In Cina il tempo sembra aver preso un ritmo diverso. Alla civiltà millenaria si è sovrapposta la corsa verso il futuro. Una sensazione che toglie il fiato soprattutto nelle città-metropoli come Shanghai dove non solo i grattacieli di vetro e acciaio crescono a ritmi impressionanti. Tutto si muove in fretta. Per questo ai cinesi impegnati nella grande rincorsa dell’Occidente, che stanno superando perlomeno sul fronte economico, servono momenti di pausa, spazi più raccolti dove respirare aria diversa.
Si può spiegare anche così il successo di Uva un wine-bar aperto dal giugno 2012 nel distretto di Gingan Temple. Centro storico di Shanghai, un viale, case relativamente basse d’epoca coloniale quando a Shanghai c’erano le concessioni francese, inglese, russa e anche italiana. Uva è un’insegna italiana che racchiude una storia anche un po’ astigiana. Eccola.
Ivan Icardi, sembra un ragazzino, non dimostra neppure i suoi 26 anni.
Cresce tra Langhe e Monferrato. Prima studia al liceo linguistico di Nizza «quello delle suore» poi va alla Bocconi spinto dal padre Claudio, produttore di moscato a Castiglione Tinella e “guru” della biodinamica e da mamma Ornella Cordara, con azienda vitivinicola a Vaglio Serra, etichetta “Col dei venti”. Nonni contadini e genitori aperti ai mercati. Ivan respira quest’aria. Si laurea in Economia a Milano con 90, senza infamia e senza lode. Si guarda un po’ attorno e poi decide di mettere insieme le sue origini “vinicole” con l’opportunità cinese rappresentata da un compagno di studi di Bologna, con mamma nata oltre la Grande Muraglia.
«C’era tutto da inventare, ma noi avevamo le idee abbastanza chiare in testa: creare un punto di ritrovo molto europeo con prodotti di origine certa e vini da spiegare ai clienti che in generale non sanno nulla o pochissimo dell’enologia. Con Pier Carlo Panozzo, il mio amico e socio, abbiamo deciso per Shanghai perché è il posto della Cina più dinamico e aperto alle novità». Detto fatto. Arrivano in Cina e cercano un posto da affittare. Lo trovano: è una ex libreria e prima ancora un laboratorio di chissà cosa, pare una sala massaggi. Cercano e trovano un arredamento in stile vintage post industriale, a mezza strada tra l’Italia e la Francia.
Pezzi comperati su Internet, trovati sui mercati o fatti venire direttamente dall’Italia. Sessanta posti. Un grande bancone, poltrone, tavolini bassi, candele. Musica e luci soffuse.
Un angolo caveau a vetri per le bottiglie più preziose.
Dalla cucina piatti cucinati al momento. Pane e grissini sfornati tutti i giorni. Pasta, pizze e naturalmente vini serviti al bicchiere.
Alla parete la definizione di Uva, presa dal dizionario della lingua italiana. «Serviva un nome italiano semplice e facile da ricordare». Sono partiti così un po’ incoscienti e un po’ spavaldi.
Orario dalle 18 alle due di notte tutti i giorni. «In un anno ci siamo fatti quattro giorni di pausa a turno. In Cina è così, se vuoi farti notare devi esserci sempre».
E i cinesi, o meglio uno spicchio microscopico, ma sufficiente di questo popolo da 1,3 miliardi di persone, li hanno scoperti questi due giovani italiani sorridenti. In un anno Uva ha conquistato il titolo di “miglior wine-bar” di Shanghai assegnato da una rivista di settore. Hanno avuto recensioni su giornali turistici dal Giappone all’Australia. E sono su tutti i principali social network cinesi, fonti di informazioni e commenti.
«Diciamo che abbiamo una clientela per metà cinese e per metà occidentale, turisti di passaggio e residenti della variegata comunità internazionale. All’inizio eravamo partiti con una lista dei vini più europea con molta Francia e un pizzico di California, poi abbiamo capito che dobbiamo credere di più nell’Italia e ci siamo specializzati, selezionando noi stessi i vini da importare. Piemontesi soprattutto, dalle barbere al dolcetto al barolo, ma non solo, anche molta Sicilia, Toscana, Campania e Abruzzo».
Dall’Italia arriva tutto, dalle farine all’olio, dai pelati alla pasta, dai salumi ai formaggi. E siccome l’appetito vien mangiando in pochi mesi Uva ha già visto nascere anche Uva caffè, uno spazio più piccolo aperto a qualche centinaio di metri di distanza, specializzato in caffè, cappuccini, dolci e piadine, in omaggio alle origini emiliano-romagnole del socio Pier Carlo.
E siccome le cose vanno bene è arrivato ad aiutarli anche Daniele, un ragazzo veneto con la voglia di vendere vino, in progetto c’è la gestione anche di uno spazio più grande.
Insomma Uva diventerà una catena di locali? In così poco tempo?
«I tempi cinesi sono diversi da quelli italiani. Qui tutto è più veloce, ma non significa che non bisogna fermarsi a riflettere. Noi e loro. Per esempio, ai clienti che non si intendono di vino portiamo al tavolo il gioco del naso. Lo ha inventato un enologo francese. Sono decine di botticini per riconoscere i profumi e gli eventuali difetti di un vino. Facciamo didattica e li sorprendiamo e divertiamo e soprattutto sfatiamo il fatto che un vino per essere buono debba necessariamente costare molto». L’Uva propone degustazioni a partire da 35 yuan a bicchiere (circa 4 euro), più o meno il doppio per un piatto di pasta, giustamente al dente.
Nostalgie dell’Italia?
«Il giusto, senza esagerare. Oggi con Internet e Skype non si è mai così lontani. La famiglia la sento quasi tutti i giorni e quando possono loro vengono a trovarmi. Certo mi mancano gli amici e le colline, i nostri paesaggi. Fino all’anno scorso avrei detto anche una fidanzata… ma ora l’ho trovata qui a Shanghai. È cinese e qui mi prendono in giro e mi dicono che lo faccio solo per imparare la lingua. Mica è vero, ma intanto il cinese parlato un po’ lo mastico. Appena torno a Vaglio Serra ne darò sfoggio».
Intanto se qualche astigiano capita a Shanghai, Ivan e Pier Carlo sono pronti ad accoglierlo.
L’indirizzo esatto è 819 Shaanxi Bei Lu, near Kangding Lu, Jingan district.
Tel.: 158 0038 0152
Metro: Changping Lu, Line 7
Se dovete dare l’indirizzo a un taxista fategli leggere questo:
E buona fortuna.