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Il premio Asti d’Appello: una storia di passione per i buoni libri

Negli anni Sessanta le prime tre edizioni finite tra le polemiche. La ripresa dal 2009 con la formula del processo letterario.

Il 24 novembre al Teatro Alfieri è annunciata la cerimonia di assegnazione del premio “Asti d’Appello”, edizione 2013. Si ripeterà così un “processo letterario” con giudici, giuria popolare e “imputati” scrittori indotti a perorare le buone ragioni della propria opera. Una formula originale che ha destato interesse nel mondo dell’editoria e della critica.

Questo riconoscimento nacque negli Anni Sessanta: la prima edizione è del 1966 quale evoluzione del Premio nazionale giornalistico, organizzato nei quattro anni precedenti dall’Ente Provinciale del Turismo (EPT), allora diretto da Francesco Argirò, con l’impresario Bruno Ercole alla presidenza. Erano gli anni in cui Asti cercava una sua strada di promozione turistica, con il Palio e la Douja d’or ancora in gestazione (entrambi proposti a partire dal 1967).

Il Premio voleva avere finalità letteraria e turistica: offrire un riconoscimento a opere di narrativa che non avessero già vinto altri concorsi letterari e stimolare testimonianze sull’Astigiano su quotidiani e riviste nazionali, da parte di cinque autori designati dalla giuria.
Ecco, dunque, l’origine della denominazione “d’Appello”: l’opportunità di rimettere in gioco romanzi non premiati in altre manifestazioni, dando loro una seconda chance. La parte turistica del premio non decollò, quella letteraria visse una breve e intensa stagione.
Furono tre le edizioni dal 1966 al 1968.

1966 – La Giuria. Sta parlando il presidente dell’Ente Provinciale Turismo Bruno Ercole, in primo piano il direttore Francesco Argirò (Astifoto)

 

La giuria era composta da letterati e critici, che sceglievano le opere da inserire in concorso. Il presidente fu il “pugnace” Leonida Répaci, scrittore e pittore, già fondatore del Premio Viareggio, interprete di se stesso nel film La dolce vita di Fellini. Con lui furono chiamati in giuria personaggi come lo scrittore e intellettuale antifascista torinese Franco Antonicelli, l’avvocato astigiano Luigi Baudoin, profondo conoscitore delle tradizioni astesi e sostenitore della rinascita del Palio, il poeta Giorgio Caproni, lo scrittore Giacomo Debenedetti, il biografo Massimiliano Grillandi, il critico letterario Giovanni Macchia, lo storico della letteratura e famoso dantista Natalino Sapegno. Segretari del premio erano Francesco Argirò e Gabriella Sobrino, che ricopriva lo stesso ruolo nel Premio Viareggio. Il Premio consisteva in un assegno di due milioni di lire.

1966 – I Gufi, neonato gruppo cabarettistico e musicale formato da Roberto Brivio, Gianni Magni, Lino Patruno e Nanni Svampa, si esibiscono nel salone dell’Hotel Salera dopo l’assegnazione del premio (Astifoto)

 

L’Asti d’Appello fu presentato il 20 gennaio 1966 a Roma all’Hotel Flora di via Veneto da Bruno Ercole e Leonida Répaci. Le premiazioni si svolsero ad Asti all’hotel Salera, che si era trasferito nella nuova prestigiosa sede dietro lo stadio da un solo anno. Le cronache dell’epoca ricordano anche il lato mondano dell’evento con l’orchestra di Gianni Basso, l’esibizione dei Gufi e nel ’68 la partecipazione della soubrette Minnie Minoprio. «Signore e signorine in eleganti ed ardite toilette con cavalieri intrecciano danze fino alle prime ore del mattino», scriveva un cronista locale.

Nel 1966 la giuria esaminò una trentina di opere e tra queste premiò ex-aequo il giovane Mario Picchi, giornalista, scrittore, traduttore, per Il muro torto, edito da Einaudi, romanzo ambientato a Roma, e Antonio Pizzuto, coltissimo questore palermitano a riposo, per Le paginette. Gigi Monticone, unico astigiano concorrente con il romanzo di ambientazione monferrina La vigna, ricevette una medaglia d’oro.

