Anche se non sempre Asti sembra rendersene ben conto, la sua storia minore, talvolta anche quella maggiore, è connotata dalla presenza del cavallo. È su un nobile destriero che viene il più delle volte raffigurato il patrono San Secondo, sono cavalli i protagonisti delle guerre medioevali, fu a cavallo che Napoleone percorse il centro città nell’aprile del 1805 e Vittorio Alfieri ebbe per i purosangue una passione intensa. Gli astigiani hanno battezzato “del cavallo” una piazza intitolata ai fratelli Cairoli e sono i cavalli, da quasi sette secoli e mezzo, i grandi protagonisti del Palio. Dunque cavalli di ogni razza e stazza e per tutti gli “usi”: lavoro, diporto, militare e competitivo-agonistico come quelli che, dal 1955 al 1963, animarono le primavere astigiane in cinque edizioni di memorabili concorsi ippici. Manifestazioni che ebbero, tra gli altri, anche l’effetto di ravvivare l’antico e mai sopito amore degli astigiani per il mondo dei cavalli e, in qualche modo, riannodare i fili con il Palio che sarebbe rinato quattro anni dopo, nel 1967. Già nel periodo che precedette lo scoppio del conflitto mondiale, si svolsero per qualche anno, sulla piazza d’armi di viale Pilone, gare di salto a ostacoli, a partecipazione esclusivamente militare, organizzate dal 25.mo Reggimento di artiglieria a cavallo di stanza ad Asti. I cinque concorsi, organizzati sul prato del Campo Sportivo Comunale (poi Censin Bosia) dal 1955 al 1963, ebbero risonanza e rilevanza assolutamente superiore dal punto di vista sportivo, oltre che mondano. Il protagonista primo del “ritorno al cavallo” e dell’organizzazione dei Concorsi fu l’ing. Mario Casuzzi, all’epoca direttore della sede astigiana della PCE (Piemonte Centrale Elettricità), esponente di quella borghesia conservatrice ancorché illuminata che, dopo i cinque anni del governo di sinistra della città (Pci e Psi), aveva vinto le elezioni del 1951 con l’affermazione della Democrazia Cristiana e dei suoi alleati. Grande appassionato di sport – sarebbe stato, nel 1962, tra i fondatori del Panathlon Club astigiano – Casuzzi si adoperò a tutti i livelli per la realizzazione dei concorsi ippici, grazie anche alla collaborazione di due altri sinceri appassionati degli sport equestri, Federico Gomba, veterinario di San Damiano, e il generale Giulio Cacciandra, della Società Ippica alessandrina. Per la prima edizione del Concorso Ippico Nazionale, nel maggio del 1955, si mobilitò praticamente tutta la città che contava, dal Comune (sindaco Giovanni Viale) all’Ente Turismo, dall’Unione Industriale all’Amministrazione provinciale (presidente Norberto Saracco), dalla Cassa di Risparmio di Asti (presidente Achille Dapino) al Comitato delle Dame patronesse, per finire con il 21.mo Reggimento di Fanteria Cremona (comandante col. Gennaro Salvi). Nel comitato organizzatore figuravano, oltre all’ing. Casuzzi, l’assessore comunale Ezio Fassio, Carlo Caratti, il conte Paolo Bonaccorsi e Gian Paolo Clerici, mentre il team veterinario era composto da Giovanni Pasetti, Luigi Tirone, Federico Gomba e Felice Appiano. I partecipanti (50 cavalieri e 30 amazzoni) furono ricevuti in Municipio e la sera di mezzo del Concorso parteciparono a un fastoso ballo di gala a Palazzo Di Bellino (oggi Palazzo Mazzetti) con sfilata di moda e concerto della Banda cittadina. L’eco dell’avvenimento superò di gran lunga i confini provinciali e regionali (i partecipanti, con 130 cavalli, giunsero da Roma e Firenze, oltre che da Bergamo, Torino, Novara e Pinerolo) e alcune fasi delle gare furono riprese dalla neonata Tv nazionale, targata Rai. Le tribune dello stadio, ancora di legno e dipinte di un vivace rosso che aveva il “pregio” di lasciare segni indelebili sui vestiti di chi sbadatamente vi si appoggiava, furono gremite da un pubblico delle più diverse estrazioni sociali (il biglietto d’ingresso alla Tribuna costava 400 lire, circa 5 euro di oggi, e 200 per i “Popolari”). Con una decisione all’avanguardia per i tempi, due grandi apparecchi televisivi furono sistemati davanti alle tribune perché gli appassionati di calcio potessero assistere al concorso ippico e al contempo seguire le fasi dell’incontro di calcio tra Italia e Jugoslavia, trasmesso in diretta dalla Rai.

