Nel 1957 Mario Soldati condusse una ricerca lungo l’asta del Po dando vita a un progetto televisivo della Rai che pose le basi per una interpretazione inedita delle culture del cibo. Durante il Viaggio lungo la Valle del Po, alla ricerca dei cibi genuini, volto a documentare e a interpretare l’eccellenza di un’alimentazione tradizionale che si andava modernizzando e industrializzando, raggiunse Ponti dove filmò il polentone e con attenzione folklorica mise in luce la tradizione festiva che in passato avveniva in febbraio e che più recentemente si ripete annualmente la prima domenica di marzo.
Tutti i polentoni della valle Bormida delimitano il tempo della rinascita della natura dopo il lungo sonno invernale. Ma a Ponti, invece della carne del maiale come contorno, la polenta è associata al merluzzo e sembra indicarci un ulteriore rovesciamento carnevalesco dovuto alla gastronomica scelta del magro. Una straordinaria descrizione della festa che risale ai primi decenni del Novecento è parte dell’Archivio dello studioso cuneese Carlo Euclide Milano pubblicata da Agostino Borra (2005).
Un anonimo informatore in tre pagine manoscritte così sintetizza Il Polentone di Ponti: «Già da parecchio tempo e da molti sentii parlare d’una gran polenta che si fa in Ponti (paese non molto lungi da Acqui), nell’ultimo venerdì di Carnevale, decantandolo come un polentone fenomenale… perciò volli assistere alla cottura di questa polenta e dovetti persuadermi che tutto quanto m’era stato detto corrispondeva alla verità. Questa polenta viene distribuita gratis a chiunque accorra alla festa.
Già fin dal mercoledì o giovedì grasso diverse bande di Pontesi trasformati in calderai, scorazzano da un cascinale all’altro, da ogni casa, da ogni negozio, a raccogliere farina, vino, uova, merluzzo, acciughe, cipolle, tonno e olio in grande quantità.
Il giorno della festa arrivano i forestieri, ne arrivano da tutti i paesi circonvicini. Alle ore tredici del venerdì i calderai, trasformatisi in cuochi, salgono su unpalco tutto imbandierato, sul quale da una parte trovasi la caldaia per la polenta e dall’altra una gran padella per fare la frittata.Accesi i fuochi nei focolari, versati i 300 litri d’acqua nella pentola con 200 kg. di farina, i dieci cuochi tramenano la polenta con poderosi matterelli, mentre altri preparano la frittata di 400 uova ed il merluzzo. Quando la polenta è cotta si provvede al rovesciamento della caldaia. Il momento è solenne. Uno di essi grida: “Uno, due, tre!”. Al tre la gran caldaia viene rovesciata ed un ammasso di 500 kg. di polenta scende sul disco di legno, si allarga tutta fumante come lava ardente.
Un grido di: “Evviva la polenta!” echeggia per ogni dove. Al momento della distribuzione quella gran massa di popolo, come veri affamati, si accalca, alzando centinaia di piatti e gridando: “A me, a me!” con grande entusiasmo… In breve tempo tutto sparisce e forestieri e paesani prendono d’assalto le osterie, dando più consistenza alla festa…». Interessante risulta il commento manoscritto di Euclide Milano, al termine della descrizione dell’informatore, sullo stesso foglio: «A spiegare l’origine di questa tradizione dicono che v’era un marchese del luogo che distribuiva nel giovedì grasso del pane al popolo, gettandoglielo dalla finestra, ma condendolo con risa di scherno, onde il popolo inventò la polenta ecc… per mostrare che sapeva far da sé».*
Altra leggenda si raccoglie oggi a Ponti: nel 1571 il marchese del Carretto chiese a calderai itineranti di stagnare un grande paiolo e li ricompensò con polenta accompagnata da frittata di cipolle e merluzzo. Un mito delle origini che attiene a un sapere orale e gestuale carnevalesco.
Per saperne di più
Milano Euclide (2005), Raggi di sole.
Feste popolari sacre e profane della provincia di Cuneo.
Materiali e appunti di ricerca, a cura di Agostino Borra, Cuneo, Società per gli Studi storici, Archeologici ed Artistici della Provincia di Cuneo.