Si muovono a loro agio nei pochi metri quadri della bottega. Chi taglia, chi scrive, chi parla, chi ride. Lavorano senza quasi sfiorarsi. L’occhio attento nota che tutti, nel loro fare, adoperano soprattutto la mano sinistra. Cinque sono e tutti e cinque mancini: Lauro, Marina, Giulia, Stefano e Anna. Papà, mamma e tre figli di 20, 17 e 11 anni. Sono i Micco, famiglia di macellai di Moncalvo. Da oltre un secolo la bottega respira la storica piazza Garibaldi, col suo selciato di porfido che negli anni ha ascoltato l’andirivieni di migliaia di carrozze, volti, parole. Era già una macelleria all’inizio del Novecento. Dietro il bancone all’epoca c’era il bel fare di Leonardo Prosio, papà di Giancarlo e del giornalista Giuseppe. Un bel fare non solo con i clienti, ma anche con gli animali. Lo ricorda un attestato di benemerenza conferito dalla Società torinese protettrice degli animali che, negli anni 30, elogiava il macellaio Prosio per la sua stalla ben tenuta e per la sua umanità nell’allevare buoi, mucche e vitelli. Quell’attestato è oggi appeso nella macelleria Micco. Lauro lo mostra con un certo orgoglio. Da allora la filosofia non è cambiata. Appeso accanto c’è un diploma del 10 dicembre 1931 con un premio conferito a Prosio alla Fiera del bue grasso di Moncalvo per quattro vitelli nostrani. Tutt’intorno altri diplomi molto più recenti, tutti premi vinti da Lauro. Il più “antico” è del 15 dicembre 1983. Trent’anni fa il giovane Lauro vinse il primo premio della Fiera con il bue Evaristo. Il primo di una lunga serie. Aveva rilevato la macelleria l’anno prima, il 1982.
Era maggio e Lauro aveva appena 22 anni. C’erano voluti otto mesi per giungere a quella decisione importante, che avrebbe scelto il corso di una vita. E tutto successe così in fretta: il macellaio Lorenzo Merlo, torinese che aveva rilevato nel 1977 l’attività da Prosio, si ammalò improvvisamente di tumore. La morte lo colse sul farsi dell’autunno. In bottega rimase la vedova con quel garzone magro e intelligente che era il giovane Lauro. «Mi ero appena licenziato dalla macelleria – racconta Micco – e dovevo partire per fare la stagione in un ristorante del Sassello, dove mi pagavano bene. Quando morì Merlo non mi sono sentito di lasciare sola sua moglie e così ancora oggi sono qui». Il giovane Lauro inizia con il fratello Paolo, appena diplomato alla scuola alberghiera di Stresa. Paolo lascerà poi la macelleria per dedicarsi alle sue due passioni: le trifole e l’agricoltura. Dal 1989, in bottega, c’è un “lavorante”, Carlo. Oggi è parte della famiglia. «Col passare degli anni – racconta Micco – ci siamo dovuti adattare ai cambiamenti. All’inizio vendevo solo carne bovina. Il giovedì, giorno di mercato, non bastava mai. Oggi il consumo di carne si è ridotto ed è cresciuta la richiesta di carne di maiale». Lo specialista dei salami, però, è Micco junior. Un’arte che Stefano, 17 anni compiuti il 4 dicembre, sta imparando da un maestro del Monferrato, Luigi Farotto, 73 anni, di Cioccaro di Penango, grande artista nel fare i salumi. Stefano firma già un salame cotto e cotechini molto ricercati. Non mancano mai sulla tavola dell’ex calciatore juventino Roberto Bettega. Papà Lauro si dedica con più passione alla sua stalla: sono 120 capi e quattro giganti bianchi, che Micco cresce con il buriun ovvero un ricco impasto di fave, orzo, mais. «Ho cercato buoi in capo al mondo ma i migliori li ho trovati nel mio Monferrato» rivela Micco. Sono i giganti bianchi allevati per passione nella vicina Penango nelle stalle di Bruno Cabiale, Bruno Farotto, Mauro Biletta, tutti piccoli allevatori. Il mestiere, Lauro, l’ha imparato da papà Carlo: «Da piccolo andavo con lui a far partorire le mucche.
Mi ha trasmesso arte e passione». A raffinare la sua professionalità fu Arturo Anselmo, un moncalvese conosciuto in tutto il Nord Italia quale sagace commerciante e mediatore di bestiame. Ora la famiglia Micco guarda al futuro. In bottega rimarrà di sicuro Stefano. La primogenita Giulia, «ragioniera solo per sei mesi», sogna di aprire un laboratorio di gastronomia per preparare agnolotti, rolate, tasche, involti, sughi. Anna, 11 anni, è la più piccola di casa Micco. Si è appena guadagnata il terzo posto al concorso internazionale di danza classica di Milano e da grande vorrebbe fare la ballerina. Quando capita aiuta mamma e papà in bottega. Sguardo intelligente e fare brillante, ai clienti svela: «Ma lo sai che il mio papà vuole così bene ai suoi buoi che gli dà i tajarin e il vino?». E se doveva rimanere un segreto, ora non lo è più.