Oggi pochi trovano il tempo per gli appunti di viaggio per descrivere minuziosamente la visita a una città. Qualche clic con il cellulare o qualche selfie e via! Negli Anni ’30, non erano in molti a viaggiare, ma chi lo faceva aveva più tempo per osservare e annotare le impressioni che suscitavano i monumenti e le cose più rilevanti di un luogo e di una città. Questo è il senso di una decina di pagine di descrizione turistica della città di Asti contenute in una guida redatta nel 1933 a cura di Piero Avezzano e Giorgio Piacenza, stampata dalla Scuola Tipografica San Giuseppe e in vendita a 10 lire. Una pubblicazione sobria, con pochissime immagini, che seguiva evidentemente un format prestabilito e adattabile ad altre realtà, con 196 pagine di informazioni e inserti pubblicitari. La guida, che si potrebbe definire l’antenata delle Pagine Gialle, raccoglieva una serie di annotazioni generali su leggi e regolamenti e poi scendeva nel dettaglio indicando per Asti e tutti i paesi del circondario le principali attività economiche e le organizzazioni sociali, religiose, militari. Uno spaccato di vita che contiene anche, bene in evidenza, le locali gerarchie del regime fascista. La guida di Asti del 1933 è stata affidata da Astigiani a Milena Ercole, giornalista che vive e lavora a Milano, collaboratrice della nostra rivista. Era tra il materiale gelosamente custodito dal padre Marte.
Come leggere questo articolo Queste pagine di Astigiani ripropongono le annotazioni di un ipotetico viaggiatore che arriva ad Asti in treno (visto che allora erano pochissimi i possessori di auto private) a metà degli Anni Trenta, con il gusto e la curiosità di scoprirne storia e monumenti. A Pippo Sacco il compito di annotare le molte mutazioni che il tempo e le scelte degli uomini hanno portato a ciò che è descritto nella Guida di oltre ottanta anni fa. Resta il dubbio sull’autore materiale del testo. Piero Avezzano era un ragioniere commercialista con studi a Torino e Asti in piazza Dante e forse lo era anche il suo socio Piacenza. È probabile che la parte “turistico-storica” della guida, che contiene anche una mappa del centro urbano, una pagina dedicata al Palio e altre ai dintorni della città, sia stata tratta da scritti o dalla diretta collaborazione con Niccola Gabiani, che è indicato tra i dirigenti dell’allora municipio, retto dal podestà Vincenzo Buronzo, come il conservatore della Biblioteca e dell’Archivio Storico, oltre che capo dell’ufficio tecnico. Sorprende il tono descrittivo, molto preciso e per certi versi pignolo. Abbiamo ridotto, solo per ragioni di spazio, la parte di descrizione interna delle chiese, dove vengono indicate anche sculture e quadri allora in esse contenute.
Chi scende alla stazione ferroviaria…
Chi scende dalla stazione ferroviaria (era ancora la vecchia stazione, dove il primo treno giunse il 5 novembre 1849, quella attuale sarà inaugurata il 28 ottobre 1939) trova a pochi passi alla sua destra la Piazza del Mercato (allora Piazza Emanuele Filiberto, dal 1969 piazza Campo del Palio), mirabile nei giorni di mercoledì, popolata da torme di bovini di razza piemontese e nell’epoca della vendemmia coperta ogni giorno da bigonce di uva; di fronte si apre la via Cavour, ampia, ma irregolare, che risente ancora della antica città medioevale specialmente all’altezza di via Brofferio, ove a sinistra, nella casa Bosia, si veggono splendidi residui di ampii finestroni del 1300; notevole a destra la lapide con busto del senatore Isacco Artom.
