Bruno Nattino ha 88 anni, un sorriso dolcissimo e una gestualità filosofica con la quale cerca di trasmettermi la difficoltà di rispondere con esattezza alle domande che gli rivolgo, domande che riguardano partite e campionati di quasi settant’anni fa.
Siamo a casa sua, seduti intorno al tavolo, con noi ci sono anche la moglie Marcella e la figlia Barbara (la maggiore, la più piccola si chiama Cristina) e stiamo affrontando un viaggio nel passato al quale tutti partecipiamo appassionatamente, ognuno cercando di
dare il proprio contributo, con l’aiuto di Google e di un mazzo di fotografie in bianco e nero.
Il suo volto esprime la contentezza che gli ha lasciato questa vita vissuta sui campi di calcio e qua e là si illumina di puro entusiasmo quando saltano fuori i nomi delle persone a cui è stato più profondamente legato: su tutti il suo grande Mister, Ferruccio Valcareggi.
Ma andiamo per ordine. Bruno nasce ad Asti il 21 novembre del 1931. Figlio unico, i suoi genitori sono commercianti di generi alimentari, in particolare di pollame; inizialmente
ambulanti, si stabiliranno in seguito al mercato coperto di Asti e apriranno anche un negozio in Corso Ivrea, sotto l’appartamento in cui vivono. Il ragazzo viene iscritto al
collegio della Fulgor. A esser sinceri non dimostra grande passione per lo studio, piuttosto una notevole predisposizione per il pallone, che può sfogare nel campo da calcio di cui il
Collegio dispone e in seguito tra i giovani dell’Asti, dove nella stagione 1947-48 muove i primi passi nella squadra Ragazzi e gioca qualche partita anche nel campionato Riserve.
Nella stagione successiva, in un campionato in cui l’Asti in grave crisi finanziaria si salva dopo un’annata burrascosa, che vede in aprile le dimissioni del presidente Michele Pistone, Bruno fa il suo esordio in serie C l’8 maggio del ’49: Fossanese-Asti 1-0. Con il Cav. Luigi Giraudi come nuovo presidente i biancorossi partono male nel campionato 1949- 50, durante il quale Nattino si alterna tra la prima squadra e la squadra Riserve (dove si toglie la soddisfazione di segnare il gol grazie al quale l’Asti batte la squadra riserve della
Juventus), e finiscono per retrocedere in Promozione in un campionato vinto dal Seregno.
Dopo l’esordio nell’Asti del Dopoguerra il gran salto con il Como in serie A
Bruno comunque colleziona 13 presenze e 2 reti, quella contro la Pro Vercelli definita “una bellissima rete” dal cronista. E soprattutto viene notato. Il 2 agosto 1950 Il Cittadino titola: “Nattino se ne va”.
Scrive l’autore dell’articolo, polemico e non firmato: «Fra alcuni giorni il giovane Nattino se ne va. Parte per Como dove inizierà, coi suoi nuovi compagni di squadra, la vita collegiale di allenamento e di preparazione per il campionato. è per ora l’unica cessione dell’Asti e, trattandosi di un giovane, fisicamente dotato e intelligente, crediamo avrà modo di farsi largo e di ottenere, con volontà e fermezza, le più ambite soddisfazioni. Il ragazzo, a nostro avviso, non è stato compreso dai dirigenti astigiani, i quali lo hanno messo in squadra, lo hanno tolto e messo ancora, poco curandosi della sua preparazione spirituale che ha pure la sua importanza.
Gli osservatori del Como, che l’hanno veduto a Sestri e nell’incontro Asti- Gallarate, hanno cercato di averlo. Egli troverà nel Como tutt’altra scuola e tutt’altro insegnamento. Lo salutiamo con viva cordialità e gli facciamo, anche a nome degli sportivi, i migliori auguri».
La squadra lariana sta disputando i primi campionati di A della sua storia, che si concludono con risultati sorprendenti: all’esordio assoluto, nel 1949-50, si classifica al sesto posto (a pari merito con il nuovo Torino ricostruito dopo la tragedia di Superga), l’anno successivo all’ottavo. È la stagione in cui Bruno si fa le ossa nel campionato Riserve, che corrisponde all’attuale campionato Primavera.
