mercoledì 9 Ottobre, 2024
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Insegne Senza Ruggine

Al bar Europa di Costigliole il tempo si è fermato

Dal 1962 sedie e tavoli in formica in un locale che è stato anche osteria

«Conosco Lidia da sempre, da quando andavo a scuola tenendo in tasca una pietra che avevo tolto dal forno della stufa per scaldarmi le mani. Eravamo intorno alla metà degli anni Cinquanta. Andavo alle medie al castello e lungo la strada mi fermavo davanti alla vetrina della Trattoria caffè pasticceria Vanzino in via Roma, punto di incontro e di riferimento di chiunque a Costigliole. Il tepore delle pietre in tasca cominciava già a scemare e sentivo la fragranza calda dei pasticcini. Entravo solo ogni tanto, mi concedevo qualche volta la realizzazione del sogno e Lidia era lì, una presenza costante e rassicurante, a porgermi quello che preferivo. Poi conobbe Guido, si trasferirono in piazza Umberto I. Per tutto il mondo sono stati Guido di Costigliole, per me, ancor oggi quando parlo con mia madre, e devo indicare Lidia dico Vanzino». Il 23 dicembre 2002 la vignaiola Mariuccia Borio, che ha fondato e fatto conoscere nel mondo la Cascina Castlet, salutò così Lidia che si congedava dalla cucina del ristorante Da Guido. Dopo tanti anni il locale, insieme alla sua già mitica cuoca abbassava le serrande e lasciava il paese, in cerca di nuove avventure. Una pennellata di parole e ricordi, quella di Mariuccia, che torna alla mente appena si varca quella porta in via Roma n° 6 a Costigliole d’Asti, dove ti accoglie l’odore delle persone oneste. È nata lì la Trattoria caffè pasticceria Vanzino.

È nata lì Lidia, la cuciniera dalle mani stellate. Oggi è il Bar Europa. Anzi, lo è dal 1962. Da allora è cambiato poco. Sedie e tavoli con il rigore geometrico della formica. Il bancone austero Anni ’60. Il perlinato rigorosamente color “marron” a metà parete. Il telefono a gettoni, neanche a dirlo, ancora funzionante. Un tavolino con una pila di guide del telefono. Due coppe vinte in chissà quale torneo. I Buondimotta, come se l’era del croissant francese non fosse mai venuta. Accanto la sala del biliardo, un tavolo verde made in Bertello Torino. Robe da museo. I muri scavati perché la stanza era troppo stretta per allungare le stecche e colpire. E poi loro due: Caterina Rampone e Rita Baldi. Madre e figlia. Gentili, semplici, antiche, silenziose. Due donne da Albero degli zoccoli. Ecco cos’è quell’odore dolce di onestà. Di gente che chiamare il bar trattoria “Europa” era dargli un tocco di internazionalità. «Si lavorava tanto e bene. C’erano tanti turisti. Avevamo i “Vanzino” davanti, ma portavano tanta gente in paese. Lavoravamo tutti» ricorda mamma Caterina che, dalla borgata Santa Margherita, si è trasferita in paese dopo il matrimonio con Franco Baldi. Insieme hanno aperto il Bar Europa che agli inizi era anche un’osteria e per anni ha continuato a esserlo. Franco stava dietro al bancone del bar e serviva ai tavoli. Caterina era la cuciniera. La sua specialità era il plin, l’agnolotto di Langa. Rita correva bambina tra i tavoli. Un’allegria passata di voci e bicchieri. Franco se n’è andato un anno e mezzo fa. A poche centinaia di metri c’è un altro bar costigliolese che ha fatto la storia, il Caffè Roma di Gino, con il suo taglio moderno e conviviale, da bar à vin alla piemontese.

Ma Caterina e Rita continuano imperterrite ad alzare e abbassare la serranda del bar Europa, con i suoi ricordi. «Luciano Tajoli, il cantante, veniva qui a bersi il suo bicchiere di vino rosso da aperitivo, quando portava il suo spettacolo in teatro. Sono passate anche Rosita Celentano e Luciana Littizzetto a prendere un caffè». Passava dal bar Europa la signora Rina Cora, dell’Amaro Cora, che abitava in una bella villa a Sabbionassi. Era lei la padrona di quelle stanze in via Roma affittate dalla famiglia Baldi. Più in qua con gli anni, il Teatro degli Acerbi ha scelto il bar di Caterina e Rita per un suo spettacolo. Così gli J’Arliquato, nel 2011, per la loro interpretazione del Gelindo. Stamattina la serranda del bar Europa si è alzata, stasera si chiuderà. Davanti sempre via Roma. L’orologio è fermo. Ed è come se là fuori non ci fosse un altro mondo.

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