Un quadro autentico di colore e di vita
Proseguendo si riesce sulla piazza Statuto ove fu costrutto un mercato coperto (una struttura in ferro in stile Liberty, edificata nel 1904 e abbattuto nel 1940); ivi si fa ogni giorno il mercato degli ortaggi che dal punto di vista pittorico presenta al mattino un quadro splendido di colore e di vita. Su questa piazza si erge tuttora parte della torre dei Guttuari del 13.o secolo, e se, svoltando l’angolo di questa torre, si procede per via XX Settembre, a pochi passi si incontra la chiesa di S. Paolo… Poco più oltre, a sinistra, per questa strada che conserva molte tracce di costruzioni antiche, si incontra il palazzo Catena (ora restaurato, è stato per decenni la sede della federazione provinciale del Pci), che presenta tuttora molti segni della antica e severa bellezza, fra cui uno splendido fregio in terracotta. Converrà in questo punto rifare la strada e ritornare in via Cavour per proseguire sotto i portici detti dei Cestai, angusti ed irregolari, ma pieni di movimento, con residui di robuste ed antichissime costruzioni; per essi arriveremo in piazza del Santo o del Palazzo Municipale. Ad oriente si presenta grandiosa ed elegante la facciata della chiesa di S. Secondo, patrono di Asti, la cui armonica e forte architettura primitiva si impone. Bellissimo è il finestrone rotondo centrale; bellissime le cornici in cotto e pietra che coronano l’edificio e contornano le finestre laterali. L’architettura è di stile detto gotico piemontese. Sulla cupola, per tradizione, invece della croce v’è un galletto.
Il palazzo municipale con facciata bizzarra ed elegante
Adiacente alla chiesa è il Palazzo Municipale, con facciata bizzarra ed elegante del secolo decimottavo. Ivi si conservano nell’archivio, fra altro, il codice detto di Malabayla, importantissimo per la storia del Comune Astigiano e per le miniature da cui è illustrato, ed il Codice Catenato in cui contengonsi gli Statuti e le Leggi della antica Asti. Sulla Piazza sorge il Monumento ai Caduti, opera di Gaetano Cellini. (Il monumento, inaugurato il 4 maggio 1930 dal principe Umberto, fu poi trasportato su un pesante carro trainato da buoi sull’attuale piazza 1° Maggio il 10 aprile 1939. La piazza era allora intitolata al 4 Novembre, giorno della vittoria della Prima Guerra Mondiale). Proseguendo per via Cavour si riesce tosto sul corso Alfieri che traversa la città nella sua maggior lunghezza. Volgiamo a destra verso porta Alessandria e giungiamo in piazza Alfieri, ampia e soleggiata e tutta circondata da porticati. Nel centro sorge il monumento eretto con sottoscrizione nazionale a Vittorio Alfieri, opera lodata di Giuseppe Dini (monumento inaugurato il 16 novembre 1862, poi circondato da un’aiuola con inferriata e oggi soprattutto dalle auto in sosta); a sinistra di chi guarda verso mezzodì, nel palazzo Pogliani, ed adiacente ad un balcone dell’Albergo Reale, è una lapide con l’effigie di Giuseppe Garibaldi colla quale si ricorda che l’Eroe da quel balcone nel 1867, arringando il popolo, auspicava a Roma la capitale d’Italia.
In fondo al viale della Vittoria la chiesetta che ricorda la battaglia contro Maramaldo
Il giardino pubblico che è in fondo al porticato Pogliani a fianco dell’edificio detto Alla chiude a mezzodì la piazza. (L’Alla, costruita nel 1840 come foro boario, con due pesi pubblici ai lati verso il centro della piazza, fu demolita nel 1939 e su quell’area nel 1961 venne inaugurato l’attuale Palazzo della Provincia). In questo giardino, ben tenuto, folto di piante è il monumento a Vittorio Emanuele II, a Secondo Boschiero, industriale, pregevole lavoro di Luigi Contratti, al dottor Carlo Mussa, oftalmico insigne e benemerito di Asti, al Barone Artom Alessandro, elettrotecnico, all’Avv. Bocca Giuseppe, Sindaco di Asti, opera di Gaetano Cellini. Dal giardino per il viale detto della Vittoria si riesce procedendo verso levante alla cappella di San Secondo in Vittoria, che fu eretta in ricordo della cacciata di Maramaldo che nel 1526 improvvisamente aveva assalita la città (la chiesetta fu fatta erigere per esaudire un voto fatto da Matteo Prandone, a capo delle truppe astesi. Fu edificata nel 1591 e fu demolita nel 1916 per fare spazio all’espansione della città verso Est), e volgendo di qui al nord dopo breve tratto si giunge a porta Alessandria presso la quale, e verso corso Alfieri, al quale ivi si ritorna, trovasi la importante piccola chiesa di S. Pietro in Conzavia.
