Voci basse, una risata, nell’aria un profumo sottile di acqua di colonia. Essere una donna ed entrare nella bottega di “Pippo Parrucchiere dal 1954”, mette persino un po’ di “gena”.
Mi guardo intorno e mi aspetto di trovare un calendario come se ne vedevano un tempo dai barbieri o dai gommisti e dagli elettrauto. E invece no. Uno sguardo furtivo sul tavolino dei giornali. Invece delle riviste con foto ammiccanti, qualche quotidiano, settimanali e anche Astigiani.
Qui sono tutti uomini. I cinque “barbieri” si muovono leggeri in pochi metri quadri. A guardarli si capisce che ognuno conosce bene la sua parte e la interpreta al meglio.
Gli altri, i clienti, siedono su grandi poltrone rosse d’epoca. Sul bracciolo di destra hanno il posacenere, memoria di altri tempi quando ancora dal barbiere e nei locali pubblici si fumava.
Siamo in via Massimo d’Azeglio, ad Asti a pochi passi dalla Torre Troyana. «A fine anno saranno 65 anni di attività» riflette Nino, fermando per un momento la mano e il rasoio. Lui e il fratello più giovane Gianni sono i figli di Pippo Costa, il fondatore. L’aveva aperta lui, quella bottega, proprio nel 1954 come ricorda l’insegna. Uomo allegro, dalla battuta sagace, scherzava e si infervorava parlando di politica. Arrivava dal Sud.
Era nato nel 1915 a San Gregorio, comune in provincia di Catania. Lì aveva imparato il mestiere partendo da giovane di bottega e dopo un peregrinare che lo portò prima in Africa, poi a Genova, arrivò a metà Anni 50 ad Asti convinto da un cugino che lavorava alle Poste.
«Siamo sempre stati in questa via, anche se abbiamo cambiato tre locali. Siamo qui all’angolo con via Antica Zecca da dicembre del 1985» racconta Nino.
In quei tre negozi di via Massimo d’Azeglio sono passati gli anni e tanti uomini astigiani. Nino mostra un pizzino su cui si è appuntato un elenco di nomi di astigiani conosciuti per non dimenticarne neppure uno: Giacinto Grassi, Italico Sarzanini, Vittorio Marchisio, Ernesto Cavallero, il prof. Teodoro, Piero Mentigassa, Claudio Giovannone, Paolo De Benedetti, le tre generazioni dei Dapino, Giovanni Bosia, l’avvocato Baudoin,
l’antropologo Gian Luigi Bravo, i fratelli Paolo e Giorgio Conte, Aldo Cerot Marello, Giulio Morra.


Un osservatorio usato da molti sindaci per sondare gli umori della città
E anche molti sindaci di Asti che seduti su quelle poltrone, venivano anche a sapere gli umori della città: Felice Platone, Marchia, Vigna, Pasta, Bianchino, Voglino, Galvagno. E Pippo non gliele mandava a dire: se aveva una critica da fare, col suo rasoio in mano, apriva la discussione anche con l’uomo più importante della città.
Il capostipite è scomparso nel 1996, a 80 anni. «Ha lavorato fino alla fine e aveva ancora dei clienti che volevano solo lui» ricordano i figli. Andavano da Pippo anche le sorelle Jona, insegnanti, vittime durante il fascismo delle persecuzioni razziali, che
volevano un taglio maschile alle loro capigliature.
Sarebbero tanti gli episodi da ricordare. Su tutti a Nino vengono alla mente quelli più buffi: «Negli anni in cui andavano di moda i loden verdi, molti nostri clienti li avevano ed era ogni volta uno scambiarsi il cappotto! Li inseguivamo fuori dal negozio per rimettere le cose a posto».
Se un tempo la bottega del barbiere era il posto dove le notizie arrivavano prima che sul giornale, oggi non è più così: «Internet va più forte anche del barbiere! – conferma Nino – E poi tutti hanno fretta: arrivano, tagliano e via. Una volta si fermavano di più. D’altronde è cambiato anche il modo di lavorare: la macchinetta elettronica è più precisa e ci impieghi meno. Ma c’è ancora chi ti chiede di usare il pettine e le forbici e non mancano i cultori che vengono a farsi la barba con pennello, rasoio e sapone come
una volta».
E poi «negli Anni 70 si usavano i capelli lunghi che richiedevano maggior cura. Oggi i tagli di capelli corti sono più pratici, ma è tornata di moda la barba che ha bisogno di grande cura per non sembrare incolta. A volte capita anche che ci chiedano delle cose particolari, come chi ci mostra le foto degli attori e vuole diventare così con il taglio dei capelli – ride Nino. Si entra belli e si esce bellissimi, era lo slogan di nostro papà e noi lo usiamo ancora oggi».
Una cosa non è cambiata dai tempi di Pippo: «Il parrucchiere era ed è prima di tutto un amico e un confidente». Segreti del mestiere che Nino e Gianni cercano di trasmettere alla nuova generazione che porterà avanti la bottega di famiglia. Accanto a loro lavora la terza generazione di coiffeur da uomo: Manuel, 23 anni, e Nicolò, 25, figli di Nino, e il cugino Mattia, 26, figlio di Gianni.
“Al cliente porta rispetto: chi ti dà il pane” diceva nonno Pippo. E ora Nino e Gianni
lo dicono ai loro figli: «Siate onesti, educati, rispettosi del cliente». Così come i due figli di Pippo, anche la nuova generazione sta imparando il mestiere dai papà: «Venivamo in bottega a fare i compiti finita la scuola e in estate ci “assumevano” come garzoni. Abbiamo fatto l’Agraria, ma anche tanti corsi per acconciatori. Ci piace questo lavoro. è una passione di famiglia».
E qual è il segreto per andare d’accordo? «Ci rispettiamo e ci compensiamo. Ogni cliente ha le sue preferenze: il parrucchiere è una cosa personale e i nostri clienti si devono trovare bene. Da noi hanno la scelta».

La teca dei ricordi con i calendarietti profumati
La passione per il taglio non è la sola che accomuna la famiglia Costa: tutti amano
la musica e sono musicisti. Manuel suona la batteria, Nicolò la chitarra. Hanno fondato la band i Rubin Red. «La musica è l’altra passione ereditata da papà» confermano. Dei tempi di nonno Pippo restano i ricordi e una teca con antichi oggetti da barbiere: rasoi, spazzole, boccette di colonia, agende, premi, le vecchie tabelle con le tariffe. Uno su
tutti colpisce per la sua bellezza: è un calendarietto piccino, del 1959, con la scritta «Richiamo del mare» e disegnate alcune donne in costumi da bagno che, all’epoca, dovevano essere osé.
Erano i calendarietti profumati che i barbieri del tempo omaggiavano ai clienti. I nipoti conservano tutto gelosamente, oggetti e ricordi. E l’insegna della bottega dove «si entra belli e si esce bellissimi» continuerà a scrivere un pezzo di storia della città.