Nel gennaio 1999 le testate locali di Astigiano e Alessandrino furono impegnate in una curiosa caccia al tesoro, promossa dall’Ufficio Musei del Comune di Asti insieme all’associazione Arte e Dintorni. L’obiettivo era identificare i numerosi ritratti rinvenuti nel Fondo Anacleto Laretto, affluito alle Collezioni Civiche, ma carente in documentazione storica. L’inventario della Pinacoteca Civica era stato avviato nel 1998 per aderire al sistema informatico regionale e per consentire i restauri nelle sale di Palazzo Mazzetti di Frinco. Tra le opere rinvenute, accanto ai bozzetti per gli affreschi della chiesa dell’Annunziata di Grana Monferrato (“San Pietro Penitente”, 1902), furono identificati i ritratti di Adelaide “Cinola” Ravizza di Castell’Alfero, del generale Gaetano Giardino e dello storico Niccola Gabiani, estimatore del Laretto. Rinomato artista, quest’ultimo era sensibile al restauro degli affreschi nelle chiese conventuali di Asti e provincia. Dopo la frequenza all’Accademia Albertina di Torino (1893-1896), Anacleto Laretto coltivò con tenacia il disegno dal vero, prediligendo l’esecuzione del ritratto e della pittura sacra.
Personalità riservata e laboriosa, in Asti divenne collaboratore di Michelangelo Pittatore, fino alla scomparsa del Maestro (1903), proseguendone quindi gli insegnamenti: insieme agli altri due allievi del Pittatore, Paolo Arri (Asti 1868 -1939) e Giulio Musso (Asti 1851-1915), intervenne sulle decorazioni del soffitto del Teatro Alfieri (1912). Attento osservatore del reale, Anacleto Laretto si accostò con naturalezza alla composizione del ritratto, che insieme alla fotografia artistica rappresentava uno dei generi più richiesti dal collezionismo borghese del Primo Novecento. Espose infatti tre ritratti alla Mostra d’Arte Astigiana del 1937, confermando le doti di acuto conoscitore del dettaglio somatico, della descrizione ambientale, qualità peraltro acquisite in ambito accademico, sotto la guida di Giacomo Grosso, Andrea Tavernier e Celestino Gilardi, ma consolidate al suggestivo linguaggio simbolista dello scultore Luigi Contratti, attivo nella decorazione di numerose tombe del Cimitero Urbano di Asti. Laretto tuttavia seppe superare i condizionamenti della committenza, contemperando l’armonia spaziale con l’essenzialità della resa somatica: il “Ritratto della signora Lucchese” (1936, inv. 818, Collezioni Pinacoteca Civica di Asti), dedicato alla giovane esponente della sartoria Lucchese, rivela infatti l’abile resa luministica del volto, delle spalle e delle braccia in rispondenza alla vibrazione tonale dell’abito, calibrato dal drappeggio delle corolle sulla consolle. La descrizione ambientale (il minuto intaglio degli arredi neobarocchi, la cifra decorativa dei tessuti), l’elegante atmosfera d’interno borghese paiono ammorbidire la rigida convenzionalità della posa, restituendone la veridicità di frammento quotidiano e di testimonianza storico-artistica.