambiati rispetto alla severa epoca precedente erano soprattutto i costumi femminili. Le donne medio-alto borghesi cercavano forme di maggiore emancipazione: uscivano dalle loro case, sempre accompagnate dalle ancelle e dalle dame di compagnia, e curavano le frequentazioni mondane. Erano donne come Margherita Asinari e le Scarampi a ospitare nei loro salotti poeti e narratori del calibro di Matteo Bandello. Anche gli abiti femminili subivano l’influenza delle nuove mode: era molto ricercato il grometto (che nell’800 sarà chiamato coulisson), talmente ingombrante per cui era necessario alarghé el porte.

Come si è detto la prima produzione conosciuta di Alione sono le due cantioni intorno al dissidio tra Disciplinati e Agostiniani (Cantione de li Disciplinati de Ast quando littigaveno contra li Frati de Sancto Augustino per la capella de l’Anunciata; Altra cantione de dicti Disciplinati per la medesima causa). Tale dissidio diventa un pretesto per innescare il meccanismo comico di baruffe, insulti, cantilene, allusioni e scurrilità, in cui le accuse pesanti contro l’avarizia e il mal costume di frà Zoan Maria, preve Rafel e tutto l’ordine dei frati conventuali si sprecano. Il pubblico, che ben conosceva la figura tradizionale del frate vizioso e corrotto, assurta fra Medioevo e Rinascimento a topos letterario, doveva trovare molto divertente la recita delle cantioni in chiave fortemente anticlericale.

Non è da escludere che fonte di ispirazione per Alione sia stato anche il Decameron del Boccaccio. Il poeta astigiano, infatti, nelle sue opere dimostra di conoscere molto bene sia gli autori del passato classico che i più prossimi – Plauto, Terenzio, Dante, Petrarca, Boccaccio – sia quelli a lui contemporanei come Pulci e Boiardo.

L’unico componimento maccheronico di Alione è Macharonea contra macharoneam Bassani ad spectabilem Baltasarem Lupum Asten. Studentem Papiae, nella quale replica a un’opera similare, violentemente antifrancese, dello studente Bassano di Mantova (Bassani Mantuani Macharonea contra Savoynos quos vilipendiose appellat Magninos, Cochinos, Broacerios, Botiliones). Il poemetto è uno dei rarissimi esempi di poesia vernacolare del Piemonte, ma per il lettore odierno risulta difficile decifrare il testo anche a causa dell’incerta conoscenza che Alione possedeva del latino e che non gli consentiva la coniazione di neologismi che altri macaronici si concedevano.

 

L’Opera Jocunda stampata a Venezia nel 1560 e censurata ad Asti nel 1601. Recitato anche da Farassino nel 1969 e dalla Ghironda nel 2016

 

La parte più consistente della produzione di Alione sono le dieci farse, composte tra il 1507 e il 1518. Esse furono scritte per le rappresentazioni teatrali, nelle quali non costituivano un semplice intermezzo comico (come accadeva in Francia tra ’400 e ’500), ma lo spettacolo vero e proprio, trasportato anche in locali chiusi su palchi allestiti per l’occasione. È probabile che molte farse fossero messe in scena alla presenza di una cerchia ristretta di amici in occasione del carnevale. Nella Farsa de Zohan Zavatero e de Biatrix soa mogliere e del prete ascoso sotto el grometto compaiono aneddoti contro i monferrini, la deformazione in chiave superstiziosa di un’imminente invasione turca, l’incontro in strada e le profferte amorose tra una donna e un prete che pregustano il tradimento in assenza del marito. Finisce con la scoperta del prete nascosto nel gromet, il cesto dei polli, e le immancabili bastonate.

