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La collina di Spoon River

La collina di Spoon River – Maggio 2016

Andreina Jodice

Napoli, 27 dicembre 1935 – Asti, 2 gennaio 2016

Insegnante di Lettere

Sono nata a Napoli, ma la mia famiglia, ed io al seguito, era itinerante per il lavoro di papà, prefetto: Torino, Matera – che ho particolarmente nel cuore -, Varese, Firenze ed infine Asti; ho studiato in più sedi, sino alla laurea in Lettere a Torino, nel 1964. Ho vissuto piacevoli esperienze che mi hanno “forgiata” ed ho maturato la mia grande passione per lo studio, approfondendo il mio interesse per la storia ed il cinema. Ho conosciuto la vita mondana, per il lavoro di papà, e di essa ho fatto mia l’eleganza, la cura dell’abito e dell’aspetto, pur non lasciando condizionare troppo la mia personalità; ho viaggiato molto ed ho coltivato amicizie; mi sono dedicata con entusiasmo all’insegnamento, dalla laurea fino al 1997, data del pensionamento. La mia carriera di docente di Italiano e Storia si è svolta soprattutto all’ITIS “Artom” di Asti, dove ho trovato cari colleghi e stretto amicizie. Era bello stare con i giovani, futuri Periti industriali, ascoltarli, comunicare le mie conoscenze, stuzzicando la loro curiosità con aneddoti e notiziole, anche di “gossip”, per catturare la loro attenzione e fare sentire ancora parlanti personaggi ed eventi del passato. Ora nessuno mi incontrerà più – qualcuno, spero, proverà un po’ di malinconia – durante le mie quotidiane passeggiate, né ascolterà più le mie vivaci esternazioni, accompagnate da spontanee risate, sulla vita politica e sociale, ma io sarò sempre presente, più che mai, e chi vuole mi può incontrare all’Artom, nell’aula che la scuola – sono molto grata – ha dedicato a me, dove in un grande scaffale rosso sono raccolti i miei libri, con i quali continuerò a comunicare con voi, colleghi e amici e con il mondo della scuola: anche se per me “è muta l’armonia del giorno”, io sarò idealmente vicina a chi volgerà lo sguardo ai miei libri o ne sfoglierà qualche pagina o ripenserà alle nostre conversazioni o, semplicemente, si ricorderà di me.

 

Luigi Dagna

19 luglio 1947 – 27 gennaio 2016

Chimico

A Castelnuovo Belbo, dove tutte le famiglie avevano un soprannome, mi chiamavano Gigi ed Iumen perché ero figlio di Guglielmo; da bambino avevo capelli biondi come un campo di grano, l’unico biondo in paese. Trascorsi la mia primavera nel ristorante in piazza dei miei genitori, tutta la vita passava da lì. In collegio ad Alessandria vissi anni spensierati; lì per la prima volta vidi la Juventus e da allora non mi persi più neppure una partita. Lo studio della chimica mi portò poi a Torino dove incontrai cari amici di vita. In quegli anni mi si illuminò il cuore con l´incontro a Castelnuovo del mio amore. E cominciò la mia estate. E arrivarono le nostre bambine. Presto mi si presentò l’opportunità di un ruolo impegnativo e fui sempre attento a svolgerlo con passione e dedizione. In laboratorio che allora si chiamava di Igiene e Profilassi si lavorava tutti insieme, affrontando le difficoltà e le sfide, ma anche celebrando i successi come nelle migliori squadre. Il mio lavoro mi permise di studiare il mondo del vino, la mia grande passione; approfondii l’evoluzione biochimica capace di trasformare l’acino in un sapiente insieme di profumi, colori, sapori ed emozioni. Solo dopo avere studiato questi processi ce ne possiamo dimenticare, socchiudere gli occhi e gustare nel bicchiere l’essenza di un’evoluzione millenaria. Arrivò l´autunno con tanti colori vivaci ed intensi. I miei nipotini, tutti biondi come me, illuminarono la mia vita. Da giovane mi divertivo ad esprimere i sentimenti con dolci poesie, poi divenni un lettore attento e appassionato. Mi sarebbe anche piaciuto tornare ad essere studente, ma questa volta di lettere classiche. Cercavo nei testi antichi parole e frasi che parlassero della vita: mi sorprendevo di trovare me stesso in quei versi. Mi sono sentito onorato di aver partecipato alla fondazione del premio letterario della mia città. Sì, perché Asti era diventata la mia città, come mi resi conto una mattina di dicembre quando, sentendo suonare le campane di San Secondo, capii che io appartenevo a questo luogo. Troppo presto è arrivato l´inverno e l´amore per la vita non è riuscito a cambiare il destino. Ora nella luce di un cielo sempre blu, in un giardino di glicine circondato da campi di girasoli, vi sussurro con il vento parole lontane che parlano di amore.

