Papà Luigi ricorda. «Monsù Babilano portava le merci dalla stazione con il suo carro trainato dai cavalli». Diego alza gli occhi dal computer. L’avrà ascoltata mille volte questa storia. Eppure fa sempre sorridere. Chissà perché. Da bambino s’immaginava le ruote del carro che sferragliavano cercando di indovinare le due “lose” di luserna. Diego non le ha viste, ma un tempo correvano come binari su un corso Alfieri lastricato di pietre del Tanaro. Anche lui, da grande – pensava – avrebbe guidato così veloce.
È andata un po’ così: la storica Ferramenta Galimberti oggi viaggia spedita a migliaia di megabyte. Da corso Alfieri 260 a e-bay, è un salto di quattro generazioni. Iniziò il bisnonno Luigi intorno al 1914. Era nato in una famiglia di arrotini della Valbrona, nelle valli Comasche. Sposò una ragazza di Portacomaro e importò il mestiere ad Asti. Quando morì negli Anni ’40, l’attività passò al figlio Giovanni. Intanto Luigi junior cresceva, respirando l’odore di chiodi e di ferro, e coltivando la passione per il canto nel coro Amici della Montagna.
«Anche quando ero a militare, tornavo a casa e mi mettevo dietro il banco» ricorda. Seguirono anni di grande lavoro insieme alla moglie Eleonora Caglieri. Il “ciuchin” sulla porta salutava ogni dì decine di astigiani. L’inventario registrava allora in bottega un migliaio di articoli: dai chiodi alle maniglie, ai “fer da sié” (le falci) e poi naturalmente ogni tipo di viti, bulloni, brugole. «Venivano a rifornirsi da noi quasi tutti gli artigiani della città: dal fabbro Silvio Burel Musso al falegname Ferello, erano tutti miei clienti». Tanti arrivavano dalla provincia: «Nei giorni di mercato, prima di venire a comprare nel “curs”, lasciavano carri e cavalli nelle locande che avevano lo stallaggio». Il Macallé in via Fontana, il Bue rosso in via Quintino Sella, il Pino in corso Galileo Ferraris, il Leon d’oro in via Cavour.
Di quegli anni, in bottega, resta ancora una manciata di “broche”, chiodi da bue e da “arbi”: «Sono lì da almeno sessant’anni ma ormai non servono più a nessuno». Cimeli che appassionano i collezionisti. «Abbiamo ancora uno strumpau, una sega a due mani, ma non è in vendita». Lo custodisce Diego, l’erede della dinastia Galimberti. Le sue sorelle, Lorenza e Raffaella, hanno scelto altre strade. Lui, 38 anni, continua il mestiere di famiglia, cercando di tenere il passo coi tempi. Ha cambiato articoli e aperto uno shop online (www.swisshop.it) per gli appassionati di coltelli e antichità. «Sono pochi ormai gli artigiani professionali che vengono a comprare nel centro storico. Ora lavoro soprattutto con i turisti, i restauratori e gli appassionati di cose vecchie che cercano l’oggetto particolare: buche da lettere, maniglie per mobili antichi, serrature. Cose così, ma non ho intenzione di mollare».
Certo, il web ha accorciato gli spazi di vendita. Motivo per cui una vetrina su corso Alfieri è ora affittata a un negozio di bigiotteria. E non è una novità: già nel primo Dopoguerra, quell’angolo di negozio ospitava una piccola azienda di bottoni di una famiglia polacca, la “Low”. In seguito, negli Anni ’50 e ’60, la famiglia Omedé aprì un negozio di abbigliamento intimo. Si chiamava “Primavera”. Un passato che rivive solo nei ricordi di chi c’era. Oggi come allora, invece, la vecchia insegna “Galimberti Ferramenta” continua a osservare l’andare e venire degli astigiani nella “cuntrà maestra”. Una bandiera che resiste ai richiami dei grandi centri commerciali del fai da te e rende la via principale della città un po’ più “astigiana”.