mercoledì 23 Aprile, 2025
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la collina di Spoon River

La collina di Spoon River

Astigiani dedica queste pagine a chi è salito sulla collina della nostra Spoon River. Una manciata di parole. Alla loro memoria.

Felice Appiano

11 aprile 1924 – 7 settembre 2019

Veterinario

I cavalli sono stati importanti nella mia vita. Nel 1935 ho sfilato al Palio a 9 anni su un pony e poi da ragazzo in sella a purosangue da corsa o sui sulky, guidavo e vincevo gare di trotto.

Sono stato anche il primo mossiere del Palio della ripresa nel 1967. A cavallo ho conquistato il cuore di Liliana, la donna della mia vita e con lei ho condiviso gli anni intensi della professione di veterinario.

Poi a sessant’anni la svolta. Mi sentivo più utile in Africa dove ho contribuito a creare l’Associazione veterinari senza frontiere e ho dato vita a progetti di concreta solidarietà. Ho scritto e fotografato. Siamo stati una famiglia felice, con le mie figlie, Alessandra e Antonella, giornaliste e scrittrici e i nipoti. Ora sono arrivato da Alessandra e la stringerò forte come quando era bambina.

 

Maria Teresa Parella

18 marzo 1935 – 15 settembre 2019

Panettiera a Revigliasco

Ho ritrovato i miei cari che mi hanno preceduto insi eme a tanti altri revigliaschesi. Abbiamo parlato come nelle sere estive passate sotto al mio porti cato a prendere il fresco. Ho avuto una bella vita an che se in gioventù ho conosciuto la guerra.

Sono sempre stata entusiasta di qualsiasi pi ccola cosa, che fosse portare le bestie al pascolo o “sghiè” sul la neve ghiacciata. Nonostante mi piaces se moltissimo studia re, ho dovuto lasciare la scuola per andare a lavorare, abbandonando così il mio sogno di diventare ostetrica.

A quattordici anni con una bicicletta se nza freni scendevo giù dalla ripida stra da del mio paese per andare a lavorare alla SACLA, che allora non aveva ancora l’accento. A quei tempi tutto era un’avventura: soprattutto alla sera ta rdi quando tornavo dal lavoro, era un sol lievo vedere la prima ed unica luce che illuminava la mia ca ra ed amata chiesetta di San Rocco all’i nizio del paese.

Dopo sette anni di fabbrica ho sposato il panettiere di Revigliasco e sono diventata “Teresa la Panatera”. Io e Maurizio per tre ntacinque anni abbiamo sfornato gressie, pizza bian ca e rossa con le ac ciughe, torcetti e tirà ‘d nus. Sono anche riuscita ad inventa re un dolce: la famo sa e premiata “Torta di pesche di Teresa“.

Ora vi lascio perché assieme a Maurizio abbiamo ancora da sf ornare altre preliba tezze e quando senti rete profumo di pane… ricordateci.

 

Bruno Bezzo

23 agosto 1929 – 16 settembre 2019

Impiegato Cassa di Risparmio e musicista

Non mi fermo più. Sono sempre su quella corriera con tutti quelli della banda La Bersagliera di Tonco. Eravamo gli unici a quei tempi ad avere un pullman tutto per noi. Giravamo il Piemonte: musica e allegria, tanta allegria.

Noi Bezzo siamo una famiglia musicale: mio padre suonava la tromba, mio fratello il sax, un cugino il pianoforte, io naturalmente la tromba e l’ho insegnato anche a mio figlio Guido. Mi chiamavano il “maestro”.

Ho scritto musica: pezzi per banda con un tocco di swing. Ora che quel piccolo vecchio trattore mi ha tradito in un giorno di settembre che sapeva di vendemmia, non ho altro da chiedere se non di continuare a suonare la mia musica. Sarò nelle vostre note e sarò nell’aria che quell’assolo di tromba rende rarefatta e leggera.

