Maria “Jucci” Chiusano
24 aprile 1927 – 23 gennaio 2019
Cuoca e ristoratrice Falcon Vecchio di Asti
Ho cucinato! Oh, quanto ho cucinato, sin da bambina, accanto ai miei, quando il nostro Falcon Vecchio, proprio dietro San Secondo, era la trattoria degli astigiani, il posto dove erano servite le grandi specialità della nostra tradizione: gli agnolotti, i bolliti con le salse, la finanziera e l’immancabile merluzzo.
In quella cucina ho passato una vita con mia papà Giovanni, mamma Giuseppina e mia sorella Adelina e in quelle sale ho visto passare la vita di Asti.
Adesso quello scorcio nel cuore della mia città è chiuso, nascosto, vietato al passaggio. Una pena. Me la ricordo la Asti della mia gioventù quando andavo agli allenamenti e alle gare di palla cesto, come si diceva allora. Ero alta un metro e ottanta e ai miei tempi erano poche le ragazze più alte di me.
Facevo anche atletica e andavo in giro con la mia bici Savoiarda che tanti mi invidiavano. Con il diploma magistrale ho seguito il corso da educatrici della mitica signorina Teresa Macagno, ma poi ho deciso che il mio posto era il Falcone, con i suoi profumi di cucina, certi clienti che venivano apposta anche da lontano e gli attori famosi che, dopo aver recitato al Teatro Alfieri, venivano da noi a finire la serata.
La vita mi ha poi portato a vivere nel rione Don Bosco ma il mio cuore è rimasto a San Secondo. Ho amato e sono stata riamata, anche se non ho mai indossato il velo da sposa, poiché sono stata anticonformista in tutto e ne sono contenta.
Sono partita per il mio viaggio con il sorriso e nessun rimpianto, da astigiana tenace
(testona, diciamo noi), certa di aver vissuto pienamente tutte le stagioni di una lunga vita.
Angelo Boschiero
31 marzo 1930 – 11 febbraio 2019
Ferroviere macchinista e storico componente della panchina dei saggi di Revigliasco
Ormai sono da questa parte, ho attraversato il fiume e indietro non posso più tornare. Ammetto di aver provato un certo smarrimento e, da subito, una grande nostalgia per quello che ho lasciato.
La mia vita, fino all’ultimo respiro, è stata piena. Ho avuto modo di realizzare molte delle cose in cui credevo e mi sono anche divertito. Nel mio lavoro, nel gioco del tamburello che tanto ho praticato, nella musica che ha accompagnato tutta la mia vita e anche nelle piccole cose della vita quotidiana in cui ho sempre cercato di mettere un po’ di ironia.
Lo sanno bene i revigliaschesi e gli ultimi amici della panchina… il nostro osservatorio privilegiato diventato famoso, ne hanno parlato anche i giornali. Ma quando, frugando nella mia ultima giacca, ho trovato una busta con una lettera e l’ho letta, allora tutto questo mi è tornato indietro, come un boomerang.
Mi sono detto: “Davvero Angelo, sei stato così amato, stimato, così importante per
i tuoi cari, per tutta la tua famiglia, dal più grande al più piccolo?” Da quanto c’era scritto in quella meravigliosa lettera, pare proprio di si. E allora, pur commuovendomi non poco, ho pensato che non potevo avere paura, ma dovevo essere orgoglioso e felice per ciò che ho seminato e che è stato raccolto.
Non pensate al vuoto che ho lasciato, ma al pieno che ci sarà sempre.
Felice Gentile
25 dicembre 1928 – 25 marzo 2019
Artigiano
A Natale avevo compiuto 90 anni portando con orgoglio un nome e un cognome che insieme diventano una speranza e una promessa.
Fin da ragazzo ho lavorato con mio padre Luigi e mio fratello Luciano nel negozio di gommista di via Fontana, dove affittavamo anche biciclette. E poi Luciano ed io a metà Anni ’60 avevamo creato “Gentile Moquette”.
Ho ricoperto decine di migliaia di metri quadri di pavimenti nelle case e negli uffici degli astigiani. Ho vissuto bene con mia moglie Nadia, con mio figlio Luigi e mia nuora Patrizia e sono anche stato sempre vicino alle mie sorelle Giuseppina e suor Alba.
Sono stato a lungo nell’amministrazione dell’asilo Regina Margherita e ho aiutato i bambini della scuola materna di Morrumbene, la cittadina del Mozambico dove suor Alba è stata per molti anni missionaria. Con gli ultimi amici ci ritrovavamo tutte le
mattine da Ponchione, porto come me il profumo del caffè appena tostato.
Francesco ”Cesco” Capuzzo
19 ottobre1930 – 29 marzo.2019.
Contadino e musicante di Castagnole Mon.to
Contadino musicante: ecco definita l’essenza della mia vita. Contadino lo sono stato da sempre, nel più profondo del mio essere, contadino come quelli di una volta che la terra sapevano rispettarla, amarla, lavorarla con mani che sembravano di cuoio.
La mia terra conosceva la mia passione per lei e ha voluto essere l’ultima ad abbracciarmi in un soleggiato giorno di primavera: e così me ne sono andato come ho sempre desiderato, nella mia campagna, sul mio trattore, coltivatore diretto (così si dice) fino all’ultimo.
Contadino e musicante con la stessa passione. Badate bene, musicante, non musicista; su un famoso dizionario della lingua italiana, alla voce “musicista” si legge : “compositore di musica “, mentre “musicante” è “ chi professa, pratica la musica: chi suona in una banda o in un piccolo complesso orchestrale “.
