domenica 26 Gennaio, 2025
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1929
Confesso che ho vissuto

Guglielmo Berzano, il baffo di Casabianca

Protagonista della vita politica astigiana del secondo novecento, Guglielmo Berzano è stato eletto in consiglio comunale ad Asti nel 1951 quando era ancora un giovane studente universiario di veterinaria e fu uno dei più giovani assessori d’Italia. Rieletto molte altre volte per la democrazia cristiana, è stato in consiglio per 34 anni di fila, con varie deleghe di giunta e diversi sindaci. Poi dal 1971 al 1975 è toccato a lui faril sindaco e infine il capogruppo dell’opposizione. Negli anni è stato anche presidente dell’ospedale e dell’usl. Una vita divisa tra famiglia, lavoro e politica, intesa come servizio dove ha sempre tenuto distinto “il sacro dal profano”.

La “testa lucida” della Dc astigiana, eletto a 22 anni

 

I baffi sono gli stessi, solo un po’ più bianchi. È calvo, ma del resto lo era già nel primo “santino” elettorale del 1951, quando venne eletto in Consiglio comunale per la Democrazia Cristiana.

Guglielmo Berzano, aveva allora 22 anni, era un giovane studente universitario cattolico. Quel ragazzo di Casabianca, che si sarebbe laureato in veterinaria, frequenterà le aule e le stanze del municipio per 34 anni filati, sempre rieletto con valanghe di preferenze. Dal novembre 1971 al 1975 indossò anche la fascia da sindaco di Asti, è stato presidente dell’ospedale e dell’Unità sanitaria locale e ha conosciuto e vissuto da protagonista le vicende politiche amministrative astigiane della seconda metà del Novecento.

Oggi si gode i suoi 90 anni, portati con cuore vivo, “testa lucida” e straordinaria memoria per le date, accanto alla sua Tere, ai loro quattro figli e sette nipoti. Un
clan che mantiene le radici a Casabianca, dove Guglielmo ha ancora un vignotta
che cura con passione.

«La mia famiglia era di origini contadine, mio nonno e mio padre coltivavano la terra e io da ragazzo ho ancora lavorato tra i filari con il bue, davo il verderame e pulivo la stalla. Se non era per don Aquilino forse avrei continuato a fare il contadino e invece…»

già, e invece… partiamo dall’inizio.

“Sono nato il 24 febbraio del 1929, cresciuto in campagna, andavo a scuola e facevo il chierichetto. Una famiglia numerosa: nonni, zii, papà, mamma e quattro tra fratelli e sorelle.

Mio padre Riccardo, voleva cambiar vita e prese il patentino da agente riscossore delle
imposte di consumo e con la famiglia ci trasferimmo nel 1939 a Costigliole. Avevo
dieci anni, nuova scuola, nuovi amici, ma una sera sentii mio padre dire a mia madre che era stato licenziato. Seppi dopo che non aveva voluto prendere la tessera del partito fascista, lui che era stato tra i fondatori del circolo cattolico di Casabianca devastato, anni prima, dagli squadristi.

Senza tessera non poteva, secondo le leggi del regime, occupare quell’incarico pubblico. Tornammo così tutti a Casabianca, da mio nonno e mio padre riprese a fare il contadino. Era arrivata la luce elettrica: mio nonno aveva fatto installare in casa, nella stalla e in cantina tre lampadine da cinque candele. Che festa per quella luce fioca che per noi significava comunque il progresso”.

Però nel 1940 scoppia la guerra.

“Ricordo la radio accesa e tutti attorno al circolo della nostra frazione ad ascoltare i
proclami del Duce. Non c’era gioia. I giovani furono arruolati, arrivò il razionamento, la
tessera annonaria, l’oscuramento”.

Guglielmo Berzano ragazzo a Casabianca con i due fratelli minori gemelli, alla festa di leva del 1949 e con un gruppo di giovani della frazione (primo da sinistra)
Guglielmo Berzano ragazzo a Casabianca con i due fratelli minori gemelli, alla festa di leva del 1949 e con un gruppo di giovani della frazione (primo da sinistra)

Per un ragazzo erano tempi duri…

“Nel 1942 stavamo scaricando un carico di fieno e don Aquilino Molino, il nostro parroco, venne dai miei a convincerli di mandarmi alle scuole medie. Avevo fatto
due volte la quinta perché i miei avevano paura a mandarmi in città, per via della
guerra. Allora c’era l’esame di ammissione.

