Storie intrecciate: il filone toscano e quello partenopeo
All’inizio furono castagnaccio e farinata poi arrivò la pizza. Entrate ormai da decenni nel panorama urbano e nelle abitudini alimentari anche al nord, le pizzerie hanno una storia suggestiva che merita di essere raccontata.
Dici pizza e pensi a Napoli e al mito della prima “Margherita” dedicata nel 1889 alla regina d’Italia con il tricolore nel piatto: bianco mozzarella, rosso pomodoro e verde basilico e origano. Diversamente da quanto si possa immaginare, ad Asti la prima pizza non è stata servita dai napoletani, ma a proporla per primi sono stati i toscani. I partenopei arrivarono qualche anno dopo.
Ci sono state dunque due scuole di pizzaioli a confronto nel conquistare il palato degli astigiani, usando le stesse armi: passione e tenacia. Protagonisti di questo “sbarco al nord” nomi che ritroviamo ancora oggi nelle insegne dei locali. A Gino Pieracci, originario di Staffoli, una frazione di Santa Croce sull’Arno, in provincia di Pisa, va il merito di aver sfornato le prime pizze astigiane.
Sono passati oltre sessant’ anni. Tutto cominciò nel 1953 quando Gino rilevò il negozio che Beppe Biondi aveva aperto da qualche anno in corso Alfieri, all’angolo con via Mameli, dove oggi si trova l’agenzia della Banca Popolare di Novara. Originario di Altopascio, in provincia di Lucca, Biondi serviva d’inverno il castagnaccio e la farinata, d’estate i gelati. Nel 1953 decise di cedere l’attività e la voce arrivò al suocero di Pieracci che era ad Alessandria dal dopoguerra e vendeva anch’egli castagnaccio, farinata e pere madernassa cotte al forno. Il giovane Gino e la moglie Laura Botrini (si erano sposati l’anno prima) dopo essere stati ad Alessandria, lasciarono Staffoli e la segheria dove lui lavorava per trasferirsi ad Asti e rilevare l’attività di Biondi. Il locale aveva tre tavolini quadrati di marmo con bordi di legno: si poteva entrare anche da via Mameli, scendendo un gradino.
Prime pizze al tegamino e la farinata portata agli operai della Waya
Fu qui che i coniugi Pieracci sfornarono le prime pizze. «Le servivamo cotte in un tegamino. Gli astigiani non le conoscevano, ne furono piacevolmente sorpresi – ricorda Laura Botrini. Erano tempi non facili e bisognava darsi da fare. Mio marito portava la farinata calda in bicicletta, con una padella fissata sul portapacchi, agli operai dei turni della Way Assauto».
Qualche anno dopo i Pieracci si trasferirono di qualche decina di metri più giù lungo corso Alfieri. In quel locale più ampio, battezzato Pizzeria Gino, c’era più spazio per i tavoli davanti al bancone piastrellato di bianco e una stanza in più dove si servivano polli arrosto, lasagne, cotolette alla milanese. Crescevano i clienti, soprattutto tra gli studenti.
Il 6 settembre 1966 nuovo trasloco in piazza Statuto con l’insegna rinnovata e toscaneggiate Monna Laura, un omaggio d’amore di Gino alla moglie. Vi lavorava tra gli altri anche Umberto Caturegli, arrivato nel 1960 da Capannoli, in provincia di Lucca. Fu lui, due anni più tardi, nel maggio 1968, a rilevare Monna Laura e a condurla per quasi trent’anni, fino al 1997. Ora si è trasferito a Ceriale, ma non ha perso i contatti con Asti. Il locale è passato di mano ed è ora gestito dai fratelli Nunzio e Maristella Serraino (già al lavoro alla pizzeria Savona) con Beppe, marito di lei, che conduceva invece la pizzeria Leon d’Oro di via Cavour.
Lasciata Monna Laura, i Pieracci tornarono in Toscana al Lido di Camaiore a gestire una pensione che accolse per le ferie molti astigiani e, al rientro, riaprirono un locale in via Pelletta dove servivano pizza al taglio e farinata. Il negozio è gestito dal figlio Roberto. Il mitico Gino è scomparso nel 2004, molti astigiani ancora lo ricordano e gli riconoscono il merito di aver portato la pizza in città, sempre insieme alla moglie Laura Botrini.
Per restare nel filone toscano, va ricordato che Gino Pieracci fece arrivare ad Asti anche il fratello Edo che nel 1967 aprì una pizzeria in via Crispi, all’angolo con corso Dante, molto frequentata soprattutto dagli spettatori del vicino cinema Vittoria. Edo lavorò con la moglie Iva e la figlia Renza fino al 1972, poi tornò a Stoffoli lasciando il locale al suo collaboratore Oriano Soraggi, altro toscano che gestì Da Edo fino alla chiusura a metà degli Anni ’80 e oggi ha un bar a Massarosa, in provincia di Lucca.
