Forse ho ereditato il Dna dal bisnonno Antonio che suonava il violino e devo essere grato a mamma e papà, che hanno assecondato la mia passione. A sette anni volevano già iscriverlo al Conservatorio di Alessandria. A prenderlo “sotto l’ala” fu il maestro Giacomo Zoppi, direttore della banda Città di Asti e insegnante al Conservatorio alessandrino, che lo seguì fino al conseguimento del diploma, non ancora sedicenne. La storia di Enrico nel mondo delle sette note, comincia in qualità di cantante precoce, protagonista di una delle prime edizioni dello “Zecchino d’oro”, la fortunata trasmissione televisiva condotta dal Mago Zurlì, al secolo Cino Tortorella e mandata in onda dal teatro Antoniano di Bologna. Tutto cominciò nell’estate 1972 ad Albenga, dove la famiglia Bellati trascorreva le vacanze.
“Avevo saputo che in quei giorni la troupe del Mago Zurlì avrebbe fatto tappa ad Albenga per scegliere bambini da mandare alle selezioni dello Zecchino d’Oro. Volevo vedere da vicino il mago Zurlì co i suoi capelli luccianti e tanto insistetti, che mamma mi iscrisse alla gara”. Enrico salì sul palco indossando stivaletti, cinturone, cappello da cow boy e cantò “Il lungo, il corto e il pacioccone”, una canzoncina ispirata al vecchio west, adattando la voce ai tre personaggi. Fu un’ovazione. “Benché avessi ottenuto il massimo dei consensi, la giuria chiese al pubblico di ripetere le votazioni perché il vincitore essendo di Asti, non avrebbe potuto rappresentare la Liguria alle selezioni nazionali”. Il secondo voto non cambiò il verdetto e il piccolo cow boy astigiano, venne inviato, a furor di popolo, all’Antoniano di Bologna per la prova decisiva, ripresa dalle telecamere Rai allora rigorosamente in bianconero. La quindicesima edizione dello Zecchino d’Oro si svolse nel marzo del 1973. Il piccolo Enrico si esibì in “Pancho eroe del Texas”, di Zanin e Della Giustina. Non vinse ma si divertì molto.
Ancora oggi sull’Ipad custodisce il filmato delle teche Rai che testimonia di quella sua ormai storica partecipazione canora. Vent’anni dopo in una trasmissione rievocativa dello Zecchino d’Oro condotta da Rita Dalla Chiesa, Enrico Bellati ricorderà come quell’esperienza fu determinante nella scelta di diventare musicista. “Avrei voluto imparare a suonare la tromba. Ma al momento di iscrivermi al Conservatorio di Alessandria, nel corso non c’erano posti. Per convincermi a cambiare strumento il maestro Zoppi tirò fuori dalla custodia il suo corno. Quando lo vidi, luccicante, possente e ne sentii il suono ne rimasi folgorato”. Appena diplomato Enrico trovò lavoro i un’orchestra a San Remo, poi fu la volta di quella del Teatro La Fenice di Venezia e dalla Scala di Milano al Carlo Felice di Genova. Ingaggi e viaggi, senza mai perdere Asti come punto base. Molte le trasmissioni Rai alla quali ha partecipato: una per tutte, “Pavarotti & friends”, oltre 10 anni passati a suonare con Bocelli.
Con Paolo Conte ha registrato il disco “Rasmataz”. Tre anni fa, ha assunto l’incarico di presidente della Orchestra Sinfonica di Asti, alla quale sta dedicando tutte le sue energie, coadiuvato dalla vice Luisa Avidano, violinista. Da qualche mese l’orchestra ha anche una sede stabile al Teatro Alfieri. Il suo è un lavoro complesso. Oltre a essere primo corno, provvede alle necessità organizzative, fa il grafico e il tecnico in sala di registrazione. “Quando siamo sul palcoscenico cerco di fare in modo che ogni musicista si senta a proprio agio. La cosa più gratificante che mi sono sentito dire da un collega è questa: Finire un concerto e avere la voglia di ricominciare subito da capo, era una cosa che non mi succedeva da anni.