 

Mentano Fogliati

1 ottobre 1946 – 14 marzo 2016

Dirigente delle Ferrovie

Dove sono? Cerco di aprire queste palpebre che, da giorni, non rispondono più ai miei impulsi cerebrali. Ma chissà perché? Sì, adesso li vedo, sulla sponda destra del Borbore, Eihlà Dinuccio, Silvio, Remo, Felicino, Gianni, Franco, Bertino Il giovane sangue ci ribolle e allora via nella insensata battaglia tra bande, con i duri ciottoli fluviali, sinché Felicino non urla “Ma sivi fòi. A j’ei quasi sciapami na spala”. Ma dove sono? Tra le ginestre dell’isola di Cres .I nostri scooter macinano chilometri ripetendo il chiacchiericcio monotono, ma allegro dei motori. Ma perché diavolo Gianni va così veloce e non si gode il paesaggio? La pagina vacilla.. ecco si rimette a fuoco. Siamo nel Verdun, caracollando su due ruote sul margine del canyon: le verdi acque sottostanti ammiccano allegre. Ma dove sono? Ce l’ho fatta! Alicina appoggia la testolina sulla mia spalla e fa le fusa come una gattina. Non voleva venire, ma ora è felice. Dal ponte del nostro motoveliero vedo le isole delle Kornati: i delfini balzano fuori ad inchinarsi al passaggio del nonno e della nipotina. La vedrò sposa? Scaccio i pensieri malinconici e le aggiusto una ciocca di capelli. Ma dove sono? maledette palpebre che non voglio aprirsi. Però stringo una mano, anche se il braccio sinistro si rifiuta di obbedirmi. è la mia Sandra: la riconosco. No, non è il caso che mi parli: ci siamo già detto tutto in questi anni, e tutto si è compiuto e, credo, per il meglio. E dopo vengono le mani di Giulia, di Alice degli amici. Io stringo e lascio che il loro fluido del volermi bene permei tutto il mio essere. A proposito di a Remo che non continui a ripetermi “A son Remo, Mentano. T’an conosi?”. Sarò ammalato, ma non sono scemo. Ma dove sono? Non lo so. Adesso però dovete lasciarmi la mano. Devo andare. Non so dove e non so se vi rivedrò. Intravedo nuovamente le bianche sabbie del Borbore, il mormorio dei salici e delle gaggie e poi tutto si sfuma…Addio miei cari addio amici. è stato bello stare con voi… Chissà…

 

Renzo Negro

12 maggio1944 – 26 aprile 2016

Ex bancario, presidente associazione Astro- Pulmino Amico

Quest’anno non scriverò più l’Editoriale sul Giornalino dell’A.S.T.R.O.; era un cruccio, per me, scrivere ogni anno quell’articolo, perché mi toccava dire, in fondo, sempre le stesse cose: dati, cifre, ringraziamenti, progetti per il futuro. E invece avrei voluto, ogni anno, raccontare le emozioni che ho vissuto da quando, nel 1994, da direttore di banca, mi sono trasformato in Volontario, e mi sono riscoperto più giovane, più capace di far viaggiare la fantasia, di fare progetti, di inventare qualcosa che ad Asti non c’era mai stato: un’Associazione di Volontariato per l’Oncologia del nostro Ospedale, che potesse donare tutto ciò che serve per migliorare la qualità di vita delle persone che devono essere curate, e anche di chi lavora tutti i giorni per curarle. E poi, in un’estate calda del 2000, l’idea di aiutare le persone a non rinunciare alle cure, solo perché erano in difficoltà a raggiungere l’Ospedale da uno dei tanti paesini della nostra Provincia; così è nato il Pulmino Amico, con 44 autisti amici, all’inizio, che adesso sono diventati 150, e girano ogni santo giorno con 4 pulmini per le nostre colline, dando alla gente la consapevolezza che vale la pena di aiutarsi a vicenda, e di sperare in qualcosa di migliore per la propria vita. A tutte queste cose pensavo, la vigilia di Pasqua, mentre lavoravo nel mio orto a Castell’Alfero. E quando il dolore è arrivato, e mi sono seduto tra i solchi, ho pensato a mia moglie Claudia, ai miei figli e ai miei nipoti, ma anche a quell’altra famiglia, quella più numerosa, quella degli autisti amici che mi hanno accompagnato in questi quindici anni, e mi hanno insegnato un segreto : sono le cose semplici che danno un senso alla vita; è semplice aiutare qualcuno che ne ha bisogno, è semplice trovare un po’ del nostro tempo da dedicare al volontariato; se lo vogliamo veramente fare, nessuno ce lo impedirà; e il Pulmino Amico continuerà a viaggiare, ogni giorno, anche adesso che io non ho più la patente per guidarlo.

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