Narra Silvio Pellico ne “Le mie prigioni”:
«…partii verso le tre pomeridiane. Avea per compagni di viaggio una signora, un negoziante, un incisore e due giovani pittori, uno de’ quali era sordomuto. Questi pittori venivano da Roma e mi fece piacere l’intendere che conoscessero la famiglia di Maroncelli».
Quei due giovani pittori erano Pietro e Tommaso Ivaldi, nativi di Toleto, frazione di Ponzone, in provincia di Alessandria, da Anna Maria e Giovanni Ivaldi, che abitarono in Asti intorno al 1853 (i Musei Civici di Asti custodiscono il Ritratto di Antonino Faà di Bruno, post 1829). I due fratelli si trasferirono poi ad Acqui Terme, dove Pietro morì il 16 settembre 1885. Il necrologio pubblicato sulla “Gazzetta di Acqui” sintetizza la personalità di Pietro, sordomuto dall’infanzia :…avendo mostrato una grande inclinazione alla pittura, fu mandato a studiare dapprima all’Accademia Albertina e poi a Roma, a Venezia ed a Firenze. Dagli studi fatti ricavò buonissimi frutti: ne sono testimoni gli affreschi bellissimi da lui eseguiti non solo in alcune chiese della nostra città o del circondario, ma anche di altre città del Piemonte come Asti, Casale, Cuneo, Torino e della Liguria quali Savona e Genova. Si recò pure a dipingere in Francia…
Il giovane Pietro intuisce la potenzialità espressiva dell’arte per superare la difficoltà di relazione con gli altri, per comunicare la complessità emotiva del proprio animo: disegno e pittura sostituiscono la parola. Il tacito linguaggio dei segni esprime la profondità della sua visione del mondo. Aveva frequentato le scuole per sordomuti fondate da G.B. Assarotti a inizio Ottocento, in Liguria e Piemonte. L’approfondimento dell’iconografia sacra rinascimentale consolida nella composizione di Pietro la struttura tecnica dell’affresco devozionale, costruito su solidi canoni architettonici e naturalistici, alimentato da un sottile ritmo gestuale, ricco di forza e naturalezza visiva, in cui fede e preghiera si fondono con la quotidianità della vita terrena. Di particolare intensità sono gli autoritratti di Pietro e Tommaso, cesellati in basso a destra, nell’affresco della Chiesa parrocchiale SS. Vittore e Corona a Borgo Madonna di Incisa Scapaccino, eseguito nel 1857 con il consueto concertato di cartoni preparatori, dedicati al motivo dei dannati avvolti dalle fiamme o anime espianti in ascesa verso la Beata Vergine con Bambino, tra angeli dalle grandi ali e ariosi panneggi.
Le braccia incrociate sul petto, a significare “amore”, mani giunte verso l’alto a simboleggiare “chiesa”, evidenziano la simbiosi creativa di Pietro con il fratello Tommaso, che lo ha sempre assistito nei contratti con prelati e aristocratici che apprezzavano le loro fatiche pittoriche per modicità di costo e rapidità di esecuzione. Alla mostra “Arte sacra. Opere da collezioni pubbliche e private” (aprile-giugno 2017), promossa in Asti dalla Fondazione Eugenio Guglielminetti, seguirà nell’autunno 2017 il convegno “La pittura di Pietro Ivaldi”, in collaborazione con Palazzo Mazzetti e Fondazione CRA, a opera del Centro Studi Pietro Ivaldi di Ponzone, con studiosi delle Università di Torino e di Genova.