Dieci dipinti, dieci disegni e due pastelli furono donati da Eso Peluzzi (Cairo Montenotte 1894-Monchiero 1985) alle Opere Sociali di N.S. della Misericordia di Savona, per essere esposti “in perpetuo” nella Casa di Riposo del Santuario, come pegno per la pace interiore ritrovata, al ritorno dal fronte della prima guerra mondiale. Nel 1919, il ventiquattrenne Eso, figlio del rinomato liutaio Giuseppe Peluzzi, conseguito il diploma all’Accademia Albertina (1915), ancora profondamente turbato dai massacri visti in trincea e dalle giovani vite assurdamente troncate, salì a piedi da Savona al Santuario, per ritrovare nei luoghi d’infanzia, tra gli ulivi, una sosta consolatrice a quell’inquieto tormento, lo stesso che assillava suoi coetanei, come Giuseppe Ungaretti, Pietro Morando, Giuseppe Manzone, una generazione di artisti ghermiti del tragico conflitto mondiale. La quiete della chiesa, la fontana del Ponsonelli e l’Ospizio per gli anziani indussero Eso Peluzzi a trovare alloggio a lato della piazzetta acciottolata. L’artista vi soggiornò per decenni fino al 1940: eseguì affreschi nella Basilica e, con tele e pennelli, iniziò un sommesso dialogo con gli anziani dell’Ospizio, ritraendoli e ritrovando, attraverso i loro ricordi, il valore quotidiano degli stati d’animo, la misura dell’ascolto, il filo dei ricordi nel gomitolo dell’esistenza.
C’è la coscienza della fragilità, non più violentemente recisa, ma accompagnata, fino al limite, con la solidarietà fraterna. Negli anni Cinquanta, Eso Peluzzi, stabilitosi definitivamente a Monchiero sulle colline di Langa, consolidò l’attitudine artistica, esponendo alla Biennale di Venezia, alle Quadriennali romane e in numerose mostre personali. Su La Voce dell’Astigiano, in data 12 giugno 1959, si annuncia che alla “Rassegna antologica del ritratto italiano dal 1900 al 1958”, in occasione della II° edizione del Premio “Alfieri”, la commissione presieduta da Marziano Bernardi assegna il primo premio ex aequo a Corrado Cagli (Ritratto di Paola Bloch) e ad Eso Peluzzi (Ritratto di mia zia). Alcune pagine critiche di Carlo Carrà, Emilio Zanzi, Alfonso Gatto ravvisano in Peluzzi il pittore di paesaggi, di intonse nevi sui dossi della costa ligure, fino alla Val Bormida e alla Langa in autunno. Nel 1975, assorto nella chiesa sconsacrata di Monchiero, diviene “l’artista dei liuti”, incisore solitario e sapiente ricercatore di armonie lineari, come documenta l’acquaforte Curve e volute di violini antichi (1978), custodita alla Pinacoteca Civica di Asti. Scrive Luigi Carluccio: «A distanza di tanti anni sembra che nell’esistenza e nella pittura di Eso Peluzzi sia tornato il clima patetico e intimo delle esperienze che avevano nutrito la stagione del Santuario, della vita nelle Stanze dell’Ospizio, dell’acutezza inquietante del perfetto meccanismo ottico col quale analizzava le presenze umane…» (catalogo, antologica, Cairo Montenotte 1977, a cura del nipote artista Claudio Bonichi). A 83 anni il pittore ritrova nell’armonia spaziale del foglio l’eco della quiete interiore, smarrita in gioventù, tralasciando l’orrore bellico e la concretezza della realtà, attratto, giorno dopo giorno, dalla purezza serena della semplicità di forme e linee, sempre più lievi e rarefatte come l’eterea musica del Tempo, il contrappunto dell’animo alla ricerca dell’Eterno.