Venivano usati per non rigare i pavimenti incerati. Utili anche come “abbatti rumore” nei condomini
Il gioco di parole potrebbe anche far da titolo: “Cera una volta il patin”. Un buon esperimento per valutare il cambiamento delle abitudini tra le generazioni è chiedere ai giovani se hanno mai usato le “pattine”. Vi guarderanno incuriositi. Qualcuno penserà che stiate parlando di una pratica sportiva. Quando spiegherete loro che cosa sono e a che cosa servivano vi guarderanno stupiti visto che per i ragazzi, anche a casa d’altri, è molto più facile togliersi le scarpe e restare in calzettoni, cosa che un tempo era considerata assolutamente sconveniente per i timori “odorosi”e il rischio di qualche improvvido buco nei calzini. Chi è nato prima degli anni ’60 e ’70 invece avrà ben chiaro di che cosa parlate. Fino a qualche anno fa, negli ingressi delle abitazioni e non solo quelle abbienti erano immancabili le “pattine”, in piemontese “patìn”, disponibili in coppia e in serie, fino a poter ospitare almeno sei ospiti,ovvero una scorta di 12 pezzi. Di fatto erano oggetti di feltro o panno bordati con un nastro, su cui appoggiare le scarpe e avanzare scivolando con una tecnica simile allo sci da fondo. Generalmente servivano a raggiungere la meta della sala da pranzo o del salotto. Lo scopo era che i pavimenti in marmo o di graniglia venivano tirati a lucido con la cera e guai a lasciare righe. Il ricordo va immediatamente alle abitazioni delle zie, dove la cera rappresentava la buona cura di casa e più lucidi e profumati erano i pavimenti più erano soddisfatte del loro lavoro di casalinghe e padrone di casa. Mariti e figli venivano ossessionati dalle urla delle mamme che al sentir aprir l’uscio di casa intimavano loro l’uso delle pattine. Non si poteva avanzare lungo il corridoio senza queste “pianelle” mobili sotto le scarpe. Acquistate o prodotte in casa cucite a macchina, le pattine erano solitamente di feltro o panno, di forma rettangolare: andavano forti le righe o i quadrettoni di tipo scozzese. Alcune, più raffinate, avevano anche una fettuccia dove infilare la scarpa.
Oltre a non rigare la cera, i patìn servivano ad attutire il rumore dei passi a tutto vantaggio degli inquilini del piano di sotto. Erano quindi raccomandate anche per la buona pace nei condomini. L’uso delle pattine costringeva a movimenti insoliti e anche involontariamente comici: dalla pattinata di slancio alla perdita improvvisa di equilibrio; dalla difficoltà di gestire il passaggio in curva all’improvvisa e imbarazzante perdita della pattina che andava ad infilarsi inevitabilmente sotto poltrone, divani e mobilio vario. La pattina obbliga di fatto ad un andamento un po’ da pinguino. Con il tempo le pattine sono state dimenticate, seguendo il progressivo minore utilizzo del vecchio tipo di cera per pavimenti – particolarmente grassa e oleosa – oggi sostituita da prodotti di più facile utilizzo e pronta asciugatura. Gli ospiti, cui oggi a volte viene offerto di sostituire le proprie calzature con pantofole da casa, hanno così perduto il brivido della pattinata sul velo di cera. Il vero declino iniziò a metà degli Anni ’70 con l’estendersi della moquette che coprendo i vecchi pavimenti ha reso di fatto impossibile oltre non necessario l’uso del patin. Oggi sono oggetti introvabili nei mercatini del modernariato anche perché qualche esemplare è ancora in vendita nei negozi di casalinghi più riforniti e anche su Internet dove se ne propongono modelli adatti anche per fare esercizi di ginnastica in casa. Chissà che cosa ne penserebbero le vecchie zie.