I cuccioli dell’uomo hanno sempre giocato e gli adulti hanno creato i giocattoli: dai manufatti più semplici fatti in casa agli attuali aggeggi elettronici multimediali, si può ripercorrere l’evoluzione della civiltà.
Si sono trovati giocattoli in terracotta perfino nelle tombe egizie o etrusche. La storia dei giocattoli è costellata di oggetti di ogni forma e colore. Costruiti in materiali di vario genere – stoffa, legno e latta, che dagli Anni Cinquanta hanno lasciato il posto all’imperante plastica.
I collezionisti di giocattoli antichi sono tantissimi e popolano i mercatini del modernariato e i siti internet specializzati. Ogni adulto collezionista ritrova nei giocattoli della sua infanzia il tempo dei giochi e li ricerca con feticistica passione. Vecchi bauli in soffitta nascondono spesso colorati tesori di memoria.
Molti giocattoli sono “vissuti”, mancano di pezzi o sono incompleti. È raro trovarne di integri e nuovi e per questo sono ancora più preziosi. Ma non mancano i restauratori che assemblano e sistemano i pezzi.
Nelle nostre campagne, l’artigianato rurale dei nonni ha sempre riservato una parte delle creazioni alla costruzione dei giochi per i nipotini. Tra i materiali più utilizzati naturalmente c’era il legno, adatto alla costruzione di slitte, bigliardini, pallottolieri, cavalli a dondolo, trottole, fionde, raganelle, cerbottane. C’è da dire che un tempo la diversità di genere, anche nei giocattoli, era evidente.
Mentre i nonni pensavano ai maschietti, le nonne si dedicavano alle femminucce: stoffe colorate, filo e bottoni di recupero facevano nascere bambole di pezza dai capelli di soffice lana raccolti in foulard e ricamati grembiulini. La bambola più semplice era fatta con le pannocchie del granturco. Anche i pupazzi in feltro, antesignani dei peluche, andavano forte, in primis gattini e topolini con i baffi fatti con lo spago. Poi arrivò il dominio della
Barbie e tutto cambiò, ma ora anche le prime edizioni della bambolina americana della Mattel, nata nel 1959, sono oggetto di collezionismo, soprattutto se hanno conservato le collezioni di vestitini.
Tornando ai giochi più rustici per tutti c’era l’altalena, realizzata con un pezzo di asse e una corda di recupero fissati a un ramo. Un tempo i negozi proponevano svariati modelli di
giocattoli in metallo o latta (oggi molto ricercati sui mercatini): trenini con capostazione e passeggeri incorporati, carrozze del circo con leoni e giocolieri, riproduzioni in scala di macchinine da corsa e carrozze con cavalli. E tra i maschietti ha avuto grande successo il Meccano, un gioco di costruzioni tedesco con viti, bulloni e lamelle di metallo colorato in grado di trasformarsi in mille soluzioni.
C’era poi il comparto dei soldatini, prima di piombo e poi di plastica, che oggi riguarda un collezionismo spesso maniacale e con precise nozioni storiche, disposto a spendere fortune per i pezzi più rari. Molto ricercate anche le vecchie macchinine a pedali, veri capolavori di carrozzeria che hanno lasciato il passo alle versioni moderne a batteria. La plastica, e in seguito l’elettronica, hanno trasformato il mondo dei giocattoli.
Esiste però proprio ad Asti, a Palazzo Ottolenghi, il bel Museo dell’Immaginario curato da Antonio Catalano, che ha saputo mettere in scena giocattoli e giochi di sua invenzione,
coinvolgendo i sensi e creando suggestive animazioni. A visitarlo si torna bambini.
Merita una gita a Bra, in via Ernesto Guala, il Museo del giocattolo (aperto sabato e domenica): un percorso didattico attraverso i giocattoli dalla fine del ‘700 fino agli Anni Settanta del Novecento. Un viaggio giocoso da non perdere.