Mi accompagnò lui ad Asti. Il tema ci chiedeva di raccontare le vacanze. Mi inventai tutto, ma scrissi quattro pagine e fui ammesso. Da allora sono andato in città tutti i giorni in sella alla vecchia bici di mio nonno che aveva ridipinto di azzurro.
In corso Torino c’era il posto di blocco dei Repubblichini che controllavano i documenti. Sapevo che la guerra stava finendo, avevo visto i bombardieri alleati sorvolare Casabianca diretti a Torino, molte volte in campagna incontravamo i partigiani.

Quel giorno, il 25 Aprile del 1945, al posto di blocco non c’era più il soldato della milizia, ma un giovane con fazzoletto tricolore al collo e il fucile a tracolla. Prese la mia carta d’identità e cancellò il simbolo del fascio stampato in copertina. Fu il mio incontro con la democrazia”.

Matrimonio con scorta di vigili

 

Studente a guerra finita, come visse quella stagione?

“Dopo le Medie, che conclusi con ottimi voti, mi iscrissi al Liceo Scientifico, che allora era in piazza Castigliano e aveva solo tre classi. Avevo il sogno di andare all’Università.

Mio zio Filippo, sacerdote, vide che a scuola me la cavavo bene e mi consigliò di studiare medicina, ma io volevo diventare veterinario: ho sempre amato gli animali e mi rendevo anche conto che era una professione utile per aiutare i contadini. Allora in tutte le cascine c’era una stalla.

In quegli anni pur studiando, non smisi di aiutare in campagna. Al mattino sveglia alle cinque, nei campi fino alle sette, colazione veloce e poi in bicicletta a scuola. Nei cinque anni del liceo mi hanno rimandato una sola volta in ginnastica perché le lezioni erano di pomeriggio e io dovevo aiutare i miei, ma poi con una corsetta e qualche flessione all’esame di settembre il professore mi promosse”.

In quegli anni cresce anche l’impegno politico.

“Ero delegato diocesano per la Gioventù cattolica con il giovane Giovanni Goria, che sarebbe poi diventato avvocato e famoso gastronomo. Eravamo schierati a favore della Democrazia Cristiana contro il fronte popolare dei comunisti e dei socialisti. Allora la
scelta di campo era se stare con l’America del Piano Marshall o con l’Unione Sovietica di Stalin. Il Papa ci esortò all’impegno con la nascita dei comitati civici.

Alle elezioni del 18 Aprile la Dc vinse e nei nostri territori ottenne quasi un plebiscito. Partecipai anche a un convegno a Roma nel settembre del 1948 dei giovani dell’Azione
Cattolica. Ci andammo in camion, in tre giorni. Le strade erano tutte buche. In piazza San Pietro papa Pio XII ci benedisse.

Il nostro gruppo aveva un curioso basco verde con pendaglio formato da un tappo di sughero per ricordare che arrivavamo dalla terra del vino.

Continuavo a studiare e nel 1950 diedi l’esame di maturità. Ricordo il tabellone: su 49 esaminati, 16 respinti, 26 rimandati in varie materie e sette promossi. Io ero tra questi”.

Da studente universitario a consigliere comunale e assessore: come andò?

“Nel 1951 c’erano le elezioni amministrative. Ero al secondo anno e a posto con gli esami. Avevo preso la tessera della Dc ed ero segretario della sezione di Casabianca. Mi misero in lista servivano giovani portatori di voti. Conoscevo tanta gente e tanti mi conoscevano.

L’esperienza del 1948 mi fu utile. Feci persino qualche comizio. Andò che venni eletto a 22 anni e mi ritrovai in Consiglio con altri 39 eletti dei vari partiti che avevano più o meno l’età di mio padre: medici, avvocati, insegnanti, geometri, qualche operaio, due contadini.

Nel 1952 ci fu un rimpasto di giunta e il sindaco Viale mi assegnò la delega all’Igiene. Mi dissero che ero il più giovane assessore d’Italia di un comune capoluogo di provincia”.ù

Il matrimonio con Teresella Dezzani nel 1957. Berzano, assessore alla Polizia urbana, ha per l’occasione la scorta di due vigili motociclisti

Quella carica le fece incontrare l’amore della vita.

“Proprio così. Nell’estate del 1952 c’era da inaugurare l’acquedotto in frazione Montegrosso Cinaglio. Il sindaco Viale aveva un impegno e mi mandò al suo posto come assessore. Avevo da meno di un mese un Vespa nuova che mio padre mi aveva regalato vendendo una mucca. Ci tenevo molto, arrivai in paese e non sapevo dove
parcheggiarla. Vidi in un cortile le due moto dei vigili urbani, arrivati poco prima e sistemai la mia Vespa accanto.

