L’ottantottenne regista Ugo Gregoretti, spentosi a Roma lo scorso 6 luglio, ricordava spesso discussioni e risate condivise con l’astigiano Guglielminetti, ai tempi della Rai di Furio Colombo e Gianni Vattimo, quando nel 1973 realizzò il romanzo sceneggiato Le tigri di Mompracem di Salgari e dal 1975 il ciclo del “Romanzo popolare”, innovativa lettura critica per immagini della narrativa di fine Ottocento, da L’assedio di Firenze di Guerrazzi a La freccia nel fianco di Zuccoli a I ladri dell’onore di Carolina Invernizio.
L’intuizione di Gregoretti era volta all’interpretazione pedagogica del racconto, ma rivoluzionaria nell’ambiente televisivo tradizionale, affezionato ai minuziosi teleromanzi di Bolchi e Majano, tanto che gli furono affiancati, quali consulenti alla sceneggiatura, Umberto Eco, Folco Portinari ed Ezio Raimondi.
I nuovi studi del Centro di Produzione di Torino, in via Verdi, attrezzati con apparati tecnologici sperimentali a colori, offrirono a Eugenio Guglielminetti inedite invenzioni di meccanismi scenotecnici analogici, allusivi, funzionali agli effetti realistici, ma dai costi contenuti, come già era avvenuto per Moby Dick di Quartucci (1972).

Il procedimento elettronico e virtuale del chromakey, usato negli USA, divenne per Guglielminetti un’appassionante sperimentazione evocativa e visionaria, di cui fu abile anticipatore. Còlto e anticonformista, dal fortunato documentario La Sicilia del Gattopardo (1960) e dalla rubrica di costume Controfagotto, Gregoretti concepiva il mezzo televisivo come comunicazione educativa, rivisitando spettacolo e cultura con ritmi e linguaggi sempre diversi: il “sociologo strutturalista” – come si autodefiniva – affrontò Il Circolo Pickwick di Dickens, incurante del numero degli spettatori, scompaginando le certezze, per insinuare l’amore alla conoscenza.
Il geniale sodalizio creativo tra Gregoretti e Guglielminetti si protrasse, fra teatro di prosa e allestimenti di opere liriche (indimenticabile L’italiana in Algeri), nei decenni, ma la divertente avventura di Viaggio a Goldonia (1981, tre puntate a colori) resta la sintesi più fantasiosa, anticipata in questo collage.
La trasmissione racconta la cronaca immaginaria delle giornate veneziane condotta dal reporter Rai Ugo Gregoretti, proiettato nella Venezia del 1750 lungo canali e campielli, attraverso i brani delle commedie giocose di Carlo Goldoni. Crinoline e tricorni, marsine e parrucche, sontuosi arredi e carrozze per centocinquanta personaggi, interpretati da attori, danzatori e cantanti in una Venezia architettonica e lagunare, fedele e immaginata, ricostruita in studio da Eugenio Guglielminetti su fondali cartacei a collage e modellini di legno in scala.
Nell’ambiente vivace e bizzarro, si intrecciano curiosi dialoghi tra Gianni Cavina, Mariano Rigillo, Fabrizio Bentivoglio, Giuliana De Sio, Monica Guerritore Paolo Poli, Marina Gonfalone, Milena Vukotic…, mentre sulle note di Fiorenzo Carpi si alternano i cantori de “La lionetta” e de “La Mascherata”, sotto l’occhialino argentato di Gregoretti e l’estroso pennello di Guglielminetti, entrambi rigorosamente in marsina.