Nella nota che troviamo sul retro della figurina regalata ai bambini dal Caffè Lavazza di Torino (l’album della Panini di Modena arriverà una decina di anni dopo), della serie “Campioni dello sport: Calcio”, l’autorevole giornalista sportivo Bruno Slawitz, direttore del
Guerin Sportivo, lo presenta così: «Molto giovane, il centrattacco Bruno Nattino, nato ad Asti il 21 novembre 1931 e passato al Como nel 1950 dopo esser stato allevato nella squadra dell’Asti. I dirigenti comaschi gli hanno affidato il comando della prima linea delle riserve del Como.

“Una riservetta di qualità”, ha commentato qualcuno vedendolo giocare e ciò è di buon auspicio in quanto “riservetta di qualità” venne a suo tempo definito, dal celebre giornalista
sportivo Bruno Roghi, Giuseppe Meazza esordiente nell’Inter in una partita amichevole giocata a Como quasi un quarto di secolo fa.
Meazza, da quella partita giocata in riva al lago, prese il volo per la sua spettacolosa carriera. Ne seguirà le orme il bravo Nattino?». Il bravo Nattino non diventerà il nuovo
Meazza.
Esordirà in serie A a Ferrara il 30 settembre ‘51, Spal-Como 1-0, e nei due campionati nella massima serie collezionerà in tutto 5 presenze, senza trovare la via del gol. Vivrà comunque l’emozione di respirare l’atmosfera di quei leggendari campionati dei primi Anni Cinquanta, vinti rispettivamente dalla Juventus di Boniperti, Muccinelli e dei tre danesi, John e Karl Hansen e Praest, e dall’Inter di Lorenzi, Skoglund, Nyers e Wilkes. Vedrà da vicino il Milan del Gre-No-Li, il trio svedese formato da Gren, Nordahl e Liedholm, e il Napoli di Jeppson, il centravanti svedese acquistato per una cifra folle dal presidente Achille Lauro.
Vedrà Silvio Piola segnare i suoi ultimi gol con la maglia del Novara. Contribuirà agli sforzi della sua squadra che il primo anno si salverà in maniera onorevole, togliendosi anche
la soddisfazione di battere per 2-0 la Juve campione, il secondo invece retrocederà in B. Soprattutto, imparerà.
Avrà un grande maestro, il centravanti titolare Giuseppe Baldini, detto “Pinella”: di dieci anni più grande, una vecchia volpe dell’area di rigore (è tuttora il quinto marcatore in campionato della squadra blucerchiata e occupa il 52° posto della graduatoria all-time dei marcatori della serie A).
Con Baldini, romagnolo di Russi, Bruno divide l’appartamento sulla riva del lago: da lui impara molto e con lui soprattutto si diverte molto, a giudicare dall’espressione raggiante che sfodera quando lo ricorda. Gli anni di Como sono quelli della formazione, calcistica e
umana: la base da cui partire per una carriera che Bruno ricorda con un’espressione soddisfatta, del tutto aliena da rimpianti: «Mi sono trovato bene ovunque e mi sono divertito molto», dice, e si vede che lo pensa davvero.
Negli anni successivi giocherà nella Biellese in Quarta serie, nel Fanfulla di Lodi e nel Siracusa in serie C (a quei tempi a girone unico), e nella stagione 1956-57 approderà finalmente al Prato, per rimanervi fino alla fine della carriera, nel 1961-62: i sei anni più belli della sua vita.

L’incontro a Prato con l’allenatore Ferruccio Valcareggi
A Prato trova Ferruccio Valcareggi, che sta muovendo i primi passi di una carriera che lo porterà ad allenare Atalanta, Fiorentina e soprattutto la Nazionale: sarà lui a ricostruire la squadra azzurra dopo la sconfitta ai mondiali inglesi del ‘66 contro la Corea del Nord e a portarla alla vittoria agli Europei del ‘68 e al secondo posto ai Mondiali in Messico del ‘70: l’uomo che sedeva in panchina allo Stadio Azteca quando si giocò la partita del secolo, Italia-Germania 4-3!
