domenica 26 Gennaio, 2025
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1070-715 a.C.

Il lungo viaggio della signora delle ninfee

La straordinaria avventura, da Tebe ad Asti, di un'antica donna egizia
È principalmente merito di Leonetto Ottolenghi se la città di Asti ha un suo patrimonio di reperti egizi. Oltre a statuette, vasi e altri oggetti, sono presenti due mummie con sarcofago, una maschile e una femminile. Su quest’ultima erano stati effettuati già nei decenni scorsi operazioni di restauro ed esami radiologici. Recenti esami diagnostici sul corpo e studi morfologici sul cranio hanno permesso di scoprire informazioni più dettagliate sulla donna defunta, fino a ricostruire con una certa precisione il suo volto. Quella donna che circa tremila anni fa viveva nell’antica città egizia di Tebe, poi arrivata fino ad Asti, è la protagonista di una mostra che si sta svolgendo a Jesolo. La rara decorazione floreale di ninfee azzurre e bianche sul copricapo del suo sarcofago suggerisce suggestioni su chi fu in vita.

Il sarcofago svela scorci di vita di tremila anni fa

 

Particolare del sarcofago femminile

 

Da oltre tremila anni i grandi occhi neri di una giovane donna scrutano il futuro. Uno sguardo enigmatico che ne ha nascosto a lungo la storia. Il sarcofago femminile e la sua mummia sono stati recentemente oggetto di nuove e importanti indagini che hanno prodotto interessanti e suggestivi risultati, regalando una seconda vita e un “nome” all’anonima donna che da più di cento anni riposa in una stanza del Museo Archeologico astigiano. L’operazione è stata finanziata dalla Società Cultour Active, in occasione dell’esposizione “EGITTO. Dei Faraoni Uomini”, in corso fino a settembre a Jesolo, dove la mummia di Asti con tutto il suo corredo funerario è l’ospite d’onore. Le analisi diagnostiche, complementari ai più classici studi di carattere storico-archeologico, hanno permesso di ottenere informazioni sulla vita, l’età della morte, la struttura fisica del soggetto fino alla ricostruzione del volto. L’accurato lavoro svolto dalla Polizia scientifica di Torino ci offre la possibilità di guardare negli occhi una giovane donna vissuta nel Terzo Periodo Intermedio – tra la XXI (1070-945 a.C.) e la XXII dinastia (945-715 a.C.) – a Tebe o in un luogo vicino alla capitale del Nuovo Regno. Non conosciamo il suo nome né i suoi titoli; le iscrizioni presenti sul sarcofago corrispondono a generiche formule funerarie, lasciando in ombra identità e ruolo ricoperto in vita dalla defunta. Attraverso le fonti scritte, le rappresentazioni figurate, e, non ultima, la decorazione del sarcofago, proviamo a delinearne l’aspetto.

I segni della moda delle dame di corte

 

La Signora delle Ninfee conosceva senz’altro la raffinata moda femminile introdotta dalle dame di corte del Nuovo Regno, abiti finissimi di lino plissettato e importanti ed elaborate acconciature con cui, immaginiamo, amasse ornarsi quando partecipava a feste e cerimonie religiose. L’iconografia femminile è ricca di copricapi costituiti da parrucche di capelli veri, di fogge diverse. Le parrucche, inizialmente semplici con riga centrale, si dividono successivamente in tre bande, una sulla schiena e due sul petto. Vi era inoltre un tipo di parrucca riccamente decorata con nastri, fiori di loto, catenelle e coni di profumo, molto in auge fino al regno di Sethi I (XIX dinastia). Sulla sommità dei copricapi compare, dall’inizio del Nuovo Regno, un cono costituito da unguenti o pomate profumate che si scioglieva per il calore avvolgendo di profumo colei che lo indossava. La bella restituzione grafica di Gian Luigi Nicola permette di apprezzare la raffinata e colorata ricchezza di queste acconciature che sottolinea la centralità della donna nella società egizia: “Signora della casa”, libera di scegliere lo sposo con il quale condividere una vita di uguaglianza, dentro e fuori le mura domestiche.

Amuleti ritrovati all’interno del sarcofago della Signora delle ninfee

Gioielli e monili-amuleto secondo il gusto dell’epoca

 

Gli elaborati copricapi e i gioielli- amuleto che era solita indossare sui candidi e sensuali abiti di lino li ritroviamo nella decorazione dipinta del suo sarcofago, il “Neb Ankh – possessore di vita” nella terminologia egizia. Un grande collare-pettorale usekh, collana a più giri composta di metallo, paste vitree e pietre dure con due fermagli laterali a testa di falco, unito a una ghirlanda di fiori decora la parte superiore. Il bellissimo e dolcissimo viso, impreziosito dal blu egizio svelato dalle immagini VIL, è ornato da una parrucca con nastri, fettucce colorate, boccioli rossi e grandi fiori: ninfee bianche (Nymphaea lotus) sulle bande laterali e ninfee azzurre (Nymphaea cerulea) sulla fronte, diffusissime nell’Egitto faraonico e coltivate anche artificialmente in appositi stagni. Entrambe le specie, in particolare la ninfea azzurra (chiamata anche loto blu), erano conosciute per avere proprietà farmacologiche e psicotrope e la ninfea azzurra emanava un intenso profumo. Sappiamo dai dati archeologici che soprattutto durante le Dinastie XVIII e XXI era costume deporre ninfee, anche in grande quantità, nei sarcofagi (Ramesse II, Amenhotep I e altri sovrani furono seppelliti con fiori di ninfee). Erano fiori dal profondo significato religioso, magico e curativo, già presenti nei miti primordiali. La nostra Signora conosceva bene il valore simbolico della ninfea azzurra, che a ogni sorgere del sole riemerge dall’acqua dello stagno, perpetuando la sua capacità di vincere le tenebre, tanto da sceglierla, unitamente alla ninfea bianca, come potente protettrice nel suo ultimo viaggio verso i luminosi e paradisiaci “campi dei giunchi”.

 

 

L'AUTRICE DELL'ARTICOLO

Mariacristina Marchegiani
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