Ha superato il concorso nazionale per la nomina a notaio classificandosi al primo posto su oltre tremila candidati. Ora lavora a Milano, in uno studio a pochi passi dal centralissimo piazzale Cadorna. Chi lo conosce non si stupisce del suo successo, perché la carriera scolastica e professionale di Marco Borio è costellata di lodi. Dalla scuola media Jona, al liceo scientifico Vercelli, fino all’università Bocconi dove si è laureato in Giurisprudenza con 110 e lode. Ventinove anni a luglio, Marco è tornato sui banchi di scuola astigiani un anno fa, per scoprire la targa in memoria del professor Stefano Gardino, storico preside e “padre spirituale” della scuola media Jona. Una tra le iniziative nate dall’associazione spontanea tra ex professori, genitori e studenti che in quella scuola sono cresciuti e da quella scuola hanno spiccato il volo per le strade del mondo.
Marco ha coltivato la sua vocazione a Milano, dove ha coronato il sogno di ottenere il sigillo di notaio. La mamma sostiene che, sin da piccolo, alla classica domanda «Cosa vorresti fare da grande?» Marco rispondesse: «Il notaio». Quale che fosse il soggetto ispiratore, Marco racconta di aver sempre apprezzato la figura del notaio «non per la prospettiva di guadagni elevati, ma per l’imparzialità e il rigore che la contraddistingue. Anche oggi ciò che più mi affascina della professione è il poter mettere tutto il patrimonio di competenze, conoscenze ed esperienze che ho acquisito negli anni a completa disposizione dei clienti, che si rivolgono a me con fiducia».
È opinione diffusa che la carriera di notaio sia più facile, per non dire “riservata”, ai figli di notai. Per te non è così: sei un’eccezione? «No, non sono un’eccezione. L’accesso alla professione è subordinato al superamento di un concorso nazionale gestito dal Ministero della Giustizia che richiede una preparazione tecnico-giuridica di altissimo livello. Il rigore della prova è tale da sfatare definitivamente ogni luogo comune sulla ereditarietà della professione notarile: l’82% dei notai non è figlio di notaio». Il concorso che Marco ha brillantemente superato è iniziato nel dicembre 2010 e si è chiuso con gli orali nel maggio 2013.
Un’odissea. Ore e ore di studio del diritto, alternate alla redazione degli atti, durante il praticantato sotto la guida preziosa del notaio Gabriella Passaro, con la quale ora condivide lo studio. Avrebbe potuto scegliere una delle tante sedi vacanti in Piemonte, Astigiano compreso, ma ha preferito esercitare a Milano. Da maggio alterna il lavoro in studio al dottorato di ricerca in Bocconi e alla docenza presso la Scuola di Notariato della Lombardia, dove collabora con i notai Armando Santus e Giovanni De Marchi nell’ambito del corso sul Verbale Societario.
Nel frattempo studia la prossima rivoluzione digitale della professione: l’atto notarile informatico. «Eliminare la carta nella fase di redazione degli atti consentirà notevoli risparmi, e la conservazione dei documenti diventerà più semplice ed efficiente grazie al formato digitale», spiega il giovane professionista. Borio auspica ovviamente una rapida inversione della crisi economica, con la quale si confronta anche la “dorata” professione dei notai. «L’attività – confessa – in certi casi è drasticamente calata, con notevoli ripercussioni negative sia in termini economici, sia in termini di posti di lavoro presso gli studi. Credo che ne usciremo solo con l’impegno di tutti per il bene comune, ognuno fornendo il proprio onesto contributo nel lavoro quotidiano».
Un richiamo alla legge morale che sovrasta ogni codice, la lezione più importante che Marco ha acquisito dalla famiglia astigiana, con la quale conserva un legame fortissimo. «Torno sovente in città per rivivere insieme ai parenti e agli amici esperienze ed emozioni», dice Marco, «e oggi vorrei continuare, idealmente, il solco che i miei cari nonni tracciavano nella terra con fatica». Di Asti ha nel cuore gli anni spensierati della Baracca, della Jona e del Vercelli, di cui ricorda con piacere compagni e insegnanti: «Un pensiero affettuoso va alle mie indimenticabili maestre e ai miei bravissimi professori, in modo particolare la maestra Franca Dabbene e la professoressa Marta Cavellini: ciascuno di loro mi ha trasmesso qualcosa che conservo ancora oggi».
La Scheda