Toscana fu anche la pizzeria Da Gianni aperta da Gianni Caturegli (cugino primo di Umberto, scomparso alcuni anni fa) all’angolo tra corso Alfieri e via Carducci. Si trasferì poi sempre in corso Alfieri vicino alla caserma Colli di Felizzano e lasciò poi il posto a un ristorante cinese, tuttora in attività.
Altro filone del ramo toscano dei pizzaioli astigiani si trova sotto le antiche mura, di fronte alla chiesa di Santa Caterina. Qui nel 1991 i coniugi Maria Rosa Innocenti e Moreno Barni, originari di Prato, hanno ribattezzato la pizzeria aperta in origine con il nome Torre Rossa negli Anni ’70 da Pasquale Roccuzzo, con l’esplicito nome di Toscanacci.
Dal paese dei pizzaioli sulla costiera amalfitana al profondo nord astigiano
E veniamo al filone partenopeo. Per la precisione, è più corretto parlare di amalfitani, anziché di napoletani.
I primi pizzaioli di Asti provenienti dal sud Italia sono infatti tutti originari di Tramonti, splendida località in provincia di Salerno, sulla costiera amalfitana, considerato il paese dei pizzaioli. Si calcola che negli anni siano oltre tremila le pizzerie aperte nel mondo da tramontini e loro discendenti.
Proprio da Tramonti, più precisamente dalla frazione Pietre, che aveva lasciato nel 1951 a 16 anni, arrivò ad Asti Pasquale Vitagliano. Dopo aver lavorato in varie località del nord, visitato durante il servizio militare, nel 1961 conobbe a Varallo Sesia la futura moglie Rosa Beltrametti. Vennero a sapere che ad Asti era disponibile un locale. C’è una data precisa: il 23 settembre 1962, al mattino si sposarono e al pomeriggio sfornarono le prime pizze.
Il locale si trovava in corso Alfieri, nel tratto tra piazza Alfieri e piazza Santa Maria Nuova, dove ora c’è la Torrefazione Ponchione. Si chiamò Pizzeria Capri, ma non ci sono legami con la pizzeria aperta da qualche anno con lo stesso nome in corso Savona.
Il 25 febbraio 1964 i Vitagliano si trasferirono nella vicina via Ospedale e aprirono un nuovo locale, ricavato da una vecchia stalla, con l’insegna Pic Nic. «Quando siamo arrivati c’era ancora il fieno per terra – racconta Rosa Beltrametti. Abbiamo dato al locale un nome corto e l’idea era di dare la possibilità alla gente di mangiare quello che voleva, anche solo un toast o un panino, come capitava in un pic nic». La famiglia Vitagliano si era intanto allargata e con essa lo staff del locale: Pasquale infornava le pizze insieme al figlio Beppe, la moglie Rosa era in cucina e l’altro figlio Meo si occupava del servizio ai tavoli.
Con questa “formazione” conosciuta da molti astigiani, il Pic Nic ha continuato la sua attività per molti anni, favorito anche dalla vicinanza con il cinema e teatro Politeama. Attori, cantanti e altri personaggi del mondo dello spettacolo frequentarono la pizzeria senza nemmeno che i proprietari se ne rendessero conto sono venute da noi tante persone conosciute, ma noi non sapevamo chi fossero, ricorda Pasquale Vitagliano. Vittorio Gassman, dopo aver mangiato la pizza con gorgonzola e cipolle, mi ha guardato e chiesto perché, con una pizza così, non fossi andato ad aprire un locale a Roma dove avrei avuto sicuramente maggior successo.
Gli autori di “Piacere Rai Uno”, trasmissione televisiva itinerante lungo la penisola, ad Asti nel gennaio 1990, durante una pausa pranzo furono colpiti dalla figura di Rosa e la vollero sul palcoscenico del Politeama come ospite del gioco telefonico condotto da Toto Cutugno. Mentre il settimanale Oggi del 25 marzo 1988 pubblicava una recensione del Pic Nic inserendola tra le cento migliori pizzerie d’Italia, dal nome del titolare era intanto nata la pizza Pasqualina, versione più larga e sottile, ancora oggi servita come specialità della casa.
Il figlio Beppe dal marzo 2011 ha aperto a Santa Cruz, in California, una pizzeria chiamata Tramonti, in onore del paese di origine della sua famiglia, ma nel locale serve anche specialità piemontesi come la bagna cauda, a ricordo dei suoi anni astigiani. È invece rimasto ad Asti e ancora serve ai tavoli del Pic Nic il fratello Meo, divenuto la memoria storica del locale.