 

Alberto “Bertino” Negro

23 gennaio 1929 – 13 ottobre 2019

Commerciante al Palucco

Ho pedalato tanto e pedalerò ancora: la bicicletta mi ha accompagnato in tutta la mia vita e mi accompagna dove sono ora. In gioventù, quando correvo, ho pedalato per sport anche al Giro d’Italia e al Giro di Svizzera, ma ho pedalato con un’altra passione per raggiungere la mia Franca prima che diventasse mia moglie.

E poi ho pedalato per le commissioni nella nostra bottega del Palucco e ho pedalato con figlie e nipoti. A loro ho lasciato le mie biciclette perché si ricordino di me che sono tornato a correre con Fausto Coppi.

 

Piero Conti

26 gennaio 1959 – 13 ottobre 2019

Impresario edile percussionista e batterista

Batteristi si nasce o si diventa? Credo tutti e due. Io ho iniziato da ragazzino. Quanti tamburi ho pestato, con le bacchette e con il pedale. Quanti amici ho trovato con cui condividere la passione per il rock.

Il meglio, ma non solo, dei musicisti delle mie terre, perché credo davvero di non aver detto mai di no, se c’era da suonare andavo. Io c’ero con i Crew, Konfusion, Fiftyone Fifty, Officina Ricordi. Lo so. È strano osservarvi da quassù, ma in fondo un po’ ci sono abituato, da impresario edile, a scrutare il mondo dai tetti. Alcuni di voitroveranno strano non vedermi più, e soprattutto sentirmi, con la mia batteria a segnare il tempo dei brani, anche i più impegnativi, perché se uno ha passione e tecnica nulla gli è precluso.

Ma so che continuerete perché, come si dice, il rock non muore mai, ed i rocchettari brave persone fortunate, che hanno saputo dare e ricevere enorme affetto, hanno posto speciale nel cuore di tanti.

 

Nino Virano

16 dicembre 1923 – 30 ottobre 2019

Musicista e compositore

Leggero come le mie mani sui tasti del pianoforte. Sono diventato leggero, come quando negli Anni Trenta mi misero su una sedia e issato in alto come un santo in processione alla festa della frazione San Luigi di San Damiano.

C’è una foto che mi immortala così: piccolino a 8 anni con la fisarmonica più grande di me. Da allora quante foto e quanta musica. Confesso che ho suonato quasi tutto, dal contrabbasso al clarino. Per me la musica è stata la vita. Dal palco delle tante orchestre che ho frequentato ho visto nascere amori, tradimenti, passioni. Mi hanno perfino multato in tempo di guerra perché ci sorpresero a suonare in una cascina.

Per me quella multa è un inno alla vita e alla pace. Poi sono venuti gli anni dei grandi successi. Ho fatto da tutor a talenti eccezionali come Paolo e Giorgio Conte scrivendo anche per loro. Sono arrivati Sanremo, i dischi, il nome sugli spartiti. Musica e ancora musica: valzer, polka, tango, mazurka, riposino. Un bell’applauso all’orchestra.

 

Franca Bosso Alciati

25 luglio 1942 – 28 ottobre 2019

Maestra di scuola elementare in pensione, volontaria Aism

Se fossi ancora tra voi, vi direi di non piangermi. Sapete quanta fede mi animava. E poi vi ho lasciato molte cose da fare. È più forte di me, ho assegnato compiti per gran parte della mia vita.

Sono stata maestra elementare tanti anni, quando ancora la scuola era un mondo fatto di cornicette, penne colorate, gessi e cancellini. Ai miei allievi ho insegnato a scrivere e a far di conto su quaderni che volevo fossero sempre ben in ordine. Tenere una pagina ordinata, spiegavo, allena la mente a mettere bene in fila i pensieri. Se ne saranno ricordati, una volta diventati adulti?

