sabato 27 Luglio, 2024
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La “cattura del Tanaro” cambiò la geografia

Solitamente ai fiumi si attribuisce il nome della sorgente più lontana, nome che mantiene fino alla foce. Da questo punto di vista l’unico dubbio sarebbe se chiamare Negrone o Tanaro il corso d’acqua che va dal Carnino all’Adriatico. E visto che già dalle sue sorgenti il Negrone abdica il suo nome a favore del suo primo affluente, Tanaro sarebbe il nome più appropriato per il fiume più lungo d’Italia.

Solitamente ai fiumi si attribuisce il nome della sorgente più lontana. Ma se le sorgenti del Negrone, principale affluente del Tanaro, sono il punto più distante dal mare, come mai non viene considerato il più lungo d’Italia? Non manca chi vuole rivendicare il primato per il fiume di Asti, che ha anche una storia geologica unica. Nel suo antico percorso il Tanaro raggiungeva Carignano, dove raccoglieva le acque del Po.

Circa 100mila anni fa, lo spartiacque tra Torinese e Astigiano venne eroso e il corso del Tanaro deviò definitivamente verso Ovest. Ma prima ancora, quando non esisteva una pianura che i fiumi potessero solcare, il Piemonte era bagnato da un mare ricco di vita. si interessò della vicenda anche Morris Davis, lo studioso considerato il padre della geografia americana e fondatore del national geographic. nel 1908 guidò un’escursione in Italia, visionando anche vari tratti del Tanaro.

A sinistra, il corso fino a 100mila anni fa; a destra, dopo la “cattura” che lo fece deviare verso Ovest

 

Il corso del fiume è cambiato durante le ere geologiche

Qual è il fiume più lungo d’Italia? Facile domanda, dalla terza elementare in poi abbiamo tutti una risposta sicura: il Po con i suoi 652 chilometri. E come si misura la lunghezza dei fiumi? Logico e intuibile: partendo dalla foce si cerca la sorgente più lontana e se ne misura la distanza. Ultima domanda: partendo dal delta del Po, risalendo la corrente dei corsi d’acqua, qual è il punto più distante dal mare? Risposta: la sorgente fluviale più lontana si trova nei pressi di Punta Marguareis, a 2651 metri, la cima più alta del Monte Carnino nelle Alpi Liguri.

È sulla linea spartiacque tra Liguria e Piemonte. Significa che una goccia di pioggia che cade in quel territorio può dirigersi a seconda del punto di caduta a sud verso il più vicino mar Ligure oppure a nord-est ed è destinata, dopo un lungo viaggio, al mar Adriatico. Così è al passo del Col di Nava dove si scende verso Imperia oppure si va verso il Piemonte lungo, appunto, la valle del Tanaro. Si potrebbe aggiungere che è una zona montana molto bella. Andando a visitarla si rimane sorpresi dalla gran quantità di chiocciole presente nei mesi estivi; tanto da dover fare attenzione a non calpestarle durante le escursioni. È la Helix Pomatia Alpina, varietà di chiocciola autoctona delle Alpi Liguri, resa gastronomicamente celebre dalla “Fiera fredda” di Borgo San Dalmazzo. 

Caratteristica del luogo è la roccia carsica, ricca di grotte e fessure che rende effimeri e misteriosi i corsi d’acqua. Il Negrone, principale torrente della zona, scompare e riappare più volte. Fino a esibirsi in un’ultima spettacolare risorgenza. Dopo essere sparito ai piedi di una cascatella, riappare dopo qualche centinaio di metri, fuoriuscendo da una grotta posta a metà di una parete verticale, nella gola delle Fascette.

Ora lo scopriremo. Il Negrone è un affluente del Tanaro. È il principale apportatore di acqua nella parte alta del suo corso. Il Tanaro nasce ufficialmente dal vicino monte Saccarello (2200 m.) , col nome di Tanarello. Alla confluenza dei due corsi d’acqua ha una portata decisamente inferiore a quella del Negrone, tanto che viene da chiedersi come mai nella sua prosecuzione non venga mantenuto il nome del torrente, invece di prendere quello definitivo di Tanaro. Ma forse perché il Negrone, fin dalla nascita, si caratterizza per una sorta di subalternità. Tant’è che nella sua parte più alta una serie di ramificazioni e confluenze vengono chiamate le Vene del Tanaro.

