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1966-2017

Da Sanremo a San Bartolomeo le vie della musica sono infinite

Da 50 anni il Festival di Castagnole Lanze
L’onda arriva dalla Gran Bretagna. È il 1966 e quell’onda è il beat, che entusiasma anche i ragazzi di un piccolo centro come Castagnole Lanze. Sull’onda della musica dei Beatles, Lorenzo Abbate, il futuro sindaco Renzo Masengo e altri giovanissimi decidono di organizzare un festival dove far suonare i “capelloni”. È un piccolo successo e all’edizione dell’anno successivo partecipano anche i nomadi. Con quel complesso di giovani musicisti emiliani nasce un rapporto che dura ancora oggi, cinquant’anni e 43 concerti dopo. Nel corso del tempo, a Castagnole la musica dal vivo occupa sempre più spazio, e l’elenco degli ospiti che cantano sulla piazza San Bartolomeo si allunga a dismisura. De Andrè, Guccini, Dalla, Venditti, Vasco, Battiato. Tutti i più grandi sono passati da qui, grazie a “quelli di Castagnole”, un gruppo che dei concerti ha fatto il proprio mestiere

La prima edizione nel 1966 sull’onda della beat mania

 

Difficile immaginare un’anima rock per una terra come l’Astigiano. Eppure tra Langa e Monferrato c’è un paese che da cinquant’anni segue, e a volte anticipa, le tendenze musicali italiane. La piazza San Bartolomeo di Castagnole Lanze, con il suo “Contro – Festival della canzone d’impegno”, ha accolto artisti del calibro di Fabrizio De Andrè, Lucio Dalla, Vasco Rossi, Franco Battiato. Per alcuni, come Zucchero e Gianna Nannini, è stato il palcoscenico degli esordi prima della consacrazione davanti al grande pubblico. L’edizione di quest’anno, dal 19 al 30 agosto, si è appena conclusa e ha visto in cartellone tra gli altri Antonello Venditti, Francesco Gabbani, gli Statuto.

La cabina di regia della festa di San Bartolomeo è della Pro Loco con l’instancabile supervisione di Renzo Abbate, che con la sua agenzia Piemonteuno è anche tra gli artefici di Astimusica e di decine di altri eventi in tutto il Nord Ovest.

Alla soglia dei 70 anni Renzino, per tutti il “Maslè cit” per via del mestiere di macellaio che per decenni non ha mai lasciato, è il testimone diretto di questa epopea straordinaria. Ne aveva appena diciassette e fu tra i promotori di una manifestazione che ha dato il via a una storia musicale memorabile.

Sono i primi anni Sessanta, dal Regno Unito si riversa su Stati Uniti ed Europa la British invasion. È una pacifica invasione di suoni che il pubblico italiano più conservatore etichetta con iniziale distacco. Prima vennero gli urlatori poi i capelloni. Del resto, sono anni in cui fa scandalo persino Gino Paoli che al Festival di Sanremo si presenta con la cravatta slacciata. I più giovani, disperatamente alla ricerca di qualcosa che offra loro una divagazione dall’imperante melodico dei Claudio Villa, scoprono ben presto la passione per quel nuovo genere che arriva da Oltremanica: il beat. Gli alfieri internazionali della rivoluzione musicale si chiamano Beatles e Rolling Stones, che in breve tempo generano emuli anche in Italia. Si formano gruppi come Equipe 84 e Dik Dik, a Roma si inaugura il Piper Club dove Patty Pravo, con la sua algida sensualità diventa una celebrità, manifestazioni come Un disco per l’estate e Festivalbar abbracciano e sviluppano la nuova tendenza. Il vento del nuovo soffia forte e sulla spinta dei dettami di apertura del Concilio Vaticano secondo alcuni vescovi acconsentono alla celebrazione di “messe beat” in cui la funzione religiosa è accompagnata da chitarra elettrica, batteria e canzoni diverse dalle solite canoniche previste dalla liturgia.