Ma spero di essere stata qualcosa di più di una maestra, per tutti i bambini che si sono seduti su quei banchi. Spero lo abbiano capito, l’affetto che ho provato per ognuno di loro. Non ho smesso di insegnare nemmeno quando è stato il momento di andare in pensione, diventando catechista alla parrocchia Don Bosco. Poi da volontaria Aism sono stata io, la maestra Franca, ad andare a lezione. Una scuola di vita dove ho imparato tanto sul valore della dedizione e della comprensione. Studiate anche voi questa materia: è l’ultimo compito che vi lascio.

 

Laura Borgo

2 gennaio 1950 – 28 ottobre 2019

Architetto

Andare al cimitero mi è sempre piaciuto: camminare per i sentieri silenziosi, tra le tombe che raccontavano storie note o sconosciute, mi faceva sentire parte di una storia più grande. Era come salire sulla macchina del tempo per intrecciare ricordi che poi a casa registravo sul computer, verificavo negli archivi, condividevo con le persone a me più care. Chi l’avrebbe mai detto che proprio io sarei diventata la memoria storica della famiglia? Se penso alla famiglia, mi ricordo che da ragazza mi stava un po’ stretto il ruolo di figlia primogenita. Alle bambole preferivo il meccano di mio fratello!

Però erano anche gli anni delle gite domenicali in montagna, con genitori, nonni e cugine, dei raduni di famiglia per compleanni, onomastici, il rosario, la vigilia dei Morti e poi l’abbuffata di castagne.

Crescendo, ho partecipato a grandi cambiamenti, ho studiato durante gli anni della contestazione e della nascita del femminismo, mi sono resa presto indipendente come architetto, come insegnante e come donna. Ho vissuto tra montagne di libri: volumi di architettura, manuali di archeologia, testi di storia antica, di arti applicate, di narrativa, cercando risposte a una miriade di curiosità che hanno sempre ispirato viaggi in terre lontane.

Non ho potuto realizzare il sogno del giro del mondo su di un cargo, ma quello nei mari del Nord mi è rimasto nel cuore: spaziare lo sguardo su orizzonti incontaminati inseguendo il volo ardito dei gabbiani, senza più timore di essere imbrigliata da orari, impegni, ipocrisie. Negli ultimi giorni della scorsa estate, mi sono accontentata di ascoltare il cinguettio dei passeri tra le fronde del parco, seguendo i loro voli dal mio terrazzo. Ora posso librarmi in cielo con loro e sorridere ai vostri passi frettolosi.

 

Maria Luisa Ugazzi Nicoletti

12 febbraio 1924 – 4 novembre 2019

Sono nata a Tripoli, Libia, nel giorno in cui in Italia usciva il giornale “L’Unità”. I miei genitori si incontrarono nel 1920, a Tripoli, al Circolo degli ufficiali Italiani. A Misurata feci le elementari e lavorai al telaio cantando il Corano con altri bimbi arabi. Mi chiamavano Lella. Continuai gli studi a Tripoli dove venne il Duce per ricevere la Spada dell’Islam. Nel 1936 partimmo per l’Etiopia: Canale di Suez, Mar Rosso sino a Bab el Mandeb che in italiano significa Porta delle lacrime.

Poi Gibuti e Addis Abeba dove papà ebbe in concessione dal Duca Amedeo di Aosta la foresta di Debrasina ricca di legni preziosi. Avevamo amici per lo più piemontesi, nostalgici della bagna cauda che mangiavamo tutti gli anni. In concessione la nostra vita scorreva bella e ricca. Doloroso fu l’attacco degli Scifta, patrioti etiopi. Arrivarono la guerra e gli inglesi. Gli uomini in campo di concentramento, noi donne profughe dalla Somalia inglese su una nave bianca della Croce Rossa: periplo dell’Africa, stretto di Gibilterra e finalmente l’Italia.

Ad Asti ci ospitarono le sorelle della mamma. Qui conobbi Giuseppe Nicoletti, giovane medico del Laboratorio di Igiene e Profilassi. La vita di ragazza nostalgica africana si è unita felicemente con quella astigiana, che mi accolse con curiosità ed affetto. Fui sempre accanto a mio marito. Alle mie figlie Alba e Nicoletta non ho raccontato le favole di Biancaneve e Cenerentola, ma storie di animali leggendari di un continente bellissimo, l’Africa.