Chi può negare che sono stato musicante? Per oltre 70 anni ho suonato l’inseparabile
grancassa non ricordo più in quante bande o gruppi musicali; due sopra tutti: la banda di Castagnole Monferrato e i Fiati Pesanti, dove mi ero autodefinito “ rumorista “, il percussionista di sostegno al batterista.
Con i Fiati Pesanti ho suonato anche a Napoli, Parigi e, scusate se è poco, al festival jazz di Montreux! Dagli altri sono definito uomo semplice e buono, io vi dico che ho vissuto sorridendo, con occhi e cuore di bambino.
Saluto tutti voi e in modo particolare i miei figli Elena e Renzo, mia moglie Franca, insostituibile compagna di vita con il suo sale in testa (cognision) e peperoncino,
in giusta dose, nel rapporto con me.
Ora devo proprio andare: mi aspetta la prova della banda (il maestro è un Cherubino
trombettista) e poi mi hanno affidato un bel vignot da coltivare. Ho scoperto che non conoscono ancora il Ruché, ma allora che paradiso è?
Angelo Benotto
3 ottobre 1952 – 9 aprile 2019
Commerciante, attore dialettale di Villafranca
Di uscite di scena ne avevo interpretate tante, ma quest’ultima è stata un po’ brusca. Ero attore, tra le altre cose: ho portato sul palcoscenico commedie in dialetto, quelle che nelle sere d’inverno riscaldano con una franca risata.
Far vivere la nostra lingua era uno dei modi per esprimere l’amore che provavo per l’Astigiano e il Piemonte. Ho amato le mie colline e percorso la Valtriversa con la gioia degli innamorati.
Ora ripenso a Villafranca. Le ho dato tutte le mie energie, da presidente della Pro loco e
da consigliere comunale. Lascio al paese anche un piccolo museo, dove sono custodite le mie collezioni di modellini e di presepi. Racconterà a chi è restato delle mille passioni che ho vissuto.
Ricordatemi con una delle tante risate che vi ho regalato.
Renata Bordino Bonaria
13 luglio 1929 – 10 aprile 2019
Ex artigiana, casalinga e nonna di Castagnole Lanze
Me lo ricordo quel cortile alla Fraschea, in Valle Tanaro. La cascina e il laghetto in una delle tanti frazioni contadine che punteggiano le colline della mia Castagnole Lanze. Ci ho vissuto con i miei e mia sorella Olga, fino a quando incontrai Aldo, bruno, sorriso simpatico, intraprendente e deciso a farsi strada.
Lui era idraulico e io gli davo una mano in bottega. Ho persino imparato a tagliere i vetri con il diamante. L’ho amato per tutta la vita, anche quando se n’e andato troppo presto. Non è stato facile ritrovarsi vedova a 44 anni, con tre figli, ma non mi sono persa d’animo.
Mi hanno descritto come una donna gentile e cortese, paziente e solerte. Una nonna chioccia che ha saputo allevare i suoi tre pulcini e i pulcini dei suoi pulcini.
Li ho tenuti insieme con i miei grandi pranzi alla festa di San Bartolomeo. Suonavano i Nomadi e io preparavo gli agnolotti. Chi mi ha voluto bene continui a ricordarmi così.
Pierluigi Miroglio
20 marzo 1927- 25 maggio 2019
Ex partigiano
Io c’ero, quella notte alla vigilia del Primo Maggio del 1944, nelle strade del Borgo San Pietro. Stavamo affiggendo manifesti contro la guerra e la Brigata nera ci sorprese. Catturarono Remo Dovano “Donovan”: lo torturarono e finì davanti al plotone d’esecuzione, ma non svelò i nomi della Sap, la nostra squadra di azione patriottica.
Devo il resto della mia vita a quel suo silenzio. Con Valerio, il mio fratellino estroso e coraggioso, e con papà Giovanni e mamma Arcangela abbiamo continuato la lotta per la libertà.
Dopo la guerra, Valerio scriveva e dipingeva e io lavoravo al Genio Civile. Dicono che avessimo lo stesso stile ironico e distaccato, lo stesso incedere elegante e lo stesso saluto: “Ciao Pulu”.
Ora ritrovo Valerio che ha già realizzato in terra il suo Giudizio Universale. Ritrovo i
tanti altri amici dell’Anpi e cercherò Remo per dirgli ancora una volta grazie.
Giovanna Visconti
24 novembre1928 – 30 maggio 2019
Imprenditrice, ex rettrice del borgo San Pietro
Nella vita ho fatto tanto ma so di essere ricordata perché sono stata la prima donna rettrice a vincere il Palio. Sono passati tanti anni da quel 18 settembre 1983, ma l’emozione di ricevere il drappo di Luzzati dalle mani del sindaco Guglielmo Pasta fu grande.
Noi eravamo tutti di San Pietro da sempre. La mia famiglia, che aveva la fabbrica di
cartoni ondulati della Sisa, era entrata nel comitato di San Pietro fin dagli inizi quando, nel 1967, in città si decise di tornare a correre l’antica sfida.
Toccò a me reggerne le sorti per qualche anno. Dopo quella vittoria di “Mimmo” su Cringleford ho preferito lasciare l’incarico, ma grazie a mio marito Renzo, grande intenditore di cavalli, ho continuato a vivere e amare il nostro Palio. Una passione trasmessa anche alle mie figlie che più volte hanno indossato i vestiti per sfilata dei rossoverdi.
Da troppo tempo non gioiamo più per una vittoria al Palio, ma quando avverrà io vi aiuterò a sorreggere il drappo portato in trionfo per le vie del borgo, come allora, in quel pomeriggio di settembre del 1983.