Comparve una ragazza sorridente che mi colpì subito. Nel pomeriggio dopo la cerimonia e il pranzo mi fermai a Montegrosso, ci presentammo. Lei era Teresella
Dezzani: aveva 16 anni io ne avevo 23. Riuscii ad invitarla per la sera alla festa di San Grato. C’era però da convincere la mamma, una maestra piuttosto severa.

Sapendo che ero assessore mi parlò di certe luci che mancavano nei corridoi della scuola Cagni. Promisi di interessarmene e ottenni di far uscire la sua figliola quella sera, con rientro prima di mezzanotte. Per dovere di cronaca segnalai il caso delle luci mancanti alla Cagni e furono sistemate”.

Come si dice le vie dell’amore sono infinite.

“Ci sposammo nel 1957, nella chiesa di San Martino dopo un fidanzamento punteggiato dagli esami all’università. Ogni volta che ne superavo uno avevo il permesso di portarla fuori.

Può far ridere ma allora le cose andavano così. Mi sono laureato nel 1955 con una
tesi sulla mastite dei bovini e intanto in quell’anno mi ripresentai alle elezioni. Ero nel comitato provinciale della Coldiretti e avevo a cuore la vita nelle frazioni che erano
il mio principale bacino elettorale. Ebbi moltissime preferenze e il sindaco Viale mi assegnò la delega alla Polizia urbana.

Ecco perché il giorno del mio matrimonio, il lunedì di Pasqua del ’57, oltre al sindaco e
ai colleghi di giunta c’erano anche due vigili urbani in motocicletta a scortare l’auto degli sposi. In fondo è grazie alle moto dei vigili se ho conosciuto Tere e da allora siamo
felicemente insieme da 62 anni”.

un volantino elettorale del 1975 in cui si presentò dopo quattro anni da sindaco.

Andiamo per ordine. Con la laurea e il matrimonio arrivò anche il lavoro.

“La Coldiretti aveva designato nel collegio sindacale del Consorzio Agrario. Conobbi
il direttore Agostino Fulignani che voleva potenziare il settore degli allevamenti e mi
propose, dopo qualche tempo, di entrare come responsabile dell’ufficio zootecnico.

Mi dimisi dall’incarico della Coldiretti e divenni veterinario al Consorzio. C’era da
sviluppare e dare assistenza agli allevatori di bovini, ma anche al nascente allevamento
dei polli. I pulcini e i vitelli da latte a quel tempo arrivavano dall’Olanda. Fu in quel
periodo che conobbi Gianni Rabino, che ebbi poi con me in giunta come assessore e poi
diventò senatore a Roma per la Dc”.

Nel suo libro di memorie “La mia vita – famiglia e città” edito nel 2012, racconta di aver conosciuto un altro giovane astigiano destinato a far carriera politica a Roma

“Come assessore avevo la delega alla firma della carte d’identità e andavo tutti i giorni
nell’ufficio del capo ripartizione, il geometra Goria. Conobbi così suo figlio, Gianni un ragazzino sveglio, con il quale parlai anche di politica e che sarebbe diventato trent’anni dopo ministro e presidente del Consiglio.

Quando lui era ministro del Tesoro e io presidente dell’ospedale gli chiesi una mano ma lui disse che per i finanziamenti dovevo rivolgermi alla Regione. L’antica amicizia non servì ”.

Torniamo alla sua vita professionale e politica.

“Furono anni pieni. Lavoravo al Consorzio, girando tutta la provincia e la domenica
mattina avevo il mio ambulatorio veterinario a Casabianca. Divenni anche insegnante di
zootecnica al nuovo istituto agrario di Asti e presidente del Consorzio antigrandine che
aveva voluto la Coldiretti”.

E trovò tempo per metter su famiglia

“Il 28 ottobre 1958, proprio nel giorno dell’elezione di Giovanni XXIII, è nato Riccardo che abbiamo battezzato con il nome del nonno, aggiungendovi anche Giovanni Angelo in onore di papa Roncalli.

Intanto incombevano le elezioni amministrative del 1960. La Coldiretti mi voleva come sindaco, ma avevo troppi impegni e declinai a favore del collega democristiano Giovanni Giraudi, che faceva il direttore scolastico e poteva mettersi in aspettativa. Le elezioni andarono molto bene e io feci l’assessore alle Finanze.

Ormai conoscevo bene la macchina amministrativa. Dovevo far applicare l’imposta di famiglia e non mancarono le discussioni con facoltosi contribuenti astigiani che nel mio ufficio si dichiaravano nullatenenti, o quasi, per non pagare il dovuto”.