Chiari anche in questo caso i riferimenti boccacceschi. Prende spunto invece dal Novellino, la più antica raccolta di novelle scritte in volgare, la Farsa de Sebrina sposa quale fece el figliolo in cappo del meise. Abbiamo qui il topos del parto prematuro e imbarazzante: giovani donne che dopo pochissimi mesi di matrimonio sono già madri con disagio dei mariti, ingenue vittime di beffe crudeli, che si fanno carico di una paternità che non gli appartiene (in questo caso Sebrina è stata messa incinta da messer Zan cappellano della chiesa del borgo di San Paolo). Nella novella del Novellino un medico di Tolosa diventa padre dopo soli due mesi di matrimonio e decide di rimandare al suocero la moglie e il bambino, spiegando di non essere abbastanza benestante per crescere figli partoriti con una simile frequenza. Racconta, invece, un fatto reale la Farsa sopra el litigio de la robba de Nicolao Spranga astesano. Qui si vede il calzolaio Nicolao che tenta di raggirare il suo amico fornaio Bernardin Mignet d’i Cagnaz lasciandolo solo a pagare il conto all’osteria, dopo averlo confuso con una lunga digressione sull’abbondanza di cibo ad Asti a confronto dell’avarizia di genovesi e fiorentini. Il mattino dopo Nicolao presta a Bernardin il suo elegante soprabito di pelliccia in cambio del pitòc (la veste corta più adatta a una giornata calda), ma alla presenza del giudice e avvocato si vede negata la restituzione del soprabito che Bernardin proverà essergli stato regalato.

 

Gipo Farassino nel 1969 protagonista della farsa “Notti astigiane”, tratta dall’Opera Jocunda

 

L’Opera Jocunda dell’Alione fu stampata ancora a Venezia nel 1560, ma in seguito non venne più ristampata forse a causa degli attacchi al clero e dei passaggi ritenuti licenziosi. Nel 1601 il tipografo astese Zangrandi pubblicò un’edizione dei versi del poeta astigiano purgata dei passaggi più scomodi. Per ritrovare l’edizione integrale dei versi di Alione bisogna aspettare il 1865 con la pubblicazione di due volumi di Biblioteca rara n. 60 – 61 dell’editore Daelli di Milano. In tempi più recenti, l’Alione è tornato in scena rare volte. Negli anni Sessanta, la farsa Notti astigiane tratta dall’Opera Jocunda fu allestita dal regista Gualtiero Rizzi, in una produzione del Teatro Stabile di Torino. Il debutto al Teatro Alfieri di Asti il 6 novembre 1969, nei panni del protagonista il cantautore Gipo Farassino; lo spettacolo fu poi presentato in vari teatri a Torino e provincia. La “Farsa de l’Homo e dei suoi Cinque sentimenti” fu portata dal Teatro delle Dieci ad Asti Teatro nel 1994, per la regia di Massimo Scaglione.

Che cosa è rimasto dell’Alione oggi? La città di Asti ha dedicato al suo cittadino una via (una traversa di corso Matteotti) e nell’aprile 2016 il gruppo astigiano di musica antica La Ghironda ha riportato in scena al Teatro Alfieri una delle farse di Alione: Comedia de l’homo e de soi cinque sentimenti. Una riscoperta che andrebbe proseguita e approfondita: un autore come l’Alione può aiutare a comprendere la forza irriverente e sarcastica del teatro popolare, le stesse radici della Commedia dell’arte che, risalendo i secoli, hanno portato al genio di Goldoni e al mirabolante grammelot del Mistero Buffo di Dario Fo, giunto fino a noi.

 

Bibliografia

 

– Alione, L’Opera piacevole, Bologna 1953

– Banchieri, Alione d’Asti e la sua Opera Jocunda, Torino 1974

– Bottasso, Giovan Giorgio Alione e la farsa del Rinascimento, Torino 1987

– Cotronei, Le farse astigiane di Giovan Giorgio Alione: studio critico, Reggio Calabria 1889

– Dell’Acqua, Alione d’Asti lirico, Torino 1968

– Di Gioia, Dall’Opera Jocunda di Giovan Giorgio Alione: farsa de Zohan Zavatino e de Beatrixsoa mogliere, Torino 1981

– Fogliotti, La farsa di Giovan Giorgio Alione tra linguaggio colto e originalità dialettale, Torino 1998

– Gabotto, La vita in Asti al tempo di Giovan Giorgio Alione, Asti 1899

– Pesce, Giovan Giorgio Alione: farsa del bracho e del milaneiso inamorato in Asti, Torino 1984

– SanMartin, Studio di una farsa dell’Opera Jocunda di Giovan Giorgio Alione, Torino 1992

– Vassallo, Intorno alla vita e alle poesie di Giovan Giorgio Alione astigiano composte dal 1494 al 1520, Asti 1865

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