La torre Troiana ammirevole e bellissima
Questa chiesa molto antica fu costrutta non più tardi della prima metà del 1400; è di stile gotico con splendide finestre a sesto acuto, ornate internamente ed esternamente da bellissime terre cotte e con una non meno bella cornice in coronamento pure in terracotta. Ma più importante in questa chiesa è l’edificio annesso detto Battistero. È una costruzione elegante, misteriosa e grave, che risale secondo i più al VI secolo; ed è considerato il più notevole monumento di architettura longobarda che resti nel Piemonte. (Nella descrizione dell’interno sono citati anche l’importante paliotto d’altare e altri reperti di epoca romanica, ora conservati nel Museo Lapidario nella cripta di S. Anastasio in corso Alfieri). Ridiscendendo per corso Alfieri, sulla piazza omonima si trova la chiesa di S. Maria Nuova che appartenne ai canonici lateranensi, i quali lo edificarono nel 1591, e, accanto ad essa, il Chiostro già annesso, ed ora ampliato e ridotto ad Ospedale degli Infermi. Anche questa chiesa fu costrutta in origine in istile gotico piemontese. Ivi si trovano raccolti, oggetti d’arte di molto pregio. Si continui per corso Alfieri fino alla piazza omonima e di lì si prosegua infilando la via della Cattedrale (poi divenuta via Cesare Battisti) che diritta si presenta alla destra. La prima piazza che si incontra fu fatta recentemente e dal marchese Luigi Medici del Vascello fu adornata della fontana monumentale, scolpita da Materno Giribaldi (nel 1907 fu abbattuta la chiesa della Piccola Annunziata, verso via Battisti, risistemata la piazza e il 18 ottobre 1908 inaugurata la fontana dedicata all’arrivo dell’acquedotto da Cantarana ad Asti).
Ammirevole è la bellissima torre detta dell’Orologio, una fra le più conservate delle torri medioevali del Piemonte; fu costruita nella seconda metà del secolo decimoterzo dalla nobile famiglia Troia, e perciò fu detta Troiana. Verisimilmente in origine la torre, coronata da merli ghibellini, era scoperta, ed il tetto sarebbesi fatto quando nel 16.o secolo vi fu stabilito l’orologio della città. Proseguendo per via Cattedrale oltre la torre dell’Orologio, se ben si guarda alle case che fiancheggiano, molte se ne rinvengono che presentano segni della loro origine medievale (la zona è stata profondamente mutata da successive nuove costruzioni a cominciare dal Palazzo della Camera di Commercio inaugurato nell’ottobre del 1941 come sede del consiglio delle corporazioni, da quello dell’Istituto Castigliano nel maggio 1959, da altri edifici e dall’apertura di via Martorelli) e si arriva in piazza Vittorio Emanuele detta del Tribunale (la chiesa dell’Annunziata, ridotta poi a magazzino, venne demolita nel 1958 per costruirvi il nuovo palazzo di giustizia, ora sede di uffici comunali).