L’onda musicale non lascia indifferente nemmeno Castagnole Lanze, un paese con un centro storico arroccato attorno alla torre osservatorio voluta da uno scienziato dell’Ottocento (vedi Astigiani n.9 pagina 88) e numerose frazioni agricole. Tra queste quella della piana si estende all’incrocio delle strade per Costigliole e Neive. È la parte di Castagnole più dinamica con fabbriche e negozi. È qui che nell’estate del 1966 la Pro loco organizza il primo Festival Beat in occasione dei tradizionali festeggiamenti di San Bartolomeo, legati alla raccolta delle nocciole e alla fiera agricola. Il luogo scelto è il parco della villa Benso, nel centro della frazione, non lontano dalla stazione sulla linea Asti-Alba.

L’idea è di un gruppo di giovanissimi: Lorenzo Abbate e il futuro sindaco Renzo Masengo, Piero Bausola, Piero Bo, Fernando Primitivi, Renzo Rivella, Carla Solaro, Gino Sterpone, cui si aggiunge più tardi Pier Michele Gallo. Telefonano, invitano, spargono la voce che in paese si suonerà con i giovani e per i giovani. Sul palcoscenico sono invitati gruppi astigiani, albesi e alessandrini, più o meno di spicco. I loro nomi oggi possono far sorridere, ma testimoniano il radicale cambiamento che stava avvenendo nella cultura popolare italiana: The Sky Rokes, I Guelfi, I Nazareni, Equipe 65, I Ricercati. Suonano cover, reintepretando in italiano brani suonati da band inglesi e americane. I casi di “Ho in mente te” e “Sognando la California” sono emblematici di quel periodo. Ma i gruppi piemontesi invitati a suonare a Castagnole Lanze hanno in scaletta anche brani originali, a testimonianza di un certo fervore musicale che cerca fans.

Augusto Daolio guida il primo concerto dei Nomadi

Il Festival beat piace e attira pubblico. Il paese accoglie quel nuovo suono con curiosità. Cosa può aver pensato un pubblico abituato al ballo a palchetto che d’improvviso si ritrova di fronte a ragazzi con i capelli lunghi che urlano nel microfono, storpiando spesso i testi in inglese che pochi capivano?

«In realtà i castagnolesi ci hanno sempre aiutato. Eravamo giovani ed entusiasti – ricorda oggi Renzo Abbate. Diventammo un gruppo affiatato che condivideva un’avventura per tutto l’anno. C’era chi d’estate andava al mare o in montagna, noi invece pensavamo a portare la musica a Castagnole Lanze e a organizzare la nostra festa».

La sfida, a quel punto, è ripetere l’esperienza del Festival beat e farlo crescere. «Decidemmo di organizzare una seconda edizione, ma eravamo tutti d’accordo sul fatto che fosse necessario invitare un’ospite di richiamo. La discussione era sul nome», prosegue Abbate. Il quale, per l’edizione 1967, insisteva perché a Castagnole venissero a suonare i Nomadi, che in quel momento erano appena usciti con “Dio è morto”, il testo di Francesco Guccini che era stato censurato dalla Rai, ma non dalla Radio Vaticana che ne intuì le intenzioni di “preghiera e denuncia contro le guerre”.

Renzo Masengo invece puntava sui Corvi che vendevano allegato al loro Lp un medaglione in metallo con il logo della band: la spuntò Abbate.

Ma portare i Nomadi sul palco di San Bartolomeo non era impresa da poco. «I soldi per pagare il loro cachet me li prestò il macellaio per cui lavoravo», spiega Abbate che ha continuato a servire bistecche e bollito per mezzo secolo, scegliendo di andare in pensione solo pochi anni fa, per dedicarsi finalmente a tempo pieno all’organizzazione di eventi musicali.