Altra tornata amministrativa, altro incarico…

“Era un periodo intenso di crescita della città. Alle elezioni del 1965, ottenni una valanga di preferenze, seconde solo a quelle di Giraudi.

In giunta, dove avevo le deleghe alle aziende municipalizzate e all’Annona e si discuteva di far rinascere il Palio, Giraudi si era impegnato in prima persona. Ricordo che alla vigilia della corsa nel settembre 1967 il sindaco fu chiamato a Roma a firmare un mutuo alla Cassa depositi e prestiti, ma non voleva lasciare la città e l’organizzazione. Mi mandò a sostituirlo e quello fu il mio battesimo del volo in aereo: Torino, Roma e ritorno in giornata”.

la consegna del Palio del 1972 al rettore di Santa Maria Nuova Bruno Ercole

Nasce in quegli anni anche la stagione dei gemellaggi

“Nel 1965, chiedemmo al console francese di Torino di indicarci una città simile per
dimensione ad Asti per avviare le pratiche di gemellaggio. Si voleva far crescere il senso di appartenenza alla comunità europea.

Ci indicò Valence, andammo a visitarla io e Giraudi e ci piacque. Negli anni successivi
conobbi proprio a Valence il Borgomastro di Biberach che era già gemellata con i francesi e nacque così il triangolo tra Asti, Valence e Biberach attivo ancora oggi e che
andrebbe anzi rafforzato in nome del futuro dell’Unione europea”.

Intanto ad Asti c’è chi le regalò un cuscino ricamato

“Già, lo tengo come ricordo su una poltrona del salotto. Riporta la targa della Fiat 1100
che avevo al tempo in cui ero assessore alle aziende municipalizzate. Il proprietario della ditta che aveva vinto l’appalto per la raccolta rifiuti venne da me e voleva “sdebitarsi”.

Era chiaro che cosa intendesse. Gli dissi che non mi doveva niente e lui, un po’ stupito,
mi fece avere questo cuscino con la mia targa. Ho controllato: non c’erano altri regali
compromettenti nascosti dentro. Non è stata l’unica volta in cui ho dovuto e voluto
tenere separati, come dico io, il sacro e il profano.

Ricordo una volta da presidente dell’ospedale una promessa di percentuale se avessimo cambiato l’appalto delle mense e un’altra quando, da sindaco, riuscii a dare ad Asti un nuovo piano regolatore e mi arrivò, tramite un collega di partito, la proposta di partecipare con una quota da trecento milioni regalati ad una società immobiliare che avrebbe comprato terreni in una certa zona agricola da far diventare residenziale”.

Ecco siamo agli anni da sindaco

“Giraudi si era dimesso alla fine del 1967 per poter candidarsi alla Camera, dove fu eletto. Dopo una calda riunione del comitato provinciale della Dc per indicare al Consiglio comunale me o Cesare Marchia gli lasciai via libera e continuai a fare l’assessore e il presidente dell’Ospedale dove era stato nominato pochi mesi prima.

C’era un grosso credito da 600 milioni con le mutue da esigere e molti problemi con
il personale e la struttura. Si parlava da decenni di costruirne una nuova”.

Alle elezioni del 1970 ottenne un nuovo record di preferenze

“Solo 18 in meno del sindaco Marchia che era capolista. All’inizio rimasi fuori dalla
giunta e feci il capogruppo di maggioranza, poi alla fine del 1971, Marchia si dimise
fui proposto dalla Dc alla carica di sindaco, non senza contrasti con la componente
di sinistra di “Forze Nuove” che però alla fine mi votò e formai una giunta quadripartita con giovani assessori come il socialista Galvagno e l’avvocato Vigna per i socialdemocratici”.

Che cosa ha caratterizzato la sua amministrazione in quegli anni?

“Sono orgoglioso di aver dato alla mia città il piano delle aree verdi, collegato al nuovo piano regolatore. Il Comune acquisì aree per i parchi. In particolare ricordo la mia telefonata al senatore Boano, che era presidente della Cassa per farlo desistere dal costruire in corso Alfieri una nuova sede per la banca. È stato così che si è salvato
quel prezioso angolo di verde che è oggi l’area Alganon davanti a piazza Roma. E
non voglio dimenticare l’avvio del servizio di assistenza domiciliare agli anziani, il primo
servizio di medicina del lavoro, ma anche l’inaugurazione della piscina comunale”.