La maestosità della Cattedrale si impone ma l’interno è stato inconsultamente intonacato
Fermiamoci dove la via Cattedrale è perpendicolarmente tagliata dalla via intitolata al famoso chimico Giobert, gloria astigiana, che primo applicò i trovati della sua scienza all’agricoltura, e svoltiamo a sinistra. A pochi passi, alla nostra destra, incontriamo il palazzo già Della Rovere, ora dell’Opera Pia Milliavacca. È una severa, solida e ben conservata costruzione del secolo 13.o con bellissimi archi ogivali al portone ed alle portine a terreno ed eleganti finestre bifore ai piani superiori. Pochi passi più a sinistra sono altri edifizi medievali già degli Strata, nelle cui facciate appaiono bellissime arcate ogivali in mattoni e tufo alternati di effetto gradevole e severo ad un tempo, mentre sull’angolo a destra della via Giobert con via Carducci una torre mozzata pur essa medievale, che forse fu eretta dai Solari, completa il quadro. Qui converrà ritornare indietro continuando per via Giobert fino all’incontro di via Natta. Attraversata via Cattedrale e fatti una trentina di passi alla destra si incontrerà un bel portale in pietra giallastra di stile rinascimento (Palazzo Faletti), decorato di gustosi candelabri nei pilastri formanti gli stipiti, e di una serie di rosoni nell’arcata a pieno sesto, indi avanti a noi a destra altri avanzi di case forti e nello sfondo in alto le grandiose mura della città che tuttora sfidano i secoli. (Alla cinta muraria di età romana, alla fine del X secolo si aggiunsero le mura di cui si ha ancora traccia dal Bosco dei Partigiani – dove sorgeva il Castel Vecchio – fino a Porta Torino. Nel 1916 le mura vennero “tagliate” in cima a via Giobert per consentire l’espansione della città agli “sbocchi nord” con la successiva realizzazione della piazza dedicata al tenente dei bersaglieri Paolo Lugano, trucidato in Etiopia nel 1937).
Proseguendo per via Natta sempre nella direzione di occidente si presenta, a sinistra, un imponente palazzo già della famiglia Asinari-Verasis di Costigliole (ora ospita l’Istituto di Musica G. Verdi), costrutto nel secolo decimo quarto, adorno di bellissimi e grandiosi finestroni molto originali ed eleganti nella loro severità, e di un portale il cui arco in mattoni e tufo alternati è fra i migliori del genere; nel mezzo e quasi a sfondo del quadro è la torre, ora tronca, che fu dei Natta. Poco oltre questa torre ed alla nostra destra è da osservarsi il bellissimo, grande ed ornato stemma gentilizio della famiglia Pelletta con la data del 1427 (tuttora esistente). Svoltiamo ora a sinistra in via S. Giovanni, in fondo alla quale è la piazza del Duomo. Qui la maestosità della Cattedrale si impone. È un magnifico edificio gotico-piemontese assai ben conservato, la cui costruzione per la massima parte risale agli anni che corrono tra il 1324 ed il 1340 circa; il coro e le due cappelle laterali nello stesso stile della chiesa furono compiute solo nel 1768, impiegandosi buona parte di pietre e mattoni limati della antica chiesa di S. Giuliano che a tal uopo fu demolita. Questa chiesa vasta e grandiosa se non fosse stata inconsultamente intonacata e dipinta men che mediocremente nel 1600, sarebbe forse il più importante monumento gotico piemontese. La facciata, volta a ponente, è di eleganti proporzioni, sobria di decorazioni nella parte superiore, riccamente ornata di modanature e capitelli fregiati ed istoriati di marmo e pietra nella parte inferiore nella quale le tre porte corrispondenti alle tre navate sono fra di loro collegate da un unico e sapiente motivo architettonico severo e leggiadro. Ma è dal lato meridionale che meglio si presenta questo edificio, potendosi da questa parte meglio valutarne la monumentale vastità ed apprezzarne le bellezze architettoniche nella veramente stupenda antiporta di stile gotico ornato, in cui con bellissimo effetto si alternano i mattoni ed il tufo. Su questo lato è pure il campanile anch’esso opera monumentale di architettura lombarda ricostruito nel 1266, come attesta una lapide in esso incastrata…
