Astigiani 5 – settembre 2013
La prima candelina
di Sergio Miravalle
È passato un anno dall’uscita del primo numero di Astigiani. Lo presentammo alla Douja d’or del 2012. Siamo alla prima candelina da spegnere idealmente con tutti i lettori, gli abbonati, i sostenitori e naturalmente la redazione e i collaboratori che hanno creduto in questa iniziativa editoriale. Viviamo senza contributi pubblici. I nostri incassi derivano dalle vendite, dagli abbonati, dalla pubblicità. Non è facile, visti i tempi. Facciamoci pure un bell’applauso, ce lo meritiamo tutti. La rivista piace: ha raccolto oltre 400 abbonamenti, è attesa e venduta nelle edicole e nelle librerie.
Ci sono arrivate anche richieste da astigiani lontani, dalla Cina alla Russia all’Argentina. Se mettiamo insieme i primi cinque numeri della nostra rivista arriviamo a 584 pagine complessive: un grande volume dedicato alla storia e alle storie della nostra terra. Molti ci dicono che hanno cominciato a “collezionare” Astigiani, dedicando uno spazio specifico della rivista nelle loro librerie. È un bel segno. Significa che stiamo ottenendo il risultato desiderato: dare spazio alla memoria collettiva, ripercorrere il passato non con la sola deformante lente della nostalgia, ma con l’impegno a capire, raccogliere testimonianze e raccontare.
Astigiani 5 ha un filo rosso dedicato al mondo del vino. Lo scoprirete leggendo di cantine scomparse, osterie e negusiant da vin. Ma ci sono anche storie che partono dall’Anno Mille, un sindaco con l’orecchino di metà Ottocento e un maestro di fisarmonica che fece cantare generazioni di astigiani. E poi le rubriche, ricche, variegate, intense. E l’Album di famiglia continua ad arricchirsi delle foto dell’operazione “Cassetti aperti”. Buona lettura.
L’arbi
di Giorgio Conte presidente Associazione Astigiani
Lignea culla per grappoli maturi
sul carro dondola
che il possente di cavalli tiro a due
va trasportando.
Schiocca la frusta sul madido dorso
e scintillano le pietre focaie
dai ferri degli zoccoli scalfite…
traballano i grappoli
ed al presagio tremano dell’incombente
spremitura.
Alcun tenta la fuga
a terra ribalta, salvezza cercando, ma i più
schiacciati da piedi non proprio candidi,
cadranno, spremuti, annichiliti!
l’arbi impregnando del loro sangue viola.
Venite, fanciulli! ma sì che potete!
Permesso accordato: pigiate, pigiate!
La modernità, il progresso, le innovazioni,
la burocrazia, gli animalisti d’assalto,
le leggi, i decreti, le norme, i divieti…
Pigiare l’uva a piedi nudi? È contro l’igiene!
Frustare i cavalli? Eh, no, non va bene!
Quanto ai fanciulli… ma loro si divertono!
Uhm… siamo sicuri che sotto sotto non si celi lo sfruttamento del lavoro minorile?
Quel mondo rurale è stato inesorabilmente cancellato, spazzato via…
Altro non resta che la poesia!