C’è un documento testimone di un “grave reato” commesso nel 1943 da Michele “Nino” Virano – che oggi ha 89 anni – ed è tra i più conosciuti, versatili e simpatici musicisti astigiani.
È un decreto penale datato 17 luglio di quell’anno dal Pretore Mandamentale di Asti, in nome di Sua Maestà Vittorio Emanuele Re d’Italia, d’Albania e Imperatore d’Etiopia.
L’imputazione è “di aver esercitato il mestiere di suonatore ambulante di fisarmonica senza la prescritta licenza ad un ballo organizzato in tempo di divieto”. Il misfatto, fu accertato il 5 giugno ’43, il suonatore ambulante si vide infliggere un’ammenda di 500 lire.
“Era una cifra enorme, per allora – dice Virano – con me vennero multati gli organizzatori della serata, Maria Forno e Giuseppe Argenta, mentre i ballerini, una sessantina, se la cavarono con cinquanta lire a testa”. Che cosa era accaduto? Quella sera alla Cascina Gioia, in località Valmanera si ballava in clandestinità, visto che in tempo di guerra era stata proibita ogni manifestazione che non fosse di regime. La gente arrivava alla chetichella, cercando di non dare nell’occhio. C’era anche Renato Sorba, grande appassionato di jazz, che avrebbe portato per primo ad Asti il “Montgomery”, giaccone col cappuccio e i bottoni d’osso che deve il nome al generale inglese. Sorba in seguito si trasferì a Londra, dove divenne titolare di un ristorante, il “Renato’s”.
Ad Asti quel giorno gli organizzatori della festa da ballo avevano assoldato alcuni ragazzini per far da palo attorno alla cascina. “Io ero su una sedia issata sul tavolo posto al centro della sala, sotto una lampada a carburo che bruciando sprigiona un odore acre – ricorda Nino – ma la puzza non era un problema. Suonando continuavo a ripetermi: “Sun-a listess, che chijca lira ‘tla ciapi” (continua a suonare, visto che qualche lira la guadagni). E invece…”.
Fu a metà serata che accadde l’imprevisto. Dalla strada si sentì l’urlo di uno dei ragazzini: “J’è i moru! J’è i moru!” (i neri, ossia i fascisti della milizia). Ma i militi erano già sulla soglia. “Nel trambusto, riuscii a salvare la mia fisarmonica, che passando di mano in
mano venne nascosta dietro una tenda. A quei tempi malgrado il divieto si ballava lo stesso. Del resto era l’unico modo per esorcizzare la paura della guerra” aggiunge Virano.
E racconta un altro episodio, nella notte di Capodanno tra il 1944 e il ’45, quando al Circolo Sanrocchese” (poi scuola media “Gatti”, in via Roero) fu organizzata una festa in sordina. Ci fu una retata. Io ero recidivo, riuscii a scappare e mi nascosi in cantina, portando con me la fisarmonica, mentre gli altri vennero portati a piedi nei locali dell’asilo Regina Margherita in via Bocca e denunciati. Rimasi nascosto tutta la notte in una botte vuota”. All’epoca Nino Virano aveva 22 anni ed era già un suonatore provetto.
Il suo esordio pubblico avvenne a soli otto anni, quando nella frazione San Luigi di San Damiano d’Asti, venne issato su uno sgabello per la mungitura, e suonò alla festa popolare. Da allora, la passione per la musica lo ha sempre accompagnato: suona il pianoforte, il contrabbasso e altri strumenti. Dopo aver fatto parte di numerosi gruppi (tra questi “I Canonici”) che suonavano nei locali da ballo, il successo arrivò nel 1969, quando portò al Festival di Sanremo la canzone “Le belle donne”, cantata da Rocky Roberts, con il testo scritto da Giorgio Conte e Pallavicini.
Per anni Nino Virano ha insegnato musica nelle scuole statali e collaborato con il maestro Giuseppe Gai, alla Corale San Secondo. Ama la storia di Asti, il dialetto, la pittura. Ha tanti amici che “sono il sale della vita e il modo per essere in pace con tutti e con se stessi”.