Una cripta con colonne marmoree, residuo di costruzione romana
Dal chiostro, si passi al Battistero di S. Giovanni, ove anzitutto sono da ammirarsi i resti dell’antico coro della cattedrale, opera insigne di intaglio del 1477 del pavese Baldino de Surso. Rimangono 26 stalli in mezzo ai quali era la cattedra; la specie di attico che ne forma il coronamento fu restaurato ed in qualche parte rifatto ed è vario e riccamente intagliato. Gli scanni sono divisi da grandiose volute a fogliami che salgono dai bracciali al baldacchino con ampia ed elegante curva ed in ogni dorsale è largamente intagliato un santo in nicchia. Questo coro era pure ornato di tarsie di cui non rimangono che le tracce. Sotto questa antichissima chiesetta è una cripta con colonne marmoree, residuo di costruzione romana (La chiesa romanica, a tre navate e con la facciata rivolta a ponente, fu rimaneggiata nel XV secolo e poi in età barocca. Dall’ultimo dopoguerra utilizzata come teatro parrocchiale, dal 2000 sono in corso imponenti lavori che hanno riportato alla luce importanti testimonianze e che stanno portando a compimento il Museo Diocesano, riqualificando tutta l’area compresa tra S. Giovanni e la Cattedrale, con la realizzazione di un giardino tra le due chiese, sopra gli spazi espositivi.).
Dal Battistero, traversando il cortile, si esce all’angolo della facciata verso ovest donde, proseguendo per la via Cardinal Massaia, si incontra a destra il già palazzo Mazzola, ora del Buon Pastore (attualmente sede dell’Archivio Storico Comunale e del Museo del Palio), nel quale sono notevoli due eleganti finestroni in istile rinascimento, e di fronte, in fondo alla breve via, è un fabbricato medioevale con finestre ed altre traccie della sua vetustà; è questo uno degli antichi palazzi Pelletta. Proseguendo a sinistra per via Varrone si ritorna in corso Alfieri, (la guida del 1933 ovviamente non dice nulla della “domus”di epoca romana di via Varrone 30, di cui per caso è riaffiorato un mosaico policromo nel 1984, durante lo scavo di fondazione di un pilastro) proprio di fronte alla torre di S. Secondo, detta anche Torre Rossa o di S. Caterina, la quale è importantissima artisticamente e archeologicamente.
Il platano di Alfieri si eleva altissimo
Essa è un po’ pendente; fino alla metà circa è a 14 lati, poi è rotonda fino alla sommità: in basso è costruzione romana, nel resto è di epoca prossima al mille; è fatta con mattoni e pietra armonicamente e decorativamente disposti, e l’ultimo piano è diviso in otto scompartì da altrettanti cordoni che dal fregio ad archetti che sta alla base del piano, vanno fino alla elegante cornice pure ad archetti; nel muro di ogni scomparto sono altrettanti bellissime finestre. (La parte superiore della torre è del XIII secolo, quando la costruzione romana venne sopraelevata in mattoni e arenaria per essere utilizzata come campanile dell’annessa chiesa romanica, precedente a quella attuale). L’annessa chiesa di S. Catterina fu eretta nel 1773 su disegni di G. B. Ferrogio (non di Juvara, come erroneamente si crede) ed è un grandioso e proporzionato edificio che merita di essere visitato: è di architettura imponente e che nulla ha di quell’artificioso e fantastico che caratterizza l’arte del settecento. Merita anche uno sguardo il portale sul corso Alfieri che dà accesso al convento con una inferriata ricca e bella in ferro battuto che ne chiude la sommità: fu costrutto nel 1735. Se si dà una capata a Porta Torino, ivi si possono vedere gli alti e poderosi bastioni dei Varroni e quelli costrutti dal Podestà Boccafolle. Ritornando in città per corso Alfieri dopo la Torre Rossa, poco più giù si riesce sulla piazza ove sorge il monumento equestre al Re Umberto I, opera di Odoardo Tabacchi (il primo eretto in Italia dopo l’assassinio del re a Monza, inaugurato il 4 ottobre 1903. La piazza, poi intitolata ai martiri risorgimentali fratelli Cairoli, è detta comunemente del cavallo).