Se le sorgenti del Negrone sono il punto più distante dal mare, come mai il percorso fluviale che da lì inizia non viene considerato il più lungo d’Italia?  È necessaria una premessa. In tutto il mondo la lunghezza dei fiumi, e di riflesso la loro importanza, viene valutata misurando dalla foce alla sorgente della più lontana ramificazione.  E si considerano affluenti vari per allungare al massimo il percorso. Come è per il Nilo che ha due grandi affluenti, il Nilo Bianco e il Nilo Azzurro. Quest’ultimo contribuisce con un maggior apporto di acqua ma è il Nilo Bianco a essere considerato il “principale” come emissario dal lago Vittoria in Uganda e il lago stesso è alimentato da un immissario, il Kagera, lungo 690 km.

Ragionamento analogo si usa per il Mississippi (Mississippi-Missouri) e per il Rio delle Amazzoni.  La portata non viene considerata, conta di più la lunghezza. Il Po e il Tanaro si incontrano a Bassignana, non lontano da Valenza, dove il fiume prosegue poi decisamente verso est.

Il torrente Negrone fuoriesce da una grotta nella Gola delle Fascette.

Dalla fonte all’Adriatico il Tanaro è lungo 702 km e batte il Po che nasce dal Monviso

Ora va detto che, usando lo stesso criterio, dall’Adriatico alle sorgenti del Negrone-Tanaro ci sono 702 chilometri, contro i 652 della sorgente del Po al Pian del Re sul Monviso. E anche se lo si volesse considerare a partire dalle più lontane sorgenti del suo sistema fluviale (quelle del torrente Maira), il Po raggiunge la lunghezza di “soli” 682 km.

Solitamente ai fiumi si attribuisce il nome della sorgente più lontana, nome che mantiene fino alla foce. Da questo punto di vista l’unico dubbio sarebbe se chiamare Negrone o Tanaro il corso d’acqua che va dal Carnino all’Adriatico. E visto che già dalle sue sorgenti il Negrone abdica il suo nome a favore del suo primo affluente, Tanaro sarebbe il nome più appropriato per il fiume più lungo d’Italia. 

Dal punto di vista chilometrico paiono non esserci dubbi: il sistema fluviale più lungo d’Italia è l’insieme dei corsi Negrone-Tanaro. Dunque il fiume più lungo d’Italia passa anche da Asti. È una rivendicazione fluviale ardita, ma non così assurda.  Una conferma del ruolo dominante del fiume Tanaro la ritroviamo anche nella sua storia geologica.

Un cartello indica l’inizio del Tanaro alla confluenza tra Tanarello e Negrone

Andiamo indietro di 100 mila anni

Fino a 100mila anni fa il Tanaro è stato il principale convogliatore di acque della catena alpina. In età Pliocenica – fino a 2 milioni di anni fa – l’Astigiano e il basso Piemonte ospitavano un ambiente marino di tipo tropicale con acque basse e calde, in cui si depositavano sedimenti sabbiosi giallastri. In tutto il mondo questi depositi ora vengono chiamati “Sabbie Astiane”. 

C’era una ricca fauna marina di cui si conservano numerosi reperti fossili di pesci, conchiglie, alghe e scheletri di delfini e perfino balene. (Si legga a questo proposito l’articolo seguente). Terminato il Pliocene la temperatura globale iniziò ad abbassarsi, causando delle glaciazioni minori, cessate “solo” diecimila anni fa. La linea costiera si allontanò dai piedi della catena alpina via via verso la collocazione attuale, depositando sulle sabbie astiane una coltre di depositi denominata Villafranchiana.

Una volta emersa completamente, è diventata il basamento sul quale hanno iniziato a depositarsi i sedimenti di origine fluviale che oggi compongono la Pianura Padana. 

 

 

William Morris Davis (1850-1934) in un ritratto

 

William Morris Davis seduto a sinistra, durante uno studio sul campo. Padre della geografia americana, si interessò anche alla storia geologica del Tanaro

Nel 1908 il corso del Tanaro fu studiato anche dal fondatore del National Geographic

Nell’Astigiano la sedimentazione è stata in parte controbilanciata da un simultaneo abbassamento del suolo per cause tettoniche, rispetto alle zone dell’Altopiano di Poirino e alle zone pianeggianti più a ovest del Torinese e Cuneese. Nell’evoluzione dei vari corsi d’acqua che scorrono nella Pianura Padana, il Tanaro è quello che ha subìto il cambiamento di percorso più evidente, tanto da diventare uno degli esempi più noti di deviazione fluviale.

Nel suo antico percorso il Tanaro compiva un tragitto sud-nord quasi rettilineo da Ceva a Carignano; lì raccoglieva le acque del Po. I piccoli corsi d’acqua che solcavano l’Astigiano a causa dell’erosione regressiva si allungavano verso monte, finché circa 100mila anni fa la testata di uno di questi ha eroso lo spartiacque del bacino idrografico del Tanaro, fino a intercettarne il corso sottraendone le acque.