«Eh sì, continuo a lavorare in negozio per quello che posso – diceva a metà anni Novanta all’inviato de La Stampa i piemontesi ragionano così, un buon lavoro si tiene stretto, non si cede ai sogni, pur se i sogni durano da vent’anni e a volte rendono soldi veri».

 

Nel 1967 la prima volta dei Nomadi con “Dio è morto”

 

La prima edizione del Festival beat con il gruppo dei giovani organizzatori nel 1966

 

Indimenticabile, nel racconto di chi l’ha vissuto, quel concerto dei Nomadi nel ‘67. Certamente per quello che rappresentava in quegli anni, ma soprattutto perché da lì è nato un rapporto che Abbate definisce fraterno, ben al di là della rigidità dei contratti tra artisti, manager e organizzatori di feste. «In tutti questi anni non c’era volta che il gruppo mancasse di venire a salutare i miei genitori, prima di andare a suonare».

Un rapporto durato cinquant’anni: al Festival Contro di quest’anno i Nomadi hanno celebrato il concerto numero 43 a Castagnole Lanze, con una formazione che nel frattempo ha conosciuto vari avvicendamenti. L’ultimo musicista fondatore del mitico complesso di Gambellara ancora attivo nel gruppo è Beppe Carletti, che per Astigiani ha scritto il suo ricordo sul legame tra la band e Castagnole Lanze (vedi scheda a pag. 47).

Torniamo alla storia musicale di Castagnole. Obblighi di leva e altri impegni costringono i giovani organizzatori a prendersi una pausa. Il Festival beat non arriva alla terza edizione, ma il seme è stato piantato e i germogli tornano a fiorire nel 1976?. È il 1 settembre di quell’anno quando i Nomadi suonano nuovamente dal vivo per i festeggiamenti di San Bartolomeo. Il bollettino del paese li introduce così: «Il gruppo reggiano popolare sin dagli Anni ‘60 per aver lanciato numerosi classici della linea verde di protesta italiana […] canzoni dove vengono affrontati con equilibrio i temi della morale, della religione, della devianza, della droga, del potere e della guerra».

La formula di successo grandi nomi e giovani emergenti

 

I Nomadi in questo paese di meno di 4000 abitanti, provincia di Asti, diocesi di Alba, sono talmente di casa che diventeranno cittadini onorari di Castagnole Lanze e saranno presenti ogni fine estate in paese, fatta esclusione per quel drammatico 1992 in cui se ne andarono sia Dante Pergreffi che il mitico Augusto Daolio (vedi pagina a fianco).

Quarant’anni fa, il 1977 è l’anno in cui nasce il primo embrione del festival musicale nella forma in cui lo conosciamo oggi. In cartellone ci sono i nomi pittoreschi delle band che accompagnavano le serate danzanti, come Le volpi blu, Los merenderos, I signori della galassia, La nuova epoca.

Il cantautore Piero Montanaro che è nato a Coazzolo ed è di queste parti è tra le presenze fisse. Ma ci sono anche due ospiti di rilievo: la già affermata Orietta Berti, che ha appena pubblicato un album dedicato alla tradizione musicale gitana, ed Eugenio Finardi, con “Musica ribelle” ai primi successi della sua carriera.

Il tendone montato negli anni Ottanta in piazza San Bartolomeo per il Festival. Era stato utilizzato anche a Torino per accogliere Papa Wojtyla.

 

Il festival evolve verso una doppia ricerca tra i nomi di richiamo e l’intuizione e la scommessa di far salire sul palco giovani ancora semi sconosciuti. Negli anni arrivano a Castagnole per questo appuntamento di fine agosto personaggi come Ivan Graziani, Gianna Nannini, Roberto Vecchioni, Ron, gli Stadio. Passano per quel palco allestito sulla piazza del paese anche alcune autentiche meteore. È il caso di Viola Valentino, che nel 1979 esplode con il singolo “Comprami”, per poi finire nel dimenticatoio.

