Il ricordo delle alluvioni è presente anche sulle lapidi. Il Tanaro, il Borbore, il Belbo amici-nemici, nel tempo hanno spesso sfamato, ma anche più volte castigato la gente di queste terre. Memorabili, ad esempio, furono alcune inondazioni della seconda metà del ’700, testimoniate dalle cronache dell’abate Incisa, ma è memoria ancora recente l’alluvione che colpì l’Astigiano il 4 settembre 1948. Allora fu il Borbore a causare morti e danni.
Forti e incessanti piogge per giorni e giorni causarono l’ingrossarsi dei corsi d’acqua: sul Borbore una massa di detriti si formò sotto il ponte della ferrovia Asti-Chivasso nei pressi dell’attuale piscina Asti Lido. La forte spinta della piena abbattè il ponte, ruppe gli argini e un’enorme massa d’acqua si riversò nella zona sud ovest della città. Furono inondati gli orti e le case dietro corso Torino e al cimitero l’acqua raggiunse m. 3,70 d’altezza, come i muri di qualche tomba testimoniano ancora oggi. L’onda arrivò di colpo anche a San Rocco e invase le cascine e gli orti intorno alla Madonna del Portone. L’acqua allagò anche piazza Amendola (piazza Alba), dove arrivò a m. 2,35. Le case popolari di via Grassi furono sommerse fino a m. 2,70. Il sottopassaggio dell’allora corso Stazione (oggi corso Gramsci) fu il punto più basso e l’acqua lo inghiottì completamente, invadendo anche la ferrovia e trascinando via binari e vagoni. Un vagone rimase in bilico sui resti del muro di sostegno del corso, di fronte a via San Francesco. In corso Industria (ora corso Matteotti) e in tutte le vie trasversali, fino a via Brofferio, leggermente più in alto, l’acqua si fermò a m. 1,65.
In via Cavour: al Caffè d’Italia il livello si registrò a m. 1,70, alla farmacia Moderna d’angolo con via Brofferio l’acqua arrivò m. 1,60, per fermarsi poi ai piedi della salita antistante il giardinetto della chiesa di San Paolo. La stazione, piazza Marconi e l’allora piazza Emanuele Filiberto furono sommerse da 1,80 metri e in tutta la zona a est, compresi l’allora mattatoio di piazza Leonardo da Vinci, andò sotto a m. 1,75, arrivando anche alla Vetreria e alla Way Assauto. L’alluvione devastò anche i tanti orti e per 60 cm. le allora poche case della zona di corso Savona. L’acqua del Borbore non riuscì a confluire nel Tanaro in piena e “tornò indietro” verso la città. Quel 4 settembre la forza e l’impeto dell’acqua “svuotò” negozi e cantine. Per le vie e le piazze galleggiava di tutto. In via Brofferio c’è chi vide passare un mastello di legno a pelo d’acqua. Dentro c’era “la Pavona” (qualcuno dice che passò aggrappata a un trave), uno dei personaggi più caratteristici della città, cui era crollata addosso la casa di via Grassi. L’alluvione del ’48 colpì anche Nizza, Canelli e tutta la zona del Belbo: causò danni calcolati a suo tempo in sei miliardi di lire. Pesante fu il bilancio: oltre duemila case allagate, 42 distrutte, 70 inagibili, 90 seriamente danneggiate, 70 con lievi danni (quasi tutte a San Rocco), duecento le famiglie senza tetto.
Le vittime furono 14, sepolte solo dopo alcuni giorni, quando dal cimitero defluirono acqua e fango. Il 9 settembre 15 mila persone parteciparono ai loro funerali solenni in piazza del Duomo, celebrati dal vescovo mons. Rossi. Il comitato di soccorso, con il sindaco Felice Platone, elargì 10 mila lire (circa il salario mensile di un operaio) a 850 famiglie per i primi interventi. Aiuti anche ad artigiani e commercianti e solidarietà da tutto il Piemonte, da Liguria e Lombardia. I senzatetto e gli sfollati trovarono accoglienza nell’ex Casermone di San Rocco, da qualche anno dismesso dai militari, dove già viveva chi aveva perso la casa nei bombardamenti di pochi anni prima.
Fu prezioso l’intervento dei soldati del 21° Fanteria della caserma di corso Alfieri e di altri militari inviati da altre città. Quasi quatto anni dopo, nel febbraio del ’52, l’Amministrazione Comunale decise di ricordare quel tragico evento con nove piccole lapidi di marmo che segnavano il livello raggiunto dall’acqua. Furono cementate sul muro di cinta prima del piazzale del cimitero, in fondo a via Cavour (caffè d’Italia), al sottopassaggio di via al Mulino, in piazza Amendola, in via Grassi, in via Brofferio di fronte a via Solari, dalla farmacia Moderna di via Cavour, nel retro dell’ex peso di piazza del Palio e all’ex mattatoio di piazza da Vinci. Purtroppo, causa i lavori di ristrutturazione edilizia sono state rimosse quella a metà di via Brofferio e quella all’angolo del caffè Italia. Le altre sono oggi quasi illeggibili e meriterebbero, con poca spesa, di essere ripulite. L’altrettanto tragica alluvione del 1994 non ha invece avuto in città alcuna lapide ufficiale per ricordare il livello raggiunto dall’acqua del Tanaro.