Il platano maestoso che si eleva altissimo verso via Umberto I risulta piantato in onore di Vittorio Alfieri in tempi in cui era pericoloso rendergli omaggio (fu messo a dimora nel 1849, nel primo centenario della nascita del trageda). Il palazzo che fa angolo fra la piazza ed il corso è appunto il palazzo Alfieri. A sinistra e volgendo a settentrione verso la Cattedrale, fatti una ventina di passi eccoci in via Carducci, davanti un palazzo medioevale del quattrocento con una ricca ed alta cornice in mattoni ed una serie di splendidi finestroni già bifori contornati da gustose e complesse modanature; è il palazzo dell’antica famiglia Zoia, e dicesi, ma non è provato, che anticamente quivi fosse la sede del Comune. (È del dopoguerra la demolizione delle case tra Palazzo Zoia e piazza Cattedrale e la costruzione del palazzo in paramano che si affaccia su piazza Cattedrale, con due ali in via Borgnini e via Caracciolo). A destra, ritornati in corso Alfieri, è la residua parte del palazzo dei signori di Montafia (in via Mazzini) del secolo 14.o, con quattro finestroni, due intatti al piano superiore e due modificati al primo piano. Poco più oltre, ma dall’altra parte della strada, è l’originalissimo palazzo Malabaila in bellissimo stile del rinascimento (Si tratta di un edificio gotico,“rimodernato” secondo lo stile rinascimentale all’inizio del ’500 con bellissimi elementi decorativi. Le più recenti trasformazioni hanno occultato il bel porticato colonnato nel cortile. I Malabaila, che fin dal sec. XII primeggiarono specialmente in Francia nel commercio e poi nell’attività bancaria, ospitarono in quel palazzo il re di Francia Luigi XII nel 1509. Oggi il palazzo, che è assai degradato, ospita diverse famiglie). È deplorevole che la porta d’ingresso e tutte le altre parti decorative scolpite in arenaria od altra pietra tenera siansi guaste, perché al dire del Brayda sono talmente aggraziate da ricordare i migliori esemplari di monumenti di quell’aureo periodo. La decorazione e la linea architettonica delle finestre superiori sono di una squisita originalità che si rileva malgrado le irreparabili ingiurie del tempo. Ed ora si vada al palazzo Alfieri, donato dal conte Leonetto Ottolenghi al Comune. Come si disse fa angolo colla piazza Umberto. È architettura di Benedetto Alfieri, il quale sistemò l’antichissimo palazzo della cui origine medievale rimangono tracce di un cortile interno. Ivi è nato Vittorio Alfieri e, a quanto dicesi, nella camera al primo piano che fa angolo con la piazza Umberto ed il corso, che si conserva arredata con mobiglia del secolo 18.o. Una lapide incastrata nel muro dietro il letto dice appunto che il 17 gennaio 1749 ivi sarebbe nato il grande italiano, che invece dai registri della parrocchia risulta nato il giorno 16. (Il palazzo, di impianto medioevale, venne ristrutturato nelle forme attuali nel 1738 a opera di Benedetto Alfieri, architetto di Corte e cugino del trageda. Nel 1937 vi si insediò il Centro Nazionale di Studi Alfieriani e nei due anni successivi vennero eseguiti consistenti lavori di sistemazione. Nel 1903 vi si trasferì la Biblioteca Civica “Vittorio Alfieri” – nata nel 1873 nel vicino “Collegio”– che nel 1999 fu ristrutturata ed ampliata su via Goltieri. Segue descrizione del palazzo e delle sale).
