Fu verso la fine degli Anni Cinquanta, non ricordo l’anno esatto. In compenso, della mia “prima volta” del Gelindo, ricordo il luogo, il clima, gli attori, le scene principali. Si era nel vecchio teatro del Don Bosco, oggi scomparso. Accanto stavano nascendo palazzi e un grattacielo, di lì a poco sarebbe scomparso anche il grande campo di calcio dell’oratorio. Nella compagnia c’erano attori bravissimi: Livio Negro, Ettore Maccario, Mario Freilino ecc. Ricordo le barbe finte, gli angeli con le ali di cartone, le luci calde della ribalta, un clima di neve fuori e di festa in sala: un tuffo nel cuore della mia infanzia e dei miei primi approcci al teatro.
Da quel giorno la divota cumedia è entrata dentro di me e l’ho rivista più e più volte. Poi, nel 1977, non resistetti all’idea di “rifare” Gelindo con una mia versione e con l’apporto di alcuni “vecchi” attori astigiani (Emanuele Pastrone, Gina Giannino, Tino Perosino) che da tempo non recitavano più. Nacque così la compagnia “Brofferio” (dedicata a un grande “bastian cuntrari” nato a Castelnuovo Calcea) e rinacque il Gelindo nell’attuale versione, ripetuta dalla compagnia per molti anni. Negli Anni Novanta formai “la Compagnia del Gelindo” con attori provenienti da diverse compagnie amatoriali astigiane (alcuni della prima storica Brofferio) e il “successo” continuò.
La mia versione prende spunto dai quadri contadini della più antica edizione del Gelindo riferita dal Renier e da alcune scene della versione di Padre Tognazzi. Ma essa si aggiorna continuamente con i richiami dell’attualità, con le invenzioni degli attori. In questo senso il grande attore Emanuele Pastrone (scomparso nel 1999) era una fucina continua di battute nuove e tutte esilaranti. Per anni lo rappresentammo in giro per l’Astigiano e il Piemonte. Riempimmo anche l’Alfieri, portando in platea gente che non era abituata ai velluti rossi e agli stucchi dorati del grande teatro.
La “mia” divota cumedia è una rappresentazione corale, con quattordici attori in scena che parlano una lingua piemontese imbastardita (un dialetto astigiano condito di varie parlate), con un coro di venti e più cantanti che fa da raccordo ai vari quadri, con gli angeli dalle aluccie d’argento, con i Re Magi che arrivano davvero da lontano, interpretati da attori extracomunitari. Il mio Gelindo è cocciuto e burbero, autoritario e ambizioso, più che in altre versioni. Vuole arrivare per primo alla capanna visto che è stato lui a indicarla a Giuseppe e Maria, vuole vivere per un attimo la celebrità che gli spetta. Ma è anche ingenuo e leale, franco e arguto, come in tutte le altre versioni. Abbandonando le parti storiche del testo antico mi sono concentrato soprattutto sulla famiglia di Gelindo e sugli avvenimenti che l’attraversano: il censimento, Maria e Giuseppe, la stella cometa, i Re Magi e infine l’atteso evento, cose tanto grandi per occhi troppo ingenui. I pastori/contadini si stupiscono e non sempre capiscono, come Gelindo del resto, testa abbassata, tutto preso dagli affanni quotidiani, troppo attaccato alla “roba”. Nel mio Gelindo, come in tutti gli altri, si ride. L’effetto comico sta tutto nell’incontro fra il grande mistero dell’incarnazione di Dio e le occupazioni quotidiane della vita contadina. Un riso che sgorga dall’umile vita piemontese che con solenne anacronismo viene portata in Palestina.
Da alcuni anni ho trasformato la versione tradizionale in due tempi in un “Gelindo a veglia”, nel senso che ho messo in scena esclusivamente la famiglia di Gelindo che racconta agli spettatori la nota storia travestendosi nei vari personaggi che la compongono. Mi sono avvalso, per questa versione, della simpatia e della popolarità del gruppo folk J’arliquato di Castiglione d’Asti. Un altro modo di raccontare Gelindo ma sempre per ritrovarsi a teatro nelle feste come intorno al camino. Per tornare, come fa Gelindo, alla tradizione con occhio ironico e ingenuo.
Con il Gelindo molti astigiani hanno calcato le scene e alcuni di essi sono scomparsi nel frattempo: Gina Giannino, Giorgio Laustino, Silvano Gallina, Emanuele Pastrone e Tino Perosino. Grandi amici, grandi cuori della loro città. E mentre “Gelindo ritorna” ritornano anche i nostri ricordi con loro.