In una famosa battuta i “Tre lilu” sintetizzano a modo loro il rapporto tra il mondo contadino e l’acqua: “La doccia è il giorno più brutto dell’ anno”.
A dire il vero anche in città, in tempi neppure troppo lontani, ci si lavava poco. Testimonianze storiche e letterarie raccontano che i ricchi si profumavano e i poveri… puzzavano.
Nelle nostre campagne ci si lavava a fondo di regola una volta la settimana e come vasca da bagno poteva andar bene una tinozza dove, soprattutto i bambini venivano immersi e insaponati uno dopo l’altro e l’acqua calda, che man mano diventava tiepida e poi fredda si gettava via solo alla fine dei turni di lavaggio.
In tema ci sono oggetti che ancora troviamo sui mercatini o sono stati fedelmente riprodotti in versione vintage. La più rare sono le vasche da bagno in zinco con un lato rialzato per sostenere la testa. Alcune hanno piedini sagomati e sono le antesignane della vasche dalle morbide forme d’antan oggi di gran moda negli arredamenti moderni dei bagni.
Un tempo c’erano anche vasche da bagno in legno e a questo punto la citazione storica va al celebre dipinto della morte di Marat, il rivoluzionario francese accoltellato proprio mentre è nella vasca da bagno.
Torniamo ai nostri oggetti legati alla pulizia. Per le abluzioni di tutti i giorni nelle case, non ancora collegate dall’acquedotto, c’erano gli oggetti da toeletta: la brocca e il catino che venivano spesso venduti insieme inseriti e integrati in un treppiede in ferro con piano in marmo sagomato per contenere il catino e un braccio che sosteneva lo specchio.
Se ne trovano di originali in varie fogge e dimensioni, in ceramica dipinta, rame e zinco smaltato. Queste parure erano spesso scelte come regalo di nozze alla sposa e venivano sistemate in camera da letto, non lontano dall’immancabile vaso da notte, che si svuotava la mattina. Le cose naturalmente cambiavano con l’arrivo della bella stagione. Fiumi, ruscelli, torrenti e bule erano frequentati non solo per rinfrescarsi ma
anche per farsi il bagno.
E ad ogni estate non mancavano annegamenti causati da imperizia o troppa spavalderia. In ogni zona c’erano posti frequentati: le spiaggette del Tanaro per gli astigiani, quelle del Belbo per canellesi e nicesi. Il Bormida, invece causa l’inquinamento causato dall’Acna, è stato per decenni infrequentabile.
Chi voleva fare qualche chilometro in più risaliva nell’Acquese verso l’Erro un torrente dalla acque chiare e limpide ancora oggi frequentato da bagnanti e pescatori. Andare al fiume, era ed è ancora, un modo come un altro per trascorrere una giornata di relax, con cestino da pic-nic porta vivande e le immancabili carte da gioco. C’è chi si attrezza con ombrelloni e sdraio e trasforma il bordo del fiume in un angolo di Riviera.
Anche gli stagni artificiali utilizzati per l’irrigazione dei campi erano meta di bagnanti disposti a difendersi dalla fastidiosa voracità delle zanzare. Nelle terre dei vivai di barbatelle era frequentate le vasche a monte delle piccole dighe dei torrenti, dove l’acqua veniva raccolta in “pise”, per poi essere utilizzata per l’irrigazione.
Il costume da bagno nella maggior parte dei casi era un semplice paio di mutande. Negli anni Sessanta c’erano costumi da bagno in lana che una volta inzuppati diventavano pesantissimi, poi sono arrivati i bikini e i mini slip e i tessuti acrilici.