È successo all’incirca dove ora sorge Cherasco. Il fenomeno è chiamato “cattura del Tanaro” ed è ben noto ai geologi.  Destò l’interesse anche di William Morris Davis (1850-1934), il padre della geografia americana, studioso di geomorfismi legati al corso dei fiumi e di evoluzione del paesaggio. Fu tra i fondatori dell’Associazione dei Geografi americani, da cui nel 1904 prese vita la rivista National Geographic.

Davis nel 1908, in preparazione del Congresso Geografico Internazionale di Ginevra, guidò un’escursione di studiosi in Italia, che aveva già visitato nel 1899, e andò a visionare anche vari tratti del corso del Tanaro. La cattura del Tanaro è anche frutto del sollevamento delle colline delle Langhe e si è compiuta con la lenta erosione della terra che separava la valle del Tanaro (più alta) e quella che la divideva dalle Langhe (più bassa).

Probabilmente si creò una enorme cascata simile a quella dell’Iguaçu tra Brasile e Argentina. La nuova confluenza col Po si è venuta a trovare circa 100 metri più in basso rispetto alla quota altimetrica dell’antica confluenza di Carignano. Le conseguenze geodinamiche sono state notevoli: il Tanaro ha acquistato grande energia cinetica e maggiore capacità erosiva. Ne sono testimonianza le rocche del Roero e i depositi rocciosi di taglia granulometrica insolitamente grossa (ghiaione) – riscontrabili nel fondovalle astigiano e alessandrino – e la violenza nei fenomeni alluvionali. Geograficamente questa “scorciatoia” fece perdere al Tanaro alcuni affluenti, ne diminuì la portata e ne accorciò il percorso.

Può sembrare una vicenda molto remota, ma la storia dei fiumi va considerata alla luce della cronologia geologica, non umana. Se Tanaro esistesse da ventiquattrore, noi saremmo arrivati dieci secondi fa. Anche alla luce della storia umana comunque, Tanaro ci riserva delle sorprese.

Già per i Romani c’erano l’Eridanus e il Bodincus

Il fiume Po era geograficamente conosciuto già ai tempi dell’antica Grecia con il nome di Eridanós (da cui il latino Eridanus e l’italiano letterario Eridano). All’epoca dei Romani, l’attuale Po veniva chiamato Padus nella sua parte inferiore; nella parte alta invece prendeva il nome di Bodincus. Le sue sorgenti erano considerate in Liguria, dove appunto nasce il Tanaro, non sul Monviso. Il Padus altri non era che il tratto inferiore del Bodincus, ossia del Tanaro. Il nome di Po deriva, quindi, dalla contrazione del latino Padus > Pàus > Pàu > .

Il titolo di fiume più lungo d’Italia è stato forse attribuito in periodi in cui i metodi di misurazione erano molto approssimativi. Si può dire che il Po si è trovato al posto giusto nel momento giusto. Per secoli il Monviso, con il suo stagliarsi nel profilo delle Alpi, è stato considerato il monte più alto; doveva sembrare logico che dal monte più importante nascesse il fiume più importante. Va detto che il Tanaro stesso non aiuta a rivendicare primati; sembra fare di tutto per passare inosservato: è discreto, silenzioso e poco invadente, eccettuate le periodiche inondazioni con cui rivendica il dominio sulla parte più estesa del suo alveo.

Molti altri fiumi – il Tevere a Roma, l’Arno a Firenze e Pisa, l’Adige a Verona – passano nel bel mezzo delle città più importanti dei territori che attraversano, il Tanaro invece passa in disparte alla periferia delle principali città del suo bacino da Alba ad Asti ad Alessandria. In questa sua ritrosia e discrezione si potrebbero ritrovare facilmente tratti del carattere della gente che abita queste terre.

Che cosa si può fare affinché al Tanaro venga riconosciuto il suo primato? Nessuno pretende che la pianura Padana diventi la pianura Tanaria, anche se non manca chi si batte, non senza ironia, per dare al Tanaro quel che è del Tanaro, con buona pace dei più recenti “riti padani” di ispirazione leghista. C’è un movimento culturale che vuole dar vita alla Tanaria, partendo dall’Ormeasco. Sostenere che il fiume più lungo d’Italia passa anche per Asti comunque si può. Già iniziare ad affermarlo può innescare un utile processo virtuoso di orgoglio e riconoscenza e contribuire a vivere, rispettare e preservare il nostro Tanaro 

 

Per saperne di più:

www.astronomia.com/2011/10/10/il-riscatto-del-tanaro/  

www.ecomuseodellerocche.it/rocche_roero.php  

www.scintilena.com/ma-e-davvero-il-po-il-fiume-piu-lungo-ditalia/11/28/ 

www.geronimocarbono.org/la-tanaria/

 

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