I giorni dell’abbandono sono linee d’edera aggrappate sui tronchi di orgogliosi cedri del Libano. Quattro paladini che raccontano di una gloria perduta, impastata col retrogusto amaro di uno spreco che non perdona. In un parco di 30 mila metri quadrati e un intreccio di vialetti lungo oltre 2000 metri, è incastonata Villa Badoglio, una “nobildonna” di rara bellezza, sul cui volto i segni del tempo lasciano tracce inclementi di un osceno declino. Le rughe di ragnatele e crepe accompagnano il perimetro della villa, tre piani costruiti a cavallo tra il XVIII e XIX secolo sulla collina di San Marzanotto con una bellissima vista sulla piana del Tanaro e la città di Asti che appare stesa ai suoi piedi.
I maestosi cancelli d’accesso da anni sono chiusi mollemente con sottili catene e lucchetti da cartoleria. A sinistra dell’ingresso sud, accanto alla casa del custode in stile art nouveau, si snoda quel che un tempo era un sentiero, ora completamente ricoperto di erba alta un metro, lattine di tè e bibite abbandonate e altri “ricordi” di pic-nic primaverili. I rovi hanno assaltato il pannello del “Frutteto dei bambini”: settanta alberi piantati da altrettanti ragazzini nel 2008, su iniziativa della pro loco di San Marzanotto. Quei ragazzi stanno diventando grandi e gli alberi da frutta sembrano implorare le potature. La stradina sterrata che corre parallela al muro di cinta per 50 metri porta a un passaggio naturale, una breve salita da cui ci si riesce a infilare all’interno del parco. I platani soffocati dall’edera vegliano esausti sulle panchine di pietra che fanno appena capolino da un tappeto di steli secchi. Il muschio si è appropriato di scampoli d’asfalto, disegnando una gimcana a serpentina fino all’ingresso principale della villa. “Attenzione. Pericolo caduta intonaci e stucchi dal soffitto. Vietato entrare”. Il cartello, siglato “Provincia di Asti” rimanda all’ultimo proprietario. L’ultimo.
Costruita nel 1814 per la villeggiatura dei 12 figli dell’avvocato Mussi
La prima costruzione della villa risale infatti al 1814, come annota lo storico astigiano Gian Secondo De Canis nella sua Corografia Astigiana, in cui identifica l’attuale Villa Badoglio nella «bella villeggiatura dell’avvocato Mussi posta al levante della terra su d’un ameno poggio da cui iscopresi un bel orizzonte». L’avvocato Giuseppe Mussi, intendente della provincia di Asti, sposò Clara Matilde da cui ebbe dodici figli. La donna morì nel 1827 come indica la lapide posta nella navata destra della chiesa parrocchiale di San Marzanotto. Nello stato delle anime del 1845 la costruzione è chiamata “Cascina del signor cavaliere Mussi detta il Palazzo”, su una carta militare del 1853 è indicata come “Villa Musso”. Arrivano anche a San Marzanotto l’Unità d’Italia e gli echi delle guerre d’Indipendenza. I discendenti della famiglia decidono nel 1885 di venderla all’ingegnere Secondo Borgnini, figlio del notaio Giovanni, direttore generale delle Ferrovie meridionali. Da qui, le prime trasformazioni radicali della proprietà, rivista secondo i canoni dell’architettura fiorentina.
Il regalo di Asti al “conquistatore di Addis Abeba”
Altri decenni e altre guerre. Quando, dopo la conquista dell’Etiopia del 1936, su proposta del federale di Asti prende corpo l’idea di regalare all’appena nominato duca di Addis Abeba e vicerè d’Etiopia Pietro Badoglio una residenza di prestigio sulle colline astigiane, la scelta cade sull’ex Villa Borgnini. È la moglie del maresciallo d’Italia, Sofia, a indicarla come “preferita” tra le varie offerte avanzate dal comitato promotore, presieduto da Giovanni Penna che, assieme a Badoglio e all’ex podestà Buronzo, era stato l’artefice della ricostruzione della provincia di Asti nel 1935. Una sorella di Badoglio andrà invece ad abitare nella villa del Torrione in Valle San Pietro. Le cronache dell’epoca la definiscono una “residenza principesca”: trenta camere, tra sale e saloni del pianterreno e del piano nobile. A queste si sommano le stanze del personale di servizio, al terzo piano. Dalla torre, una “visione del paradiso terrestre”. Il 6 settembre 1936 Badoglio, con ascari al seguito, è accolto trionfalmente ad Asti dove aveva studiato in gioventù. Per l’occasione, in municipio viene redatto l’atto di vendita pubblico tra Penna, rappresentante dell’ultimo proprietario, il cavaliere Domenico Giordano e Badoglio, della “villa con annessa casa colonica, parco, seminativo e vigna di are 342”. Il prezzo stimato è di 230 mila lire, compresi tutti i mobili. Nel pomeriggio, il Maresciallo arriva a San Marzanotto a prendere possesso della proprietà, accompagnato dalle autorità cittadine e accolto dalla popolazione che si accalca lungo la strada, a ridosso della “Casa del Fascio”, all’ingresso di quella villa che da allora tutti chiameranno “Villa della Vittoria”.