Mio genero Luciano voleva scrivere un libro sulla mia vita e ha registrato le mie memorie. Lo ispireremo adesso. Ora abbiamo tempo.

 

Michele Di Paolo

28 agosto1952 – 9 novembre 2019

Medico dirigente Asl, volontario Croce Rossa

La vocazione alla cura e all’assistenza dei più deboli l’ho ereditata da mamma e papà, lei crocerossina, lui ufficiale medico. Ho iniziato il lavoro da volontario nella Croce Rossa appena laureato, nel 1986 mi sono arruolato nel Corpo Militare come sottotenente medico. Con la divisa della Croce Rossa ho vissuto i giorni più emozionanti della mia vita.

Venticinque anni fa, quando l’alluvione del Tanaro ha colpito Asti e provincia, ero delegato alla Protezione Civile. Notti di fango e di paura domate con la forza della ragione: in poche ore abbiamo creato la struttura operativa per accudire e gestire gli sfollati all’ex convitto del Don Bosco. Un letto e un pasto caldo per tutti, ma soprattutto calore umano, capacità di ascoltare, una parola di consolazione per tutti coloro che erano in preda alla disperazione.

Per quei giorni straordinari la Croce Rossa ci ha riconosciuto una speciale benemerenza e da allora la Croce Rossa è diventata la mia seconda casa. Straordinaria fu l’esperienza con la missione Antica Babilonia in Iraq, tra il novembre 2003 ed il febbraio 2006, per 3 volte ho prestato servizio laggiù: all’ospedale civile di Bagdad City e per due volte all’ospedale del campo militare di Nassirya. Raggiunta da poco la pensione mi sarei dedicato a tanti nuovi progetti di vita, ma il destino ha scelto per me strada.

 

Giorgio Graziano

26 agosto1955 – 27 novembre 2019

Dirigente

Mi godo lo scorcio di mare che si vede dalla chiesa di Sant’Agostino a Borgio Verezzi. Con Angela l’abbiamo scelta per il nostro matrimonio, il 10 ottobre del 1999. Quest’anno, se non mi fossero mancate le forze, avremmo festeggiato 20 anni di matrimonio, anche se quelli passati insieme sono più di 30.

Ho amato il mare in ogni stagione, fin da piccolo, quanto era bello passeggiare d’estate e d’inverno con mamma Emma e con Angela, le donne della mia vita. Ho amato la buona cucina, quella casalinga, e le infinite chiacchierate con Pino e Valter, gli amici del cuore. Pino è stato il fratello che non ho mai avuto, ci siamo conosciuti alla Morando e da allora abbiamo condiviso tutto, gioie, dolori, passioni, dai viaggi alla politica allo sport. Avevamo un tavolo fisso a Ca d’Pinot.

Mi è sempre piaciuto indagare il lato meno visibile delle cose, il punto di vista alternativo, ho sempre amato andare oltre le apparenze e cercare l’origine di tutto. Da bambino avevo sempre un libro per le mani e non ho più smesso di leggere, ho riempito ogni angolo della casa. L’Egitto e i suoi misteri mi hanno affascinato al punto da voler imparare gli ideogrammi, l’ho visitato, ho letto tutto quello che potevo, dal saggio alle saghe di Christian Jacq.

Con Walter siamo stati ore e ore a discutere di lingue, da quelle antiche a quelle impensabili come l’esquimese, di storia, a commentare l’ultimo libro di Augias o del filosofo Mancuso. Ironia e sarcasmo sono stati i miei fedeli compagni; i numeri mi hanno riempito le giornate di lavoro, alla Morando, all’ASP, come imprenditore. Ho contagiato Angela con la passione per la politica e lei l’ha fatta sua. Non amavo apparire ma non l’ho mai lasciata sola, l’ho consigliata e rassicurata ogni volta che era necessario. Lei sa.

 

l'autore dell'articolo

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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