Nel 1991 chiude la caserma e svanisce la clientela dei soldati di leva
Alla fine degli Anni ’60 si era intanto aggregato allo staff anche Gennaro Vitagliano, il fratello di Pasquale, arrivato ad Asti direttamente da Tramonti, che nel 1984 aprì in corso Alfieri, di fronte alla Caserma Colli di Felizzano, la pizzeria Vesuvio.
I militari del 4° Battaglione Fanteria Guastalla e prima di loro i fanti del Reggimento Cremona, hanno frequentato quel locale di fronte alla caserma per decenni. Tutte le pizzerie e anche gli altri ristoranti hanno patito un sensibile calo di clientela quando, nel 1991, fu chiusa la caserma e i militari lasciarono Asti.
Un altro ceppo originario di Tramonti, importante ancora oggi per lo sviluppo della pizza ad Asti, è la famiglia Francese. Alla fine del 1970 i fratelli Beppe e Silvio arrivarono ad Asti per rilevare un locale già chiamato Grotta Azzurra, ispirato all’isola di Capri, che in precedenza si chiamava Trattoria San Secondo. Aveva un arredamento in stile marinaro.
Con loro, dal 1976 lavorano le mogli Giuseppina e Anna e man mano anche i figli Sandra, Loredana, Angelo e Silvio. I fratelli Francese sono stati sicuramente innovativi, servendo ai clienti anche specialità piemontesi: già nel 1972 furono tra i primi a proporre l’abbinamento tra pizza e vino e negli Anni ’80 divenne celebre la loro pizza al tartufo. È del novembre scorso l’adesione al Bagna Cauda Day di Astigiani e il lancio della prima bagna cauda al forno in versione pizza. Il 17 luglio 1996, dopo un restyling, la pizzeria ha assunto l’attuale nome di Ristorante Francese. «Questa scelta non è stato un modo per rinnegare le nostre origini – ricorda Beppe Francese. Abbiamo voluto presentare diversamente il rinnovato stile del locale che non è più soltanto una pizzeria, ma offre un più ampio panorama gastronomico, sempre attento all’origine delle materie prime».
Beppe Francese, che è diventato giornalista pubblicista, ha realizzato anche una Guida delle Pizzerie d’Italia, diffusa in migliaia di copie. Sempre legata alla famiglia Francese, nel 1989 aprì in vicolo Anfossi la pizzeria Vicoletto, al fondo di via Garibaldi. Originariamente Trattoria del Popolo, fu rilevata da Quirino Francese, altro fratello di Beppe e Silvio, che vi lavorò con la moglie Ida. Insieme alla figlia Anna Rita e al genero Beppe si sono poi trasferiti il 30 gennaio 2004 nell’attuale Piola di corso Alessandria, poco dopo l’angolo con corso Casale.
Beppe Francese aprì poi, alla fine degli Anni ’70, davanti alla Caserma Colli di Felizzano, anche la pizzeria Alfieri. Vi lavorò Antonio Amodio, cognato di Silvio Francese, che la cedette ad Antonio Solinelli, e nel 1984 passò a Gennaro Vitagliano, per diventare appunto la pizzeria Vesuvio.
Nasce ad Asti uno dei locali delle prime pizze da asporto
Partendo dalla “scuola” dei Francese altre pizzerie sono state aperte ad Asti da chi aveva imparato il mestiere lavorando con loro. «È stata una scuola di vita e di lavoro: in tanti abbiamo imparato tutto grazie a loro, dal lavoro in cucina, al servizio ai tavoli, oltre, naturalmente, alla preparazione della pizza» commenta Nicola Durante, attuale proprietario della pizzeria Savona, originario di Senise in provincia di Potenza. Era stata aperta nel 1979 da Antonio Amodio, ma l’anno dopo Nicola Durante l’aveva rilevata insieme ai fratelli Pasquale ed Enzo.
Va ai fratelli Durante il merito di avere aperto la prima pizzeria da asporto di Asti, una delle prime in Italia. Nel 1983, gestita da Enzo, diedero vita alla Savona 2 che in via Massimo d’Azeglio sfornava pizze da portare a casa. «Mi era venuta l’idea perché non si riuscivano più a servire contemporaneamente i tavoli e chi voleva la pizza da portare via – ricorda Nicola Durante – Alla Savona 2 siamo arrivati a servire anche quattrocento-cinquecento pizze a sera».
La pizzeria fu ceduta a Beppe Carrer nel 1993 e poi ad Antonio Corritore che la gestì fino a pochi anni fa. L’idea della pizza da asporto si è poi diffusa con la nascita di locali simili e si è evoluta negli anni con la consegna direttamente a domicilio. Il fratello Pasquale Durante aveva invece lavorato alla pizzeria Leon d’Oro di via Cavour, da loro aperta nel 1989, mantenendo il nome dello storico albergo che si trovava di fronte, che diventerà nel 2004 Tartufo d’Oro, di proprietà del trifulau Sandrino Romanelli.