Dopo alcuni anni, gli organizzatori decidono di rinnovare l’immagine dell’estate castagnolese. Nel 1983 si decide per quel cartellone ormai esteso da agosto a settembre il nuovo nome Castagnolestate. Ne saranno celebrate quattordici edizioni, sotto lo stesso tendone utilizzato per ospitare la Messa del Papa a Torino. Nel frattempo, il comitato che organizza i concerti inizia a farsi conoscere nell’ambiente: Abbate, e intorno a lui gli amministratori comunali, soprattutto tanti volontari giovani e anziani che ruotano intorno alla Pro loco. Diventano “quelli di Castagnole”, gente nel giro che conta, di certo non semplici organizzatori di feste di paese, persone che danno del tu a Venditti e Guccini.

Sotto i riflettori di Castagnole si esibiscono tutti i più grandi.

Tra gli eventi memorabili un giovanissimo Vasco Rossi nel 1983, considerato quell’anno il vincitore morale di Sanremo con la sua “Vita spericolata”. Poi negli anni successivi Riccardo Cocciante, Claudio Baglioni, Franco Battiato, Eros Ramazzotti, quest’ultimo fresco vincitore di Sanremo e in vetta alle classifiche discografiche con l’album “Nuovi eroi”. Nel 1987 una Ivana Spagna che esordiva nella discomusic con l’album “Dedicated to the moon” e la novità del momento, Zucchero, con l’album “Blue’s”; poi tra gli altri Francesco Guccini, Luca Barbarossa, Luca Carboni, gli Inti-Illimani, Elio e le storie tese, Ivano Fossati, Litfiba, Ligabue.

Per alcuni, il passaggio a Castagnole Lanze avveniva in un momento chiave della carriera. Accadde a Marco Masini nel 1991, proprio quando si trovava sulla cresta dell’onda grazie alla sua “Perché lo fai” e al suo stile da ribelle stanco che lo rendeva affascinante agli occhi degli adolescenti. Oppure a Fabrizio De Andrè: ospite lo stesso anno, aveva appena pubblicato l’album “Le nuvole” ed era tornato a suonare dal vivo dopo sette anni di assenza dai palcoscenici.

La manifestazione cambia il nome in Contro – Festival della canzone d’impegno, nel 1997. «Un omaggio alla canzone dei Nomadi – chiarisce oggi Abbate – ma anche il modo per sottolineare che si tratta di un festival che predilige la canzone d’autore». Erano passati cinque anni dalla scomparsa di Augusto Daolio e Dante Pergreffi, e da allora l’estate musicale castagnolese è in loro ricordo. Il logo della manifestazione è un orso preso da una disegno originale di Daolio. I concerti aumentano di numero, Contro arriva a ospitare sette o otto artisti per ogni edizione. E prosegue e si arricchisce l’albo d’oro di chi viene a cantare a Castagnole, da Francesco De a Lucio Dalla, da Angelo Branduardi a Edoardo Bennato, fino al recentissimo concerto di Francesco Gabbani.

 

Nell’ambiente si dice che suonare a Castagnole porti fortuna

 

Non solo rock: le Gemelle Nete proponevano un repertorio di canzoni Anni ’30 e divennero celebri per la loro partecipazione alle trasmissioni di Renzo Arbore

 

«Si è diffusa la voce e la consapevolezza che passare a cantare da noi porti fortuna: è forse questo il segreto che convince i protagonisti della musica italiana a suonare in un piccolo centro come Castagnole» confida Lorenzo Abbate. Il quale, in realtà ha anche altri assi nella manica: quello di essere considerato di casa dalle parti del Teatro Ariston di Sanremo  – «Tra santi musicali si intendono, da San Remo a San Bartalomeo». E poi la direzione artistica, affidata a Beppe Carletti e al giornalista Gabriele Ferraris, torinese con radici a Nizza Monferrato.