La giuria intese con questa scelta segnalare autori poco conosciuti al pubblico, selezionando le loro opere tra quelle di autori di maggiore fama quali Giorgio Saviane, Carlo Castellaneta, Cesira Fiori, Lalla Romano.

L’anno dopo, l’edizione del 1967 vide quale grande protagonista Italo Calvino, autore già molto conosciuto e apprezzato (Il barone rampante, Marcovaldo ovvero Le stagioni in città, La giornata di uno scrutatore). Il suo Le cosmicomiche, Einaudi, fu preferito ad autori come Giorgio Bocca con Storie dell’Italia partigiana e Alba De Cespedes con La bambolona. L’Asti d’Appello in questo caso più che mai rimediò a un verdetto giudicato discutibile. Al Premio Strega 1966 Italo Calvino era stato clamorosamente sconfitto da Michele Prisco con Una spirale di nebbia.

1967 – Italo Calvino interviene al Salera dopo aver ricevuto il premio (Astifoto)

 

Fu così che un timido Calvino venne ad Asti a ritirare il premio. Antonicelli lo presentò con il suo forbito eloquio; lo scrittore ringraziò con poche parole, un po’ incerte per la leggera balbuzie che lo prendeva nelle situazioni di disagio e si guadagnò la simpatia della platea per la sua semplicità. Affermò di tenere molto a questo suo libro, nato quasi per scherzo, in cui sperava di essere riuscito ad esprimere qualcosa di nuovo e di avere, in verità, scoperto solo a metà della stesura ciò che si proponeva all’inizio: lo spunto per il viaggio cosmico. Ernesto Ferrero, allora giovane addetto all’ufficio stampa Einaudi che lo accompagnava, ha ricordato su La Stampa del novembre 2011 quella serata astigiana e un curioso aneddoto: «Un simil-commendatore lo scambiò [Calvino ndr] per un esordiente timido ma di buone speranze e lo incoraggiò caldamente: “Bravo, bravo, lei è giovane, può fare ancora molto”. Come a dire: se uno si impegna può arrivare dappertutto. “Eh,eh,eh!” esalò sommessamente Italo. All’angolo delle labbra gli era persino spuntato un sorriso».

1967- Italo Calvino durante il ricevimento festeggiato da alcune signore astigiane (Astifoto)

 

Nel 1968 il Premio Asti d’Appello andò ad Anna Banti con Noi credevamo, Mondadori, romanzo storico di largo impianto, ambientato nel Risorgimento. Molti anni dopo, nel 2011, il regista Mario Martone girerà un film tratto proprio da questo romanzo che verrà proiettato nelle sale ispirato dalle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia.

Nel 1968 è polemica sulla vincitrice annunciata e i soldi “sprecati”

Ma torniamo al 1968. La Banti, scrittrice, traduttrice e saggista, moglie del critico e storico dell’arte Roberto Longhi, all’epoca già famosa (Artemisia, Le donne muoiono, Allarme sul lago) e pluripremiata (Premi Viareggio, Marzotto, Veuillon), era stata sconfitta al Viareggio due anni prima. La sua vittoria ad Asti fu “troppo annunciata”, tanto che Raoul Maria De Angelis, uno degli autori prescelti nella rosa finale con Il piede di San Pietro, scrisse una lettera alla giuria, ritirando la propria candidatura, dichiarandosi «troppo vecchio per credere agli esami di riparazione e ai giudizi di appello».

Fu la miccia per una vivace polemica dalle colonne de La Nuova Provincia, a firma Elio Archimede («…caratteristica di questi concorsi è la camorra organizzata da case editrici, autori e gruppi di intellettuali…») e della diocesana Gazzetta d’Asti, a firma dell’allora direttore, don Giulio Martinetto («si sprecherebbero sei milioni per farsi prendere in giro. L’Asti d’Appello non interessa a nessuno e non serve al turismo»). Répaci replicò duramente e se la prese con i «piccoli gazzettisti locali» che «senza conoscere il nostro passato, la nostra opera di disinteressati cirenei della cultura, ci hanno coperti di contumelie…».

Ma tant’è, il concorso finì travolto, oltre che dalle critiche locali, dal clima di generale contestazione che stava montando nel Paese. Dell’”Asti d’Appello” per un po’ non si parlò più. Ne sono rimaste le cronache sul “Carnet del Turista”, opuscolo che Francesco Argirò pubblicava in quegli anni, edito dall’Ente Provinciale per il Turismo.