Sempre i fratelli Durante, Enzo e Pasquale, hanno poi aperto nel 1995 la pizzeria al taglio Pizza Go Go di corso Matteotti che si è poi diffusa non solo in altri punti di Asti, ma anche in altre località del Piemonte.
Alcuni locali nati come Pizza Go Go, in corso Matteotti e in piazza San Secondo, nel 2011 hanno cambiato nome in Hasta la Pizza e sono gestiti da Lucia e Valentina Durante, figlie di Enzo, che proseguono così l’attività di famiglia. Nicola Durante si era intanto sposato nel 1981 con l’astigiana Pierfiorenza Cerruti che, insieme ai figli Domenico e Rodolfo, lavora tuttora alla Savona a fianco del marito, preparando lei stessa le pizze. Nicola, artefice della pizzeria ad asporto ad Asti, ha recentemente ideato una nuova formula.
Lo scorso anno ha dato il via alla Savona Mobile, realizzando un forno mobile su camion che può cucinare la pizza durante feste in piazza. Un’idea simile era già stata sperimentata dalla pro loco di Montiglio negli Anni ’80 che serviva la pizza durante la festa patronale di San Lorenzo, cuocendola nel forno a legna della casetta utilizzata al Festival delle Sagre per il coniglio con polenta.
Lo sviluppo delle pizzerie negli anni è stato tumultuoso. Oltre a quelle dei “pionieri” sono da citare la Bella Napoli, aperta negli Anni ’70 in piazza Leonardo da Vinci, e il Brulé in via Gambini, alla fine degli Anni ’80. La pizzeria Tre Re è legata alla storia di Canio Donato Orlando, potentino, arrivato ad Asti nel 1970. Rilevò il bar omonimo in corso Alfieri, di fronte al Liceo Classico. Con la moglie Anna Maria, salernitana, ha trasformato nel 1983 il locale nell’attuale Pizzeria Tre Re. Oggi ci lavora anche il figlio Rocco Felice, nato nel 1982. Ospitato in una casaforte medievale, il locale è stato ristrutturato nel Duemila.
La già citata pizzeria Capri è stata aperta in corso Savona alla fine degli Anni ’80 da Antonio Amodio che aveva intanto lasciato la Savona. Attualmente è gestita da Francesco Denaro. Amodio rilevò anche un locale al Palucco che nel 1994 trasformò nella pizzeria Villa Fernanda, ora gestita da Rosario “Sarino” Ruggiero, noto anche per le sue attività sportive.
Dal 1978 a Portacomaro Stazione c’è la pizzeria Da Silvio, gestita dalla signora Pia Peduto con i figli Jimmy e Mary. L’aveva lanciata con il marito Silvio Muraro, mancato nel 1981. Dopo il loro arrivo dagli Usa ristrutturarono la cascina dove si trova ancora oggi il locale, tra i primi a servire la pizza in formato famiglia.
La pizza è un fenomeno sociale e di costume, capace di modificare le abitudini alimentari degli ultimi cinquant’anni e non va ignorato che molti ristoranti hanno introdotto la pizza nei loro menù per rispondere alla domanda di un piatto “facile” ed economico. Si pensi anche a come la mozzarella, un tempo da noi sconosciuta, sia entrata nelle nostre abitudini alimentari.
Nel frattempo altre tendenze si sono affermate e hanno affiancato la cucina territoriale. Ad Asti, già da trent’anni, si mangia cinese con locali aperti in corso Torino, all’angolo tra via Balbo e via Aliberti, corso Don Minzoni, corso Alfieri, via Monterainero fino al più recente aperto su più piani con vista sulla Torre Rossa.
Ci sono anche esperienze di cucina giapponese sull’onda del successo del sushi (il primo nel 2004 all’angolo tra corso XXV Aprile e corso Torino, dove si trovava l’albergo-ristorante Antico Paradiso) e messicano (il primo in piazza Astesano).
Una grande diffusione hanno avuto i kebab, che hanno debuttato ad Asti nel locale Ali Baba di via Balbo, all’angolo con via Quintino Sella, aperto il giorno di ferragosto del 2004 dal somalo Ali Hared. E sono da registrare anche pizzerie a gestione straniera, con pizzaioli albanesi e rumeni.
Mentre ad Asti si mangia anche la piadina, dal maggio 2011 è attiva la biopizzeria Marjurè di corso Torino. Gestita da piemontesi con esperienze nel torinese, propone pizze vegane e pizze realizzate con farine biologiche o integrali. Condotta da Renata Bertadelo con la famiglia rappresenta una novità per Asti. È quindi un fenomeno in evoluzione che testimonia come la pizza negli anni sia diventato il piatto più diffuso nel mondo.