Accanto a lapidi e monumenti bene in vista in vie e piazze della città che testimoniano eventi importanti, esistono frammenti di storia minore che incuriosiscono proprio per la loro ermeticità. Per scovarne uno, basta oltrepassare l’ingresso del civico n. 5 di via Roero, proprio di fronte al “Cafelait”.
In quel punto della strada l’uniformità architettonica degli edifici per lo più ottocenteschi convive con due estremi: una torre tardo duecentesca e un condominio dei primi Anni ‘60. Superato l’androne del palazzo ci si trova nel cortiletto con garage, balconi, ringhiere, tende di plastica e panni stesi. Di fronte, una parete di mattoni in cui è incastonata una piccola lapide in pietra arenaria di età medioevale.
I segni del tempo non ne permettono una completa leggibilità, tuttavia è ben evidente uno scudo di forma sannitica, tripartito, contornato da un’iscrizione della quale sono leggibili soltanto le parole che fanno riferimento a un non meglio identificato Giovanni Bartolomeo Scatia (probabilmente un cognome riconducibile all’attuale Scassa). Nelle partizioni compare l’arma dei Roero a destra (le tre ruote), mentre a sinistra i due stemmi (quello in alto illeggibile e quello sotto a strisce diagonali) non sono identificabili.
Sul cortile si affacciano una finestra murata con bifore e si scorge la torre ottagonale attigua al palazzo De Regibus, che dominava l’isolato tra via Asinari e via Roero: un consortium chiuso purtroppo intaccato dalle “invasioni barbariche” dell’edilizia Anni ’60 con tapparelle e paramano.
Spicca la particolarità della torre su via Roero, unico esempio astigiano di torre a pianta ottagonale. Perché allora una lapide con uno stemma dei Roero tra le proprietà dei De Regibus? Difficile stabilirlo con certezza, ma i documenti informano che i De Regibus e i Roero avevano una torre in comunione.
Le citazioni di personaggi in un testamento del 1311 farebbero inoltre pensare a un legame di tipo parentale tra le due famiglie astigiane. Lo stemma a scacchi dei De Regibus (famiglia all’epoca dedita al prestito di denaro e anche all’usura) si vede ancora oggi sopra il portone in quello slargo del corso Alfieri.
Ben più copiose, invece, le testimonianze dell’arma dei Roero, famiglia non nobile di stirpe, ma di mercanti arricchiti che entrarono nell’aristocrazia cittadina acquisendo prestigiose proprietà e adottando un blasone con le tre ruote per rafforzare il proprio prestigio sociale.