Negli anni a seguire, il Maresciallo ritorna con la famiglia quasi regolarmente ogni settembre e i suoi soggiorni vengono registrati dal parroco. Scoppia la guerra. Badoglio si dice contrario, ma è il Capo di Stato Maggiore generale dell’Esercito e accetta la volontà di Mussolini, convinto che la guerra sarà cosa di pochi mesi a fianco dei tedeschi vittoriosi. Le cose sui vari fronti però vanno male, dalla Grecia al Nord Africa. Lui si dimette a fine 1940 e gli muore anche il figlio Paolo, ufficiale pilota in Libia. Nel giugno del 1941 arriva a San Marzanotto: ci starà per tutta l’estate. Lo ricordano cupo e perso nei suoi pensieri. La Villa della Vittoria è amministrata dal responsabile locale del Fascio, il cavalier Carlo Perotti. Nel 1942 muore anche la moglie Sofia e Badoglio non torna a San Marzanotto. Dopo il 25 luglio del 1943, le autorità astigiane, orgogliose della nomina del Maresciallo a capo del governo in sostituzione di Mussolini, si allineano prontamente al nuovo corso monarchico e tolgono dalla villa ogni riferimento ai fasci littori.
Con l’8 settembre 1943 tutto cambia. Badoglio, dopo aver annunciato alla radio l’armistizio, ha seguito il re a Brindisi, nella loro fuga notturna, lasciando Roma senza comando. I tedeschi, che lo accusano di tradimento, occupano tra le altre cose anche la sua bella villa sulle colline. Ufficiali e truppa se ne impossessano dal 12 al 27 ottobre del ’43. «In quel periodo la villa viene completamente spogliata della sua ricca e artistica arredatura da truppe nazifasciste» si legge nel diario redatto dal nuovo parroco di San Marzanotto. Nel luglio del 1944 arrivano le suore dell’istituto magistrale della Purificazione di Asti, il cui collegio era stato precedentemente requisito per farne sede del comando tedesco. Per qualche mese nella villa si svolgono gli esami di riparazione, ma poi viene occupata dai partigiani che stanno controllando il territorio a sud del Tanaro e fanno della villa un punto di osservazione delle mosse nazifasciste. Le suore sono allontanate.
A guerra finita Badoglio offre al villa alla Provincia a scopi sociali
Finisce la guerra. Badoglio, che era stato capo del governo d’Italia del sud fino al 5 giugno 1944, si ritira a Grazzano, nella casa di famiglia, trasformandola in un piccolo museo, e dona la villa divenuta “ingombrante” perché ricordava a tutti i legami con il Regime, all’amministrazione provinciale, con il vincolo che venga usata per scopi sociali. Si cerca una destinazione. Il Consorzio antitubercolare ottiene il finanziamento per la messa in funzione di un “preventorio infantile antitubercolare” nella villa, chiamata ancora Villa della Vittoria. Il preventivo per le opere di adeguamento si aggira intorno ai dieci milioni. Le stanze sono attrezzate per ospitare 75 bambini. Risale a questo periodo l’aggiunta delle due verande sulle terrazze degli avancorpi che ne deturpano l’armonia complessiva. Dal 1962 e fino a metà degli anni Settanta, l’Ufficio provinciale della Gioventù italiana la utilizza per offrire ospitalità e assistenza a bambini bisognosi, inaugurando un Centro educativo. Sono gli anni delle feste animate dalla fisarmonica del maestro Ginella. Si arriva al 1975. La villa viene affittata al Comune, al prezzo simbolico di una lira, e diventa la sede delle scuole elementari di San Marzanotto, fino al 1989.
La Circoscrizione si occupa di ripristinare il parco, ripulendolo dalle erbacce e ripristinando i sentieri originari, diventati negli anni inaccessibili. L’obiettivo è quello di riaprire il parco alla cittadinanza, con visite giornaliere e un servizio di autobus da Asti. La Pro loco organizza le feste di maggio con il “maritaggio” tra riso e barbera. Con il progetto di ristrutturazione approvato dalla Provincia nel 1983, partono i lavori di ripristino del primo piano e altri piccoli interventi di manutenzione che trasformano la villa in una “Casa per ferie”. L’accoglienza delle comitive di turisti è affidata alla cooperativa l’Olmo, nata nel 1986, che si occupa in particolare della ristorazione. La scuola elementare viene nuovamente trasferita in paese. Ma il futuro turistico non è facile.
