venerdì 4 Ottobre, 2024
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Se ci penso

“Ero la numero 65 delle signorine Stipel”

Il lavoro delle telefoniste, le chiamate al 12, poi venne la teleselezione
L’operatrice di commutazione – ci chiamavano le “signorine Stipel” – svolgeva un lavoro che aveva una copertura di ventiquattro ore: prevedeva turni vari dalle sette alle ventidue con orari sia spezzati che continuati, coperti da noi operatrici donne, mentre la notte dalle ventidue alle sette i turni erano coperti dai notturnisti, tutti uomini, guidati da Arturo Ebarnabo.

Ero la numero 65 quando fui assunta alla Stipel di Asti in qualità di telefonista, ovvero Operatrice di commutazione. Non dimentico la data: 8 giugno 1961. Mi ero diplomata da poco, avevo inoltrato domanda di lavoro e fui chiamata per un colloquio, a cui fece seguito una mattinata molto intensa a Torino per esami: medici e psicotecnici. Poco tempo dopo fui avvisata che avrei dovuto partecipare a un corso di addestramento di venti giorni, sempre a Torino.

 

Le “signorine Stipel” in una cena di anni fa, ricordando i tempi della sala di commutazione

Grembiule nero, colletto bianco e corsi di dizione

 

Oltre alle varie lezioni sulla telefonia, le suddivisioni tariffarie e altre informazioni tecniche, avevamo pure lezioni di dizione. Non si doveva sentire troppo la cadenza piemontese. Gli utenti non ci vedevano ma noi avevamo tutte grembiule nero, colletto bianco, cuffia in testa, penna in mano; questa era la nostra divisa. Tutte davanti alla porta a vetri della sala di commutazione del palazzo della Stipel in via Ospedale, a guardare il quadrante dell’orologio appeso al muro. Quando scatta sull’ora del cambio di turno dobbiamo essere pronte a dare il cambio alle colleghe: un passaggio rapido senza che il servizio si interrompa.

Prendiamo posto al tavolo di lavoro che ci viene assegnato, sotto il controllo delle Assistenti, con a capo la Caposala. Su tutte c’era il direttore: Sillano cavalier Evasio. Sulla parete in bella vista è affisso un cartello “Cortesia è la nostra parola d’ordine, se qualcuno non è cortese con Voi informateci subito”. Quando fui assunta, Asti era filiale di Alessandria, successivamente divenne Agenzia per ritornare poi nuovamente filiale. C’era il lavoro di smistare le richieste di interurbane, prima che la teleselezione con prefisso le rendesse automatiche, e si rispondeva al numero 12 dando informazioni soprattutto sui numeri degli altri abbonati da diversi elenchi telefonici, ma si davano anche i turni delle farmacie, i taxi e altri numeri utili.  C’erano poi i collegamenti con i telefoni di Stato che erano a Torino. All’inizio fummo abbinate per tre mesi a una collega più anziana che ci faceva da “maestra”: ricordo Mariuccia Cerrato e Giuseppina Navone. Alla fine del periodo di prova, se confermate, ottenevamo il ruolo di supplenti, a cui avrebbe fatto seguito il passaggio in pianta stabile, ovvero a tempo indeterminato.

La sala di commutazione della Stipel in via Ospedale con Ines Piacenza, seconda da sinistra, insieme alla colleghe durante un turno di lavoro

 

L’operatrice di commutazione – ci chiamavano le “signorine Stipel” – svolgeva un lavoro che aveva una copertura di ventiquattro ore: prevedeva turni vari dalle sette alle ventidue con orari sia spezzati che continuati, coperti da noi operatrici donne, mentre la notte dalle ventidue alle sette i turni erano coperti dai notturnisti, tutti uomini, guidati da Arturo Ebarnabo. Nel periodo in cui eravamo considerate supplenti, i nostri turni non erano ben definiti; dovevamo essere a disposizione per sostituire eventuali assenze o malattie e per le ferie, dovevamo accontentarci dei periodi che ci lasciavano le colleghe più anziane, ovviamente nei mesi da loro scartati. Ricordo quando dopo pochi mesi di servizio sentimmo menzionare per la prima volta la proclamazione di uno sciopero a cui però, noi ultime assunte e non ancora in pianta stabile, fummo “consigliate” di non partecipare. Rimanemmo pertanto in servizio dalla sette del mattino fino a sera e, nella pausa, ci fu servito il pranzo preparato sul posto dal personale del ristorante “La Grotta”. In questo ambiente all’inizio le regole erano rigide, avevamo controlli a sorpresa in cuffia; però noi eravamo giovani felici di essere entrate nel mondo del lavoro e niente ci pesava e poi, dopo aver lasciato le compagne di scuola, ora eravamo insieme a diverse altre ragazze della nostra età, con cui stringemmo una bella amicizia che con diverse sussiste ancora oggi.

Eravamo entrate a far parte di una delle più importanti aziende italiane che traeva le sue origini dalla Idroelettrica Piemontese; aveva delle colonie, una marina a Misano Adriatico e due in montagna, a Pinerolo e a Gressoney, per i figli dei dipendenti. Ad Asti erano state costruite delle case in convenzione per i dipendenti nella zona di via Conte Verde.

C’era una cassa mutua aziendale a cui potevano aderire i dipendenti, ottenendo prestazioni sanitarie integrative al Servizio sanitario pubblico, che funzionava gestito dagli stessi dipendenti, un Dopolavoro aziendale, il cosiddetto CRAL, grazie al quale venivano organizzate attività culturali, viaggi, pranzi sociali, gite. Un gruppo di colleghi astigiani trascinati da Renzo Viarengo, nel 1994 si improvvisarono attori “en travesti”, creando la compagna del “Sip…arietto”, portando alla ribalta con successo tutta una serie di spettacoli: “Paese dei Campanelli”, ”Odissea”, “Promessi sposi”, “Cenerentola”, “Titanic” oltre a svariate gag. Mio marito Mario Serra, che lavorava anche lui alla Sip ad Alessandria, fu premiato alla rassegna di Ravenna tra i migliori attori. Ci divertivamo molto. Le recite al Politeama e al Teatro Alfieri vedevano sempre i teatri gremiti.

Mauro Serra, marito dell’autrice, con Gino Boido di Canelli, attori della compagna “Sip… arietto”, in una scena dell’Odissea

 

Nell’ottobre 1995 sono andata in pensione. Ripenso ai telefoni a manovella nei paesi, alle prenotazioni delle interurbane tramite operatrice, alla teleselezione, le informazioni non più date con supporti cartacei ma tramite visori con chiamata direttamente in cuffia. Passaggi tecnologici di cui sono stata testimone. 

La nostra Stipel (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda) era nata a Torino nel 1925. Nel 1985, insieme alle altre concessionarie telefoniche TIMO, TELVE, SET, TETI, era diventa SIP (Società Italiana per l’Esercizio Telefonico) e nel 1994 TELECOM. Dal primo aprile 2015 semplicemente TIM.  A ripensare ai nostri tempi pieni di attività e di vita con molto personale, rispetto oggi in cui le strutture sono quasi deserte, e tutto è affidato all’elettronica o a lontani call center, ci si rattrista un po’, ma noi “signorine Stipel” siamo toste e abbiamo ancora voglia di ritrovarci qualche volta tutte insieme attorno al tavolo di un ristorante, brindando a tutte noi.                                  

 

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