Il gruppo di famiglia dei Berzano di Casabianca riunitisi ai primi di giugno per festeggiare i 90 anni del patriarca e i 62 anni di matrimonio tra Guglielmo e Teresella

La sua giunta restò in carica fino al 1975 quando alle elezioni amministrative crebbe ovunque il Pci

“Ad Asti la Dc tenne e restò il primo partito perdendo un solo consigliere, ma i socialdemocratici ascoltarono le sirene della sinistra e, in cambio della carica di sindaco
a Vigna, composero una giunta inedita con Pci e Psi. E così sono stato l’ultimo sindaco Dc di Asti e mi ritrovai ad essere capogruppo di minoranza. Un ruolo che ho mantenuto per dieci anni e non avevo di che annoiarmi”.

Nel 1982 venne eletto alla presidenza dell’Usl 68

“Per oltre tre anni tornai ad occuparmi di sanità pubblica nel pieno della riforma. Era
stata smantellata la rete dei medici condotti, bisognava creare la medicina di base, i
presidi territoriali. Era un lavoro da dieci ore al giorno, tra incontri con i medici, i sindacati e le riunioni a Torino in Regione. Ripresi il tema del nuovo ospedale: avevamo già l’area acquisita al Fontanino, ma non si andava avanti con il progetto. Lasciatemi
dire che è scandaloso quel che è successo dopo il 2005, una volta trasferiti ospedale
e maternità nella nuova sede: non si è trovato il modo di destinare le strutture lasciate vuote a qualcosa di utile per il territorio, anziché abbandonarle in balìa dei vandali”.

Sono passati 14 anni. La politica impastoiata dalla burocrazia ha fallito”.
Nella stagione tormentata di tangentopoli il suo nome non è mai stato coinvolto in inchieste?

“Non sono mancate insinuazioni e polemiche. Fui coinvolto nel 1991 come componente del Consiglio della Cassa di Risparmio nella vicenda Rapisarda che con la complicità di un giudice, poi radiato dalla magistratura, tentò la scalata alla banca.

Come gli altri amministratori della Cassa ho subito il provvedimento degli arresti domiciliari per 14 giorni, poi annullato e ritenuto ingiusto. Annoto che tra i difensori della nostra banca fu bravissimo l’avvocato Aldo Mirate, che conoscevo da decenni
perché era tra i giovani consiglieri che, con altri esponenti del Pci, come Binelli e
Laurana Lajolo, ci costringeva in Consiglio ad estenuanti discussioni su ordini del
giorno contro la guerra del Vietnam e altri temi di politica internazionale”.

Il gruppo dei primi cittadini di Asti incontratisi in municipio su invito dell’attuale sindaco Maurizio Rasero: da sinistra Alberto Bianchino, Fabrizio Brignolo, Gianpiero Vigna, il sindaco Rasero, Vittorio Voglino, Luigi Florio, Guglielmo Berzano e Giorgio Galvagno. A lato la copertina del suo volume di memorie mandato alle stampe nel 2012
Il gruppo dei primi cittadini di Asti incontratisi in municipio su invito dell’attuale sindaco Maurizio Rasero: da sinistra Alberto Bianchino, Fabrizio Brignolo, Gianpiero Vigna, il sindaco Rasero, Vittorio Voglino, Luigi Florio, Guglielmo Berzano e Giorgio Galvagno. A lato la copertina del suo volume di memorie mandato alle stampe nel 2012

Alle elezioni del 1985, dopo 34 anni il nome di Guglielmo Berzano non comparve più tra i candidati

“Ho sentito che era ora di passare la mano. Diciamo che ho dato. Non ho mai fatto
della politica un mestiere. Sono rimasto ad Asti perché ho voluto salvaguardare la mia
famiglia e il mio lavoro. Avrei potuto puntare su Roma, ma non ho rimpianti”.

Nel 2017 il suo volto è però tornato sui manifesti elettorali accanto a quello di suo figlio Renato, eletto nelle lista del sindaco Rasero.

“Sì, un Berzano è tornato in Municipio. Sul manifesto c’era scritto che di lui ci si può
fidare ed è proprio così. Ci credo. Ora è assessore al Bilancio, come sono stato io
tanti anni fa”.

A 90 anni si fanno anche altri bilanci

“Il mio è semplice e positivo. Non credo di aver sprecato i talenti che il Signore mi ha
affidato. Ci ho messo impegno, credo di aver lavorato per il bene della mia città.

Quando sarà il momento gli racconterò tutto, ma tanto Lui quello che ho fatto lo sa già”.

GUGLIELMO BERZANO SI E’ SPENTO IL 30 NOVEMBRE 2023

 

 

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

Sergio Miravalle

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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