Oltre la biblioteca, che è a terreno, si depositano notevoli cimeli di arte romanica (poi al Battistero di San Pietro e ora nel Museo di S. Anastasio) che si rinvennero abbattendo la chiesa di S. Anastasio (demolita nel 1907 per costruire l’edificio scolastico “Dante Alighieri”). Nella biblioteca, ed in apposita sala, si conservano edizioni rare di interesse specialmente cittadino. Il nuovo edificio scolastico che è subito dopo il palazzo Alfieri, racchiude uno dei più importanti monumenti di architettura romanica o longobarda: l’interessantissima cripta detta di S. Anastasio. È una costruzione sotterranea su otto colonne ed archi che sopportano le volte a pieno sesto; i capitelli delle colonne sono varii e diversi nella ornamentazione e nelle dimensioni, come le basi, senza precisa simmetria; nessuna luce penetra dall’esterno, e tuttavia l’ambiente è simpatico e misterioso e ci dà una chiara idea dei primissimi edifici destinati al culto. Negli scavi per le fondazioni del palazzo per le scuole si rinvennero le fondamenta della antichissima chiesa di Sant’Anastasio, fondamenta che si rispettarono e che si veggono uscendo dalla cripta, e si scopersero pure bellissime sculture decorative, sopratutto capitelli di stile lombardo, ed alcuni altri di stile forse più antico, tutti di gran pregio ed assai originali. La chiesa di Sant’Anastasio poi era interamente coperta di buoni affreschi, del principio del 1700, la maggior parte di Federico Bianchi, ed alcuni più delicati e corretti dell’astigiano Giov. Carlo Aliberti; sette fra i meglio conservati, di questi affreschi, due dell’Aliberti e cinque del Bianchi, vennero fatti levare dall’intonaco (ora conservati nel complesso del Battistero di San Pietro).
All’altezza di via Roero si volga lo sguardo ad ammirare la bellissima torre ottagonale
A l’altezza di via Roero si volga lo sguardo ad ammirare la bellissima torre ottagonale, l’unica restante delle tre di cui era munito il palazzo De Regibus. Questa torre non ha più l’altezza originaria, ma conserva tuttora una grande imponenza nella sua grave bellezza. Nella stessa via Roero, poco più oltre a mancina, è la piazza di S. Martino così detta dalla Chiesa che ivi sorge. In essa sono buonissimi affreschi fra cui alcuni dell’Aliberti, e la facciata è decorata di buone statue fra cui quella del titolare scolpita dall’astigiano Francesco Rista nel 1729. Più giù in via Roero, nello stesso isolato della chiesa di S. Martino e di fronte a via Asinari, sono gli stupendi avanzi della torre dei Roero di Monteu. Cinque ordini di finestre bifore formavano questa torre di cui ancora rimane l’adiacente massiccio portone d’accesso, e tre ordini di finestre. Ripigliando da Corso Alfieri, oltrepassato l’isolato delle scuole, da una parte è il palazzo Di-Bellino (Palazzo Mazzetti di Frinco) e da l’altra quello Ottolenghi, già Bestagno. Entrambi sono buoni saggi di architettura del 1700; più sobrio all’esterno il primo, più elegante e bizzarro il secondo. Nell’uno e nell’altro sono bellissimi e ricchi scaloni con ampie sale. In quello Ottolenghi, tenuto con una maggior cura (la guida del 1933 riporta tra le opere del Decennale fascista l’acquisto per 1,5 milioni da parte del Comune di Palazzo Ottolenghi e il suo adattamento a uffici pubblici e galleria d’arte), una raccolta di quadri antichi e moderni; nell’altro è notevole per l’ingegnosità il peristilio, mentre sono splendide le sale con tappezzerie, specchiere, mobili, stucchi dell’epoca così detta di Luigi XV.
