Matteo è joie de vivre. Ventun anni, sguardo intenso e muscoli scolpiti, domina il palco lieve ed elegante come un battito d’ali. Diplomato a San Francisco, nella più antica accademia di danza classica degli Stati Uniti, lavora da due anni con il Tulsa Ballet, in Oklahoma, uno degli stati nel cuore degli Usa. La prestanza fisica è nel sangue di Matteo Manzoni fin dalla nascita. Papà Roberto e mamma Cristina gli hanno trasmesso la passione per lo sport.
«Ho iniziato con l’atletica – racconta Matteo – poi la ginnastica, il nuoto, il tennis, la pallavolo, la pallacanestro, il pattinaggio, il calcio. La mia infanzia, felice, è stato tutto questo e anche il pianoforte, la scuola, gli amici, mia sorella che vuole fare l’attrice, Irene, Alessandro, il calcio, la pittura, mio nonno, l’amore e mai la noia». Il primo contatto con la danza arriva grazie all’adorata cugina Valentina, «lei ballerina mi dava lezioni nella soffitta della nonna, severamente e senza accettare errori. Ricordo anche di essermi perso ai suoi saggi e di essermi ritrovato alla chiusura del sipario». A 9 anni Matteo comincia a danzare sotto la guida di Valeria e Susanna Ballario, e non smette più.
Terminata la quarta ginnasio, ha già ben chiaro che cosa il destino abbia in serbo per lui. Ricorda così gli attimi emozionanti della scelta di studio condivisa in famiglia: «Mio padre mi dice che è fiero di me, mia madre mi sostiene e mia sorella è più forte di tutti. Decidiamo insieme che la danza è ciò che il mio cuore desidera». Cosi Matteo decide di trasferirsi a Castelfranco Veneto dove potrà coniugare gli studi liceali con una scuola di danza a livello professionale. È lì che Matteo incontra Elias Garcia Herrera «il mio maestro, l’uomo che mi ha reso un buon ballerino ma soprattutto una persona felice». L’estate del 2013 è movimentata, Matteo partecipa a uno stage a Barcellona e vince una borsa di studio che lo porta alla prestigiosa San Francisco Ballet School.
«L’America mi appare fin dall’inizio come la descrivono – afferma. Grande, libera e con cibo terribile. La California e soprattutto San Francisco sono l’emblema della diversità e della tolleranza, ma percepivo un’aria diversa fin dal primo scalo ad Atlanta». Dopo due anni arriva il diploma, cominciano le prime audizioni da professionista. Il cammino è duro. Come per un neo laureato le difficoltà sono infinite: «Voglio trovare un lavoro e faccio audizioni, purtroppo senza risultati. Nel mondo della danza a 18 anni dovresti già trovarti in una compagnia e io ne avevo già 19». Matteo decide di rientrare in Italia dove studia con Pompea Santoro, la musa ispiratrice del coreografo di fama mondiale, Mats Ek. Con tenacia e passione, prova dopo prova, viene scelto dal corpo di ballo del Tulsa Ballet, in Oklahoma. Siamo nel 2015 e nonostante alla Casa Bianca ci sia ancora Obama, Matteo percepisce che l’aria si è fatta “più conservatrice”.
Oggi le giornate di Matteo sono un impasto di lavoro duro e amore per la professione. «Avendo spettacoli ogni mese non c’è un attimo di tregua – racconta – ma è così gratificante. Dovreste vedere il teatro a ogni prima. La gente ci preferisce al cinema, ride e piange, le famiglie portano i bambini. L’arte è apprezzata e rispettata e il Tulsa Ballet non potrebbe essere più celebre». Questo è il secondo anno a Tulsa e Matteo ormai si sente a casa, come in famiglia. Nel tempo libero trova anche le energie per ultimare gli studi classici.
«La danza è divertimento – confida – nulla è paragonabile a ciò che provo mentre ballo, riesco a essere me stesso nella forma più pura ma anche un’altra persona. Sono stato un animale, un duca, un contadino, un principe, una donna, un cattivo, un Capuleti e un Montecchi, un soldato, un fiocco di neve, un bambino, un vecchio e soprattutto …Matteo» La compagnia del Tulsa Ballet conta 28 ballerini di 13 nazionalità differenti. Un vero e proprio melting pot culturale che promuove e valorizza le arti espressive come risorsa indispensabile delle comunità. «Nella compagnia si impara dalle controversie, si impara l’arte della mediazione, il valore della diversità, la tolleranza. Nel mondo purtroppo questi valori sembrano non contare» commenta Matteo che sta vivendo da straniero questi primi mesi di amministrazione Trump. «Molti di noi pensano che Donald Trump sia diventato il 45° presidente con l’obiettivo di riportare gli Stati Uniti indietro nella storia, costruire un muro, schernire i disabili e sfruttare le donne. Quello che Trump non capisce è davanti agli occhi di tutti: il mondo è un paradiso di diversità e l’amore è la chiave di tutto. Il Tulsa Ballet è un esempio di tutte le cose meravigliose che si possono creare quando si uniscono le diversità».
Cosa c’è nel tuo futuro?
«Ho bisogno di vedere più cose possibili, questo è da sempre il mio sogno. L’Europa è nel mio orizzonte di vita. Penso a una città come Berlino, mi dicono che sia stupenda e ha un grande corpo di ballo, lo Staats Ballet Berlin».
C’è un angolo di Asti, un profumo, uno scorcio, qualcosa che è e resterà nel tuo cuore?
«Piazza Cattedrale è il mio posto preferito, ma non dimentico i profumi del teatro Alfieri: le sedie, il legno, le quinte. È un posto magico».
Inutile aggiungere che il palcoscenico dell’Alfieri lo aspetta.
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