La prima chiusura della villa è datata 1991. È l’anno in cui i locali si svuotano per “manutenzione”. Nel luglio del 1991 la Provincia decide in emergenza di sistemare nella villa 25 immigrati albanesi che erano arrivato ad Asti con altri ottocento a marzo (vedi a pagina 100 di questo numero di Astigiani). Intanto c’è chi vorrebbe risistemare la casa per trasformarla in un centro di rappresentanza della Provincia. Il progetto, che prevede anche la ristrutturazione dell’ex casa del custode, abbandonata dalla metà degli anni Sessanta, e delle ex scuderie, prevede una spesa di un miliardo e mezzo di lire. Non se ne farà niente. Piante e prospetti finiscono in qualche cassetto.
Nel 2000 arrivano da Roma 6 miliardi per un restauro mai finito
È del 1993 la proposta di don Gelmini di trasformare la villa in una scuola di formazione per operatori del settore delle tossicodipendenze. Poco dopo, si prospetta l’ipotesi di destinare la villa a corsi universitari. Il tutto cade nel dimenticatoio. Intanto, tra il 1983 e il 1994 sono stati spesi 510 milioni di lire. Dal 1994 al 1997, nella villa trascorrono un periodo “di vacanza” alcuni bambini bielorussi arrivati dai paesi vicino alla centrale nucleare di Chernobyl, esplosa nel 1986. In quegli anni Villa Badoglio ospita anche contadini africani e arabi portati a San Marzanotto da Torino dove partecipano alle giornate di Terra Madre, durante il Salone del Gusto. La svolta arriva con i finanziamenti legati al Giubileo del 2000 che ne consentono una profonda ristrutturazione come struttura ricettiva a vocazione turistica. La Provincia ottiene 6 miliardi di lire per Villa Badoglio, la cifra più alta concessa in Italia per un singolo intervento. Nascono diciotto camere, in grado di ospitare 50 persone, aule didattiche, sale riunioni e di ristorazione, e una sala conferenze allestita nelle ex scuderie. Si parla di ospitare un ostello della gioventù. La villa in quel periodo è affidata alla gestione di “Asti è turismo” agenzia di accoglienza e promozione di Provincia di Asti e ATL. Si ricorda in quegli anni una affollata conferenza stampa organizzata a Villa Badoglio con l’allora assessore regionale Racchelli (giunta Ghigo) per illustrare gli interventi legati ai fondi collaterali per le Olimpiadi del 2006 a Torino. Altre promesse, altri progetti, altre date annunciate e speranze poi deluse.
La situazione precipita nel luglio del 2013 quando la Provincia, già in stato precomatoso, è costretta a restituire allo Stato 688 215 euro. La ristrutturazione, finanziata con i fondi dei percorsi del Giubileo, si è infatti protratta oltre i termini stabiliti e Roma rivuole quei soldi. Il ministero ha minacciato di interessare l’Avvocatura dello Stato qualora l’ente non onorasse il pagamento. La Provincia ha sempre sostenuto che il definanziamento era frutto dei ritardi nei lavori causati dalla ditta che aveva in appalto l’intervento, la “Carpegna e Sabbadini”, successivamente fallita. Il susseguirsi dei cantieri e delle date non è facile da ricostruire. Dopo la rescissione del contratto con la “Carpegna e Sabbadini”, la Provincia aveva affidato nell’estate del 1999, per completare i lavori entro il 31 ottobre di quell’anno, termine ultimo per mantenere il contributo, il cantiere, diviso in due lotti, alla “Delio Ruscalla” di Asti. Una prima parte di interventi si era conclusa al 31 dicembre, nuova scadenza fissata nel frattempo dal ministero, mentre l’altra era arrivata a compimento nel febbraio 2000.
Ora la villa è stata messa in vendita dalla Provincia
Dopo la decisione di procedere alla liquidazione della somma, la Provincia ha ora inserito la villa nell’elenco dei beni alienabili, ma nessuno pare farsi avanti. Insomma: acquirenti cercansi per Villa Badoglio. A oggi non è arrivata sul tavolo provinciale nessuna “manifestazione di interesse”. I calcinaci continuano a cadere, rotolando lungo quel campo di bocce, lo sport preferito dal Maresciallo, dove l’incuria gioca in solitaria. E vince.