L’agenzia immobiliare di Milano segnalò un rustico adagiato sulle colline di Penango, a pochi chilometri da Moncalvo, lungo la strada provinciale per Asti. Alle soglie degli anni Ottanta, il settantasettenne Mario Bionda, celebre protagonista della ricerca d’astrazione europea, colse l’opportunità di una nuova dimora, lontana dai clamori urbani, salubre nel clima e nell’ambiente.
In realtà, l’artista non aveva mai dimenticato il Monferrato, la terra che aveva accolto la sua famiglia nei lontani 1932-1939, quando neodiplomato all’Accademia Albertina di Torino, su sollecitazione del maestro Felice Casorati, espose alla XVII Biennale Internazionale di Venezia e nel 1935 alla Quadriennale di Roma, con dipinti ancora naturalistici. I ricordi di quelle prime esperienze pittoriche, le rassegne giovanili (Mostra d’Arte Astigiana, 1937) e la collaborazione con Franco Parachinetto, nella decorazione della Sala Conferenze del Palazzo dell’Intendenza di Finanza ad Asti, furono presto cancellati dalla partecipazione al secondo conflitto mondiale, dall’adesione al Comitato Nazionale di Liberazione a Milano e dalle tormentate vicende della ricostruzione civile e culturale con gli intellettuali milanesi, tra cui Morlotti, Peverelli e Alfredo Chighine, con cui condivise lo studio milanese fino al 1957. Gli artisti del decennio Cinquanta, dalla schiera torinese casoratiana (Montalcini, Galvano, Bionda, Guglielminetti, Platone…) e i liberi sperimentatori, tra cui Mastroianni, Moreni, Afro, ai giovanissimi Ruggeri, Saroni, Soffiantino, Aimone verificarono con continuità le proprie ricerche in occasione delle rassegne nazionali (Quadriennale di Roma, 1955; Triennale di Milano, 1957) in serrato confronto con i pittori di Brera, gli allievi di Gino Ghiringhelli, assistente di Achille Funi e promotore della Galleria “Il Milione”.
La personale di Mario Bionda nel 1958 in questa galleria fu presentata da Franco Russoli che ravvisò nei ventotto dipinti su tela, dedicati all’organicità fisica della natura e realizzati sul supporto con sabbia, gesso, terre porose: «Quelle dense, non aride superfici tagliate e scalate nello spazio…. oggi han dato luogo ad una vibrazione intensa di luci che coinvolgono le forme, accidentate da scattanti segni e da accensioni – o meglio da resti di combustioni – di qualcosa che fu colore e resta tono». Attraverso i decenni il cammino artistico di Bionda divenne un lungo peregrinare tra le capitali europee, tra Germania ed Austria, con prestigiose rassegne antologiche ordinate in spazi pubblici nazionali e gallerie private. Sviluppò un ciclo pittorico sommesso ed emblematico che, dal 1975, iniziò a sedimentare in tecniche miste e polimaterici su carta o tela.
La Pinacoteca Civica di Asti custodisce un’intensa testimonianza di quelle sequenze pittoriche, esposte inoltre anche in mostre postume ad Asti (galleria Il Platano, 1987; Battistero di San Pietro, 2010) e ad Alessandria (2002). Mentre alla finestra calavano gli ultimi raggi della dolce estate monferrina, al profumo delle rose del giardino, nella stanza in collina di Mario Bionda permaneva intatta una lieve, quieta penombra. A tali alchemiche atmosfere, nell’ottobre 2015, in collaborazione con la consorte Edwige Schumacher, famigliari e collezionisti, la Fondazione Eugenio Guglielminetti dedicherà un omaggio espositivo nella ricorrenza della scomparsa del Maestro.