Di Valcareggi Bruno parla con ammirata commozione, come del più grande allenatore mai incontrato, con il quale stabilisce un rapporto particolarmente intenso anche sul piano umano, «se poteva mi portava a casa sua» dice con grande entusiasmo. Preparatissimo a
livello tattico, Valcareggi intuisce che le caratteristiche di Nattino tutto sommato non sono precisamente quelle dell’attaccante e ne arretra il raggio di azione, facendone un centrocampista libero di muoversi a tutto campo e affidandogli le redini della squadra.
È una vera e propria rinascita per Bruno, che finalmente può sfruttare al meglio il suo dinamismo e il suo innato altruismo: «giocavo per gli altri, facevo fare gol ai compagni»
dice, e mima con le braccia un incessante lavorìo di lotta e di governo che si rivela determinante per la promozione del Prato, che al termine del campionato di serie C 1956-
57 si classifica al primo posto e sale in B.
Seguiranno altre cinque stagioni in serie B con la maglia azzurra dei toscani, con 93 presenze e 5 gol. Il gol più bello però lo realizza in una sala da ballo quando incontra Marcella, che diventerà sua moglie e che adesso con un pizzico di civetteria tira fuori una foto in bianco e nero dove una ragazza di folgorante bellezza sorride indossando un bikini con i volant. Non si lasceranno più.
Poi c’è la seconda parte della sua vita, quella del Bruno Nattino allenatore. Tra il ‘70 e l’83 guida Canelli, Astimacobi, Casale, Acqui, Torretta Santa Caterina e Asti T.S.C.
Nell’evocare le esperienze in panchina Bruno si esprime con minore entusiasmo, si capisce che si divertivadi più a giocare. Ricorda comunque con piacere quasi tutte le stagioni vissute: a Canelli (“avevo una squadra fortissima”), a Casale (“grande società, bellissimo
stadio”), ad Acqui, alla Torretta Santa Caterina che porta in C2 vincendo il campionato di Serie D 1979-80, e all’Asti T.S.C., società nata dalla fusione tra Asti e Torretta.
Alla Torretta incontra il commendator Giuseppe Nosenzo, il presidente che ricorda con maggiore affetto.
L’unica reazione negativa della giornata, una smorfia che evoca momenti spiacevoli, arriva quando gli chiedo di un altro presidente, Bruno Cavallo. Quella volta, stiamo parlando del campionato di Serie D 1971-72, Cavallo gli aveva affidato un’Astimacobi forte e ambiziosa,
che schierava giocatori del calibro di Bertuzzo, Capra, Cappellazzo, Panucci, Trevisani, Zanutto, oltre a un diciottenne di Perugia che da quando ne aveva 14 era cresciuto nel settore giovanile astigiano: Giancarlo Antognoni. Ma i rapporti furono burrascosi fin dall’inizio e si conclusero con l’esonero a sette giornate dalla fine: la squadra fu affidata
a una coppia formata da Gigi Bodi e Nanni Tosetti e la promozione in C sfumò all’ultimo minuto dell’ultima giornata, quando la Cossatese segnò il gol che le permise di superare di un solo punto nella classifica finale i granata astigiani.
Nattino si tolse almeno la soddisfazione di segnalare il talento di Antognoni al suo maestro Valcareggi.

Gli anni del Cocchi l’amicizia con Corosu, il futuro nelle gambe del nipote Tommaso
Alla fine c’è un clima di grande allegria e si parla di amici comuni, perché Bruno è stato anche un “bon vivant” e un assiduo frequentatore del Bar Cocchi dei tempi belli; e sorride felice insieme a Marcella, come a sottintendere “sapessi quante ne abbiamo combinate insieme”, al ricordo del suo grande amico Gigi Corosu che, racconta, accompagnava regolarmente in macchina a Milano dalla sorella Lula quando l’indimenticabile Gigi si ritrovava in bolletta e costretto a battere cassa. (vedi Astigiani 29, settembre 2019).
A mantenere viva la tradizione c’è oggi il nipote Tommaso Plado, classe ‘91, il figlio di Barbara, che disputa il campionato di Eccellenza Regionale con la maglia dell’Alfieri Asti. Bruno cerca di non perdersi una partita.
Mentre usciamo di casa dopo saluti particolarmente affettuosi, lo sento chiedere a Barbara,
già sul pianerottolo: «Dove gioca Tommaso domenica?»









