Esiste un punto di rottura nella vita di ciascuno, determinato da una parola, da un incontro, da un’occasione. È quel momento in cui nulla è più come prima, che ci cambia irrimediabilmente e libera energie (positive o negative) che non credevamo di avere. La vita di Teresa Guerrini sembra giunta a questo punto, imprigionata tra l’ingratitudine dei figli adolescenti e l’inettitudine del marito; tra un passato pieno di domande irrisolte e un futuro – personale e lavorativo – ricco di interrogativi e di impliciti e gravosi condizionamenti. In fondo, non è poi così difficile scappare di punto in bianco in un paese sufficientemente lontano, complici i voli low cost e l’ineliminabile solidarietà umana che emerge carsicamente tra le pieghe di vite all’apparenza indifferenti.
L’esodo di Teresa è una breve, brevissima epopea personale in cui non risulta più padrona di nulla se non del proprio corpo e dei centimetri di stoffa che lo avvolgono. La sua capacità di osservazione, la maniacale attenzione per la consistenza delle stoffe dei capi di abbigliamento di cui (spesso inconsapevolmente) ci vestiamo, farà il resto. Lo stato di prostrazione fisica e mentale in cui la protagonista sembra trovarsi non ammette chiaroscuri: il mondo, così come i capi di abbigliamento, si suddivide tra “sintetici” e “naturali” e questa appare l‘unica vera bussola capace di fornire un qualche punto di orientamento. Laura Calosso, dopo l’esordio nel 2011 con A ogni costo l’amore (Mondadori), conferma con questo romanzo la capacità di delineare con brevi tratti personaggi di grande complessità che sembrano già pronti per la sceneggiatura di un film, credibili nella loro immediatezza. La “stoffa delle donne”, più che essere una rivendicazione di genere, delinea quella capacità tutta femminile di indentificare i problemi e, in essi, le vie – anche tortuose – per una loro soluzione: il vero punto di avvio di una consapevole rivoluzione interiore.