Una visita anche alle tombe monumentali
Un’ultima deviazione si faccia per via S. Martino che apresi tosto dopo il palazzo Ottolenghi e scendiamo fino all’incontro di via Sella. Ivi una torre mozzata si presenta a sinistra, ed a destra altra torre mozza con attiguo resto di palazzo medioevale; questo fu dei Roero di Cortanze. La torre ridotta all’altezza dell’attiguo palazzo fa angolo con via Sella e conserva bellissime finestre bifore al piano superiore e finestrine a quello inferiore dalle quali può argomentarsi quanta e quale fosse la bellezza di questa solida costruzione che risale al milleduecento. Dall’altra parte è la torre già della famiglia Ponte, ora, dei Gazelli di Rossana, del cui palazzo ridotto allo stato attuale su disegni di Benedetto Alfieri, fa parte integrante. Un bellissimo atrio, ampio ed elegante, dà accesso allo scalone. In corso Alfieri, ove ritorniamo tosto, prima di arrivare alla prossima piazza Roma vediamo innalzarsi la torre dei Comentini detta volgarmente di S. Bernardino, maestosa torre, fra le meglio conservate di Asti, con merli ghibellini che coronano un fregio in pietra e cotto di bellissimo effetto. (Era annessa al convento di S.Bernardino e alla chiesa che si affacciava sull’attuale piazza. Per effetto dell’editto napoleonico di Saint-Cloud del 1804 il complesso fu ridotto a magazzino, la chiesa riutilizzata come teatro e poi abbattuta a fine ’800).
La piazza Roma si fa notare per gli edifici di costruzione affatto moderna che da tre lati la chiudono. Il palazzo Medici del Vascello (edificato nel 1898, dov’era la chiesa di S. Bernardino, con il gusto dell’architettura in stile medievale), in mattoni e granito, che vorrebbe fare parte integrante colla torre Comentina, il Palazzo Gastaldi (ora sede del Consorzio di tutela dell’Asti), decorosa costruzione su disegno del Geom. Carlo Benzi ed a quello sontuoso e grandioso della Cassa di Risparmio dell’architetto Camillo Riccio. Nel centro della piazza il monumento in marmo e granito donato dal conte Leonetto Ottolenghi ed opera dello scultore Luca Gerosa di Torino. (Monumento e piazza risistemata erano stati inaugurati il 4 maggio 1898). Nel Cimitero, veramente monumentale, specie nella parte nuova, in stile lombardo, eretto su disegno dell’Ing. Annibale Gavazza, oltre l’edificio sono da ammirarsi edicole e monumenti di merito insigne. Fra i migliori monumenti conviene ricordare: quello della famiglia Gastaldi, quello della famiglia Borgnini, quello dell’avvocato Dettoni, quello Ivaldi-Vercelli, tutti dovuti a l’insigne scalpello di Luigi Contratti, del quale sono pure altre opere minori. Di Santo Varni sulla tomba Pogliani è un bell’angelo, di arte un po’ antiquata e fredda, ma tuttavia corretta e severa; del Reduzzi sono tre opere degne di lode tra cui il monumento della famiglia Siravegna. Si fanno altresì notare altri monumenti cospiqui; quello Bocca, quello di Anfossi, quelli delle famiglie Metzger, Dogliotti, Pia, Valpreda, Baudoin, Taricco, ecc., con opere degli artisti Giuseppe Dini, Santino Bianchi, Domenico Carli, Materno Garibaldi, L.Goria, Reatini, Fumagalli ecc., e tutti, colle numerose edìcole – fra cui alcune veramente studiate e di buono stile – o colle pitture decorative, delle quali parecchie lodevoli per colore, composizione e movimento eseguite da Giulio Musso – o con cancelli in ferro battuto, vere opere artistiche di Stefano Fava – contribuiscono alla fastosità ed imponenza della necropoli, e danno un concetto del gusto artistico e della ricchezza dei maggiorenti astigiani.