Vergano, avvocato, esperto d’arte vignettista, appassionato di musica
Bruno Vergano, penna di rilievo nel mondo degli avvocati civilisti, profondo conoscitore d’arte. Era un mio amico. Se ci penso mi vengono in mente tre momenti speciali. Tre atti che compongono la commedia della sua vita con me spettatore. Le date non sono importanti.
Atto I Ritorno con lui dal Tribunale di Asti e Bruno è impeccabile, avvolto in elegante loden verde, i fascicoli raccolti nella borsa di pura pelle, la cravatta annodata con cura. In via XX Settembre mi propone, con evidente entusiasmo, di vedere l’alloggio comperato di recente per la figlia Sara; la visita alle camere è veloce, in realtà gli preme farmi visitare la cantina.
Bellissima, l’ampio pilastro che quasi divide il locale in due vani, i mattoni ripuliti con sapienza: Bruno è orgoglioso, la percorre in su e giù, mi descrive i pregi e poi, con gli occhietti da monello: «Sai cosa faccio qui sotto? Un night-club per pochi amici. Siediti lì e guarda».
Dopo avermi piazzato davanti il pilastro come spettatore idealmente seduto in prima fila (non c’è traccia di sedie), si nasconde dietro la piglia. Parte un “ta, ta, ta” che vorrebbe essere la colonna sonora del film Nove settimane e mezzo e da dietro il pilastro compaiono un ondeggiante mocassino, poi l’elegante pantalone grigio con il risvolto e ancora un lembo di loden, preludio all’intera figura offerta da tergo, sculettante.
Continuando le movenze Bruno si gira di fronte, sempre chiuso nel loden, la cravatta al suo posto, la borsa con i fascicoli stretta in pugno, ma con sorriso e occhi che la dicono tutta: in quel momento il colto avvocato e l’uomo d’arte è un ragazzino con la sua bricconata, felice di pensarla e di dividerla con un altro ragazzetto, spettatore plaudente ed entusiasta in prima fila. Questo quadretto di Bruno — ballerina da night con loden e borsa in pugno — è indimenticabile ricordo di un uomo che sa mantenere — e manifesta — la freschezza, lo stupore, il candido entusiasmo di un bambino; un individuo che non ha nulla da dividere con l’ipocrisia, con il “chissà che cosa dice la gente”.
Atto II La malattia ha iniziato l’inarrestabile cammino. Mi dice: «Sai, quando la vita ti spinge in fondo al pozzo e la tua piccola pila non riesce più ad illuminare, alza gli occhi al cielo e cerca la luce di un faro al di fuori del pozzo. Se no, ti dibatterai sempre più solo e terrorizzato in quel profondo buio». Quella luce al di fuori del pozzo Bruno l’ha trovata perché mi fa ascoltare un CD: «Senti bene il brano n. 6». È One night, bellissimo pezzo suonato e cantato con maestria: un assolo di sax deciso e quasi arrogante, un delicato rullo di batteria sottolineano la traccia di malinconia caratterizzante il brano.
«Tieni il CD, fallo sentire a Sergio Paolo Demartini perché lo arrangi per i suoi musicisti: lo vorrei suonato al mio funerale. Risentilo.» A nulla valgono le mie stupide frasi, rimette il brano, lo canta, accenna ad alcuni passi di danza e gli occhi hanno il sorriso da monello, quasi come quello del balletto in loden. Demartini ha arrangiato il pezzo per un gruppetto di sette amici musicisti: quando lo suoniamo lo presenta dicendo semplicemente: «Ad un amico». Mi ha anche regalato l’arrangiamento per un elementare assolo di tromba: ogni tanto lo gracchio a Bruno.
Atto III Si sposa il figlio, tutto è pronto nello splendido spazio all’aperto scelto per la cerimonia. I musicisti sono schierati in ampio semicerchio su un prato. Bruno si è assunto il compito della regìa, è felicemente agitato. Ogni tanto compare: «Siete pronti? Quando arrivano gli sposi vi faccio un cenno e voi suonate». E dopo un po’ rieccolo: «Siete pronti? Quando…»
Non sta più nella pelle. Improvvisamente il maestro Demartini batte il tempo per iniziare: ha visto Bruno arrivare e il passo affrettato, la soddisfazione scoppiettante hanno reso inutile ogni cenno. La musica contrappunta la cerimonia e poi, concluso il matrimonio, i musicisti ci danno dentro: suonano brani conosciuti e voluti da Bruno; a lui piace in modo particolare Street Parade, un pezzo vivace, coinvolgente, non ti fa star fermo. Arriva Sara per salutare i suonatori e Bruno è lì. Riparte Street Parade. Papà e figlia si guardano, è un attimo, Bruno alza in piedi Sara e balla con lei: la musica va, se possibile ancora più trascinante, e va ad accompagnare i due ballerini sul prato. Gli occhi di Bruno e Sara dicono di una felicità che non sono capace descrivere.
Ecco, ho voluto semplicemente dire della capacità di Bruno di vedere il mondo con la genuinità e la piacevole monelleria di un bambino, della sua forza di sorridere alla morte cantando e ballando il pezzo scelto per il funerale, della gioia infinita di ballare con la figlia Sara al matrimonio del figlio Marco. E fra le note di Street Parade e i passi di quella fantastica danza. Bruno è ancora lì… un semplice, grande uomo.