I sanguinosi fatti di Parigi, con l’attacco terrorista islamico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, hanno sconvolto l’opinione pubblica mondiale e fatto scendere in piazza milioni di persone. “Je suis Charlie” è diventato il motto di questa sollevazione delle coscienze.
C’è in Monferrato una lapide che racconta una storia lontana, ma per certi versi collegabile a ciò che è successo a Parigi sotto i riflettori mediatici del mondo. È una piccola storia nella grande tragedia della Seconda Guerra mondiale che ha per protagonista un monferrino ai più sconosciuto: Francesco Besso, sergente nel Regio Esercito italiano. La sua vicenda è sintetizzata in una lapide incastonata sulla facciata della scuola media di Vignale, a lui intitolata, e gli è valsa la medaglia d’oro al valor militare alla memoria.
Besso era di origini contadine. La sua famiglia era di Vignale Monferrato, nel 1921 si trasferì a Milano. Allo scoppio della seconda guerra mondiale fu richiamato alle armi e mandato nell’Egeo, a Rodi, come sergente del 27° raggruppamento di Artiglieria. Gli italiani durante il conflitto occuparono centinaia di isole greche in coabitazione, non sempre facile, con i tedeschi.
All’armistizio dell’8 settembre 1943, molti reparti senza più ordini precisi e nella confusione dei comandi superiori, si rifiutarono di cedere le armi agli ex alleati nazisti. Nacque una prima forma di resistenza che portò, nel caso più noto ed eclatante, all’eccidio della divisione “Acqui” a Cefalonia. Anche sulle altre isole si combatté: numerosi italiani morirono, la maggior parte fu fatta prigioniera per essere destinata ai campi in Germania, dove il governo fascista della Repubblica di Salò, tentò, con scarsissima adesione, di ricostituire reparti combattenti a fianco dei tedeschi.
Francesco Besso fu rinchiuso con altri commilitoni in un campo di internamento dell’isola, in attesa del trasferimento. Besso amava disegnare e con i pochi mezzi a disposizione, qualche matita e alcuni fogli di carta iniziò a disegnare vignette satiriche che circolavano per il campo e che prendevano in giro Hitler e Mussolini. Quei fogli di carta erano “pericolosi” e sovversivi. I tedeschi li sequestrarono e grazie a una spia ne individuarono l’autore.
Il sito dell’Anpi, Associazione nazionale partigiani, dedica a Besso una pagina che sintetizza la vicenda e la figura del sergente umorista: «Besso fu processato e condannato a morte. Neppure prima dell’esecuzione il suo sarcasmo venne meno. Alla richiesta se volesse esprimere un ultimo desiderio, si racconta che quel mattino del 27 febbraio 1945 abbia risposto: “Certo, vorrei che mi faceste vedere un po’ di pane”».
Questa la motivazione della Medaglia d’oro alla memoria di Francesco Besso, impressa sulla lapide: «Alla data dell’armistizio dell’8 settembre 1943, dopo avere strenuamente combattuto contro i tedeschi, cadeva prigioniero del nemico. Malgrado promesse e minacce rifiutava sdegnosamente di collaborare con l’avversario ed esortava i suoi compagni a sopportare gli stenti e le privazioni della prigionia. Sfruttando le sue capacità artistiche di disegnatore, faceva propaganda antitedesca con disegni caricaturali che mettevano in ridicolo capi e forze armate nazifasciste. Scoperto per vile delazione, veniva processato per disfattismo e condannato a morte. Dinanzi al plotone di esecuzione dileggiava ancora il nemico e con il sorriso sulle labbra, al grido di “Viva l’Italia!” cadeva fulminato. Il suo fiero contegno suscitava l’ammirazione dei suoi stessi carnefici».
Ai ragazzi delle Medie che frequentano ogni giorno la scuola, accanto al bel Palazzo Callori, avranno spiegato che Vignale può essere molto più vicina a Parigi di quanto appaia sulla carta geografica?