La ripresa del premio “Asti d’Appello” è legata a una curiosa circostanza. Nel 2008, ricorrono i 40 anni dall’uscita della canzone Azzurro di Pallavicini-Conte, colonna sonora dell’estate 1968, divenuta un classico della canzone italiana. Il Comune di Asti e la Regione Piemonte si propongono di celebrare l’avvenimento e il cantautore-avvocato astigiano. Paolo Conte, riferendosi agli anni della nascita di Azzurro, ricorda l’esistenza ad Asti di quel premio letterario nazionale e ne propone il rilancio, a beneficio della città. La sollecitazione viene accolta dalla Biblioteca Astense, presieduta da Ottavio Coffano con Donatella Gnetti come direttrice, dal giornalista Alberto Sinigallia e sostenuta dalla Regione e dalle Fondazioni delle Casse di Risparmio di Asti e di Torino.

Il rilancio nel 2009 ispirato da Azzurro e da un’idea di Paolo Conte

È nato così il nuovo Premio: per evitare le vecchie polemiche e dare certezza alla formula, si decide di offrire opportunità di rivincita esclusivamente alle opere giunte seconde e terze ai maggiori premi letterari nazionali (Strega, Campiello, Cortina, Viareggio-Repaci, Rapallo, Bancarella, che viene poi sostituito dal Bagutta). Altra originale novità, ispirata dal passato forense di Paolo Conte e che sottolinea in modo ironico l’analogia del premio con un processo di appello, è la formazione della giuria, composta non più da addetti ai lavori, ma da veri magistrati e giuristi appassionati di lettura; a questi si affianca una giuria popolare, costituita dai membri dell’Associazione nata nel frattempo a sostegno della manifestazione.

I suoi soci ricevono con anticipo i libri da leggere ed esprimono la loro scelta con un voto, alla presenza di un notaio chiamato a certificare il risultato, che rimane segreto. Dai voti delle due giurie, ecco la “sentenza” che designa il vincitore. Il Premio consiste in un assegno di diecimila euro al vincitore. Per avere diritto a partecipare, lo scrittore deve essere presente al solenne “processo” di Appello che si svolge a novembre al Teatro Alfieri.

Ogni candidato sviluppa in una breve arringa le ragioni di vittoria della propria opera davanti alla giuria “togata” seduta sul palco e alla giuria popolare, in sala. L’idea del Premio Asti d’Appello è piaciuta anche al giornalista Philippe Ridet de Le Monde che il 2 ottobre 2009 ha firmato l’articolo «Quando la giustizia arriva in soccorso dei premi letterari». Nel testo afferma che «le province sono il principale motore dell’attività culturale transalpina e la presenza nella giuria di magistrati assicura l’indipendenza del giudizio, spesso messa in discussione».

Il 29 novembre 2009 riprende quindi il cammino di “Asti d’Appello”, con l’astigiano Bruno Gambarotta come brillante conduttore dell’incontro. Paolo Conte, presidente dell’Associazione, augura lunga vita alla manifestazione e spera che il riconoscimento sia visto non come un “contentino”, ma come un giudizio aggiunto. Consegna quindi il premio assegnato ex-aequo a Dunja Badnjevic per Isola nuda e a Elena Loewenthal per Conta le stelle, se puoi. La serata si conclude con un concerto di Salvatore Accardo al violino e Laura Manzini, al pianoforte.

2009 – Paolo Conte fra le vincitrici Elena Loewenthal e Dunja Badnjevic

 

La seconda edizione del nuovo corso si conclude il 14 novembre 2010. Presenta la scrittrice Alessandra Appiano e la serata è completata da un recital del cantautore Roberto Vecchioni. Risulta vincitore Antonio Pennacchi con Canale Mussolini. E non sono mancate le polemiche, a dire il vero meno vivaci che in passato, in quanto Pennacchi vincitore ad Asti, come secondo al Campiello, vince nello stesso anno anche lo Strega; il doppio successo è visto da alcuni come un travisamento del senso dell’Appello, tanto da indurre poi il Consiglio a modificare il regolamento.

