Astigiani 17 – settembre 2016
Quando la storia guarda al futuro
di Sergio Miravalle
Rieccoci a settembre con il nostro nuovo numero di Astigiani. Lo apriamo con la storia di una impresa da pionieri del Far West. La nascita alla fine dell’Ottocento di una grande colonia vitivinicola fondata da un gruppo di imprenditori italiani in California e divenuta, nel giro di pochi decenni, una delle più importanti imprese enologiche americane. Quel posto venne chiamato Asti e ancora esiste, non lontano da San Francisco.
La bella foto della nostra copertina ritrae un gruppo di viaggiatori alla stazione di Asti californiana. Una storia che dal passato guarda al futuro, verso possibili alleanze da esplorare. Parliamo quindi di gemellaggi e intese internazionali con una ricerca di Astigiani che propone la mappa dei gemellaggi intrapresi in questi anni dai Comuni a cominciare da quelli storici tra Asti la francese Valence e la tedesca Biberach. Ma scoprirete che esistono altri gemellaggi, a volte, sorprendenti. E la storia riserva sorprese come la rilettura della vicenda dei “magnetisà” legati agli eretici che a Viarigi, a metà dell’Ottocento, seguirono un prete scomodo e la sua “Madonna dai capelli rossi”. La presunta setta venne debellata, anche con l’intervento di Don Bosco, ma non tutto è stato cancellato.
Dai presunti eretici passiamo alla “fabbrica delle vocazioni”: il Seminario vescovile e il tesoro di libri custodito nella sua biblioteca. Leggerete anche delle vere origini di Gianduja a Callianetto e di un poeta astigiano sconosciuto che si divertiva a scrivere “pericolosi” sonetti contro il Duce. E ancora, un viaggio nella recente epopea delle televisioni private, e la rilettura di un fatto di cronaca sconvolgente: il rapimento di Maria Teresa Novara nel 1968. Un delitto i cui colpevoli sono rimasti in gran parte impuniti. L’intervista di “Confesso che ho vissuto” è a Carlo De Bortoli un cantante lirico che con la sua voce ha girato il mondo.
E poi ancora rubriche, inchieste, spunti, ricordi. Dedichiamo ai cinquant’anni delle ripresa del Palio un serie di clic d’autore che Piero De Marchis scattò in quel settembre 1967. È passato mezzo secolo, per chi c’era, sembra ieri.
Retroscena di un gemellaggio
di Luciano Nattino
A proposito di Gemellaggi. Tre o quattro aneddoti di quando (nell’antichità) ero assessore al Comune di Asti, nella giunta guidata da Gian Piero Vigna, eletto sindaco nel 1975. Scadeva un anniversario del gemellaggio con Valence e avevamo deciso di portare nella città francese alcune eccellenze astigiane in campo gastronomico, culturale e folkloristico. Avevamo ingaggiato due gruppi di sbandieratori: uno era quello dell’Asta, gli sbandieratori del Palio e l’altro quello degli Amis d’la pera che facevano capo al rione Torretta-Santa Caterina, allora ancora insieme.
Sapevamo che c’era una certa rivalità tra gli sbandieratori e i loro dirigenti e avevamo disposto la loro sfilata all’inizio e alla fine del nostro corteo. Il programma prevedeva al mattino la visita alla città francese e al pomeriggio la sfilata. Già dal mattino però il gruppo degli sbandieratori degli Amis d’la pera con tamburi e bandiere si esibì sulla piazza di Valence. La cosa piacque ai francesi, ma non al capogruppo di minoranza, l’ex sindaco Dc Guglielmo Berzano che era anche ai vertici dell’Asta. Come assessore mi riteneva responsabile della sbandierata fuori programma, ma io non ne sapevo niente. Ci furono discussioni… da Consiglio comunale.
Avevamo invitato l’artista astigiano Valerio Miroglio con la sua installazione del Giudizio Universale di Michelangelo inscatolato in una cinquantina di casse di legno. Alcuni critici d’arte nazionali francesi furono sorpresi dall’iniziativa e lo testimoniarono sulle riviste di settore. Gli abitanti di Valence si facevano le foto davanti a quelle scatole e non si era ancora al tempo dei selfie. Un’altra volta, sempre a Valence, fummo invitati a casa della presidentessa del Comitato di gemellaggio. Ci chiesero di cucinare un piatto di spaghetti. Era con me il vice sindaco Giorgio Galvagno e dovevamo preparare per sei persone. Purtroppo in quella casa mancava il necessario per il condimento. Mi dovetti accontentare di un rametto di rosmarino.
Galvagno spudoratamente disse che gli spaghetti erano ottimi, ma non era vero, e i francesi per dovere di ospitalità non lo contraddirono. L’ultimo ricordo è legato a un’avvenente addetta stampa di Valence ad Asti per una riunione dei due comitati. Alla fine le chiesi l’indirizzo, ufficialmente, per inviarle un report delle riunioni. Non c’erano ancora le e-mail. Lo scrisse su un biglietto che misi in tasca. Lo lessi qualche giorno dopo e vi trovai “Rue du Ha ha” con un numero civico. Pensai ad uno scherzo della bella addetta e stracciai il biglietto. E invece no. Quella via dal nome curioso, che sembra una risata, esiste. Se vi capita di andare a Valance cercatela.