In quarant’anni di concerti, gli aneddoti sugli artisti ospiti potrebbero formare un volume a se stante.

«Ci fu quella volta negli anni Ottanta – ricorda Abbate – che i Nomadi erano saliti sul palco verso le dieci e sembravano non voler più scendere, presi dalla voglia di suonare e dal calore del pubblico. Erano le due di notte, e il concerto non era ancora finito. A un certo punto venne un vigile: qualcuno si era lamentato del rumore, ma il pubblico pretese ancora un paio di bis».

Suggestivo il ricordo legato a De Andrè: «Restò con lo staff per tutto il pomeriggio, insieme a Dori Ghezzi e alla manager Adele Di Palma, che venne poi ad abitare a Castagnole. Fu umanamente un bell’incontro. La sera, il palco era tutto bianco, dato che Fabrizio portava in tour l’album “Le nuvole”. A rendere magica l’atmosfera c’era la luna, piena ed enorme, fu uno spettacolo da brividi». Oppure quella volta, nel 2002, che venne Gigi Proietti. «Il cabaret ha sempre trovato spazio nel nostro cartellone. Ma allora fu veramente da ridere: avevamo programmato lo spettacolo tramite un contatto non ufficiale e noi, tutti convinti dell’impegno, abbiamo iniziato a stampare manifesti e materiale pubblicitario. A un certo punto ci chiama lo staff di Proietti: loro di quella data non ne sapevano niente. Un suo musicista torinese aveva visto i cartelloni e informato l’artista. Eravamo stati presi in giro dal nostro contatto. Ma Proietti, visto che ormai era stata annunciata la data, decise di venire lo stesso. Fu una maratona per allestire le luci e la strumentazione. Andò benissimo: tanto che dopo lo show sul palco, Proietti fece un secondo show a casa mia fino all’alba, favorito dal fatto che nel frattempo assaggiò tutti i vini che avevo in cantina».

 

La luna piena rese magico il concerto di Fabrizio De André nel 1991

 

 

Altri flash di una stagione intensa fatti di incontri e sorprese.

«Ai tempi delle trasmissioni di Arbore chiamammo le Sorelle Bandiera che si cambiavano in un camion e la gente andava a sbirciare», Renzo Masengo che citava a memoria la formazione della nazionale cilena agli Inti-Illimani, gli sconosciuti Valhalla che sorpresero tutti, Venditti che per rilassarsi gioca a calciobalilla, gli abbracci con i Litfiba e Pau dei Negrita.

In molti casi, il rapporto tra gli organizzatori di Contro e gli artisti si è consolidato ed è diventato abituale rivedersi di tanto in tanto.

Complice la cucina astigiana, quella dei ristoranti ma soprattutto quella di casa Abbate: mamma Maria e poi la moglie Marina Roletto hanno saputo prendere per la gola fior di cantanti, prima e dopo i concerti in piazza San Bartolomeo.

A cinquant’anni da quel primo Festival beat, l’appuntamento con la musica dal vivo a Castagnole Lanze continua. Lorenzo Abbate ha annunciato che non sarà più “in prima fila” (parole sue) nell’organizzazione di Contro, ma terrà d’occhio un gruppo di giovani della Pro loco che è già all’opera per proseguire l’impegno. E poi ci sono i numeri: «La tendenza è chiara, in tutti i festival di cui mi occupo. I dischi non si vendono più, ma aumenta molto il numero di persone che comprano biglietti per i concerti. Il nostro Contro richiama tra le 30 e le 50 mila presenze per edizione, con picchi di sette o ottomila ingressi alle singole serate». Un rammarico? Abbate ci pensa su, poi risponde sicuro: «Non abbiamo mai ospitato Gianni Morandi». Un nome niente male per le prossime edizioni. E a quelli di Castagnole non si può dire di no.

Si ringrazia Gino Sterpone per la ricerca fotografica

 

 

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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