Il 13 novembre 2011 l’ospite d’onore è lo scrittore Ferdinando Camon, che tiene una lectio magistralis sul tema: “Che cosa ho imparato in quarant’anni di scrittura”. Il presidente della Associazione, Piero Ghia, premia la vincitrice Federica Manzon, autrice del romanzo Di fama e di sventura. L’incontro, condotto dal giornalista musicale Massimo Cotto, si conclude con un concerto del pianista iraniano Ramin Bahrami, considerato uno tra i più grandi interpreti di Bach.

L’edizione del 2012 porta al Premio due importanti riconoscimenti: la medaglia di rappresentanza del Presidente della Repubblica e il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri. Riprendendo un’idea delle edizioni degli anni ’60, viene attribuito un riconoscimento a due autori astigiani, i fratelli Debenedetti, Paolo e Maria, per Bele sì. Una città-Asti, una famiglia-i Debenedetti, con l’intento di ringraziare una famiglia che molto ha dato alla città e non solo in ambito letterario. Madrina del Premio è la poetessa di origini astigiane Maria Luisa Spaziani, tre volte candidata al premio Nobel.

L’attore Aldo Delaude legge alcune sue liriche. Tra i libri in concorso emergono Francesca Melandri per Più in alto del mare, finalista al Campiello e vincitrice del Rapallo che per questo divide il premio con Nadia Scappini per Le ciliegie sotto il tavolo, finalista del Premio Cortina.
Le scrittrici sono premiate da Piero Ghia, presidente dell’Associazione, e da Giorgio Faletti, in qualità di neo presidente della Biblioteca Astense, la serata è condotta da Massimo Cotto, nel frattempo divenuto assessore comunale alla Cultura. Ospite d’onore il violinista Uto Ughi, che incanta il pubblico suonando il suo Guarnieri e poi uno Stradivari.

Il notaio del Premio Piergiorgio Amici fra la vincitrice dell’edizione 2010, Federica Manzon, e il presidente dell’Associazione Premio Asti d’Appello Piero Ghia (foto Franco Rabino)

Il premio ha superato il giro di boa della vecchia edizione, che si fermò alla terza, e sta per giungere alla quinta.

Non resta che auspicare, come Paolo Conte, che sia longevo, temuto e ambito e ricordare il lusinghiero commento di Elena Loewenthal, premiata nel 2009: «Mi auguro di perdere altri premi, se questo mi permetterà di vincere il Premio Asti d’Appello ed entrare in contatto con lettori così attenti ed entusiasti».

Le schede

1966  Ex aequo

Paginette  di Antonio  Pizzuto

Lerici, 1964

Il muro torto  di Mario Picchi

Einaudi, 1964.

1967

Le Cosmicomiche

di Italo Calvino, Einaudi,1965

(finalista Strega 1967)

1968

Noi credevamo di Anna Banti

Mondadori, 1967

(finalista Viareggio 1968)

2009  Ex aequo

L’isola nuda di Dunja Badnjevic

Bollati Boringhieri, 2008

(finalista Premio Rapallo 2009)

Conta le stelle, se puoi di Elena Loewenthal

Einaudi, 2008 (finalista  Campiello 2008)

2010

Canale Mussolini di Antonio Pennacchi

Mondadori (finalista Campiello 2010 )

2011

Di fama e di sventura di Federica Manzon

Mondadori, 2011 (finalista Campiello 2011)

2012  Ex aequo

Più alto del mare di Francesca Melandri

Rizzoli, 2012 (finalista Campiello 2012

vincitrice Premio Rapallo)

Le ciliegie sotto il tavolo di Nadia Scappini

Marietti, 2012 (finalista Premio Cortina)

Ecco i magistrati che hanno finora partecipato alla giuria del premio

Asti d’Appello.

Mario Barbuto,

Corte d’Appello di Torino

Paolo Borgna,

Procura della Repubblica di Torino

Carlo Federico Grosso,

avvocato, giurista

Marcello Maddalena,

Procura della Repubblica di Torino

Cristiana Maccagno Benessia,

avvocato

Carlo Nordio,

Procura della Repubblica di Venezia

Luciano Violante,

già magistrato, deputato e presidente

della Commissione Antimafia

Giorgio Vitari,

Procura della Repubblica di Asti

 

L’AUTRICE DELL’ARTICOLO

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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