Nel 1955 applausi per la giovane amazzone Lalla Novo
Per quanto la qualità dei cavalieri e delle amazzoni fosse più che discreta senza per questo raggiungere le vette delle edizioni successive, lo spettacolo non ne risentì e il gradimento del pubblico fu notevole. Particolarmente applaudita fu la giovanissima amazzone torinese Lalla Novo, prima classificata nella gara con in palio il Premio delle Dame Patronesse. Figlia di Ferruccio, mitico presidente del Grande Torino, avrebbe conquistato importanti allori europei a metà degli Anni ’60 e, fedelissima del concorso astigiano nelle sue cinque edizioni, sarebbe tornata ad Asti nel 1989, in veste di mossiere del Palio. Visto il successo della manifestazione, si pensò a quella dell’anno successivo, ma prima per evitare la concomitanza con le elezioni amministrative del 1956 (che avrebbero confermato la Democrazia Cristiana come primo partito in città e l’avvocato Giovanni Viale alla carica di sindaco) e poi nel 1957 per scongiurare che diventassero troppo accese le proteste di chi aveva scritto al CONI affermando che tutto quel correre e saltare dei cavalli danneggiava seriamente il terreno di gioco dello stadio, per due anni non se ne fece nulla. L’idea però non venne abbandonata e nel 1958, con lo stadio quasi completamente rinnovato e il terreno di gioco in qualche modo protetto, si tornò a gareggiare e a montare il campo a ostacoli.

Ci furono polemiche perché gli zoccoli rovinavano il campo da gioco
Il successo di pubblico fu, come peraltro per le successive edizioni del Concorso, notevole. Cento i cavalli iscritti, di cui tredici da Roma grazie all’operato del tenente Mario Dettori, premi per un milione di lire (circa 14 mila euro di oggi), raffinata (e affollata) serata danzante a Palazzo Di Bellino, in gara cavalieri di grande fama e qualità come Gianfranco Manacorda, Giampiero Bembo e Stefano Angioni e addirittura un’amazzone genovese di soli dieci anni. Grande entusiasmo soprattutto per le gare a barrage, con ostacoli posti ad altezze sempre maggiori e non poca soddisfazione per gli organizzatori riuniti in un Comitato presieduto dall’assessore Ezio Fassio e composto da Cristoforo Piumatti ed Ercole Bo. Questa volta non ci furono pause e nel 1959 la terza edizione del Concorso si svolse regolarmente registrando un significativo incremento del numero di cavalli (138) e di cavalieri (77), tra cui anche Maria Cristina di Savoia Aosta. È questo l’anno in cui fa la sua prima apparizione nella competizione astigiana quello che è ancora oggi considerato il miglior cavaliere italiano “non militare” di tutti i tempi, Graziano Mancinelli, che si sarebbe laureato campione europeo nel 1963 e avrebbe conquistato l’oro olimpico a squadre a Monaco ’72. Ancora una volta il successo di pubblico non bastò a evitare che per altri due anni non si parlasse di Concorso ippico. Per assistere alla quarta edizione fu infatti necessario attendere fino al 1962, chiudendo una pausa durante la quale molte cose erano cambiate in città sulla spinta di un vento rinnovatore che aveva visto costituirsi, in Comune, una giunta di centrosinistra guidata dal sindaco Giovanni Giraudi. Cambiamenti radicali anche all’EPT (Ente Provinciale del Turismo), diventato uno dei “motori” della manifestazione, con l’avvento, alla presidenza, di Bruno Ercole, egli stesso appassionato di cavalli e, alla direzione, del dinamico Francesco Argirò. Il concorso si svolse nell’arco di tre giorni, ai primi di giugno, con una presenza significativa della Rai Tv, un milione e mezzo di lire di premi (poco meno di 20 mila euro), ancora un ballo di gala, questa volta al Castello di Castell’Alfero. A presiedere il Comitato organizzatore fu l’assessore comunale Angelo Vada che, visto l’ennesimo successo della manifestazione, restò “in carica” anche per l’anno successivo.


Nel 1963 record di partecipanti con 190 cavalli iscritti
L’edizione 1963, l’ultima di quel breve ciclo equestre, fu probabilmente la migliore. Si raggiunsero livelli da primato nel numero dei cavalli in pista (190) e nella qualità di cavalieri e amazzoni (ancora Lalla Novo, in odore di bronzi e argenti europei, Mancinelli all’epoca fresco campione europeo, Gianfranco e Fabrizio Manacorda, campioni europei juniores, Paolo Spezzotti e Giorgio Tassani tanto per citarne alcuni) mentre tra i giudici di campo si segnalava il nome dell’allora capitano Edoardo Treselli, futuro comandante della Caserma Colli di Felizzano e per molti anni tra i personaggi di primo piano delle vicende paliofile astesi. Il monte premi sfiorò i tre milioni di lire (quasi 30 mila euro) e anche i prezzi dei biglietti crebbero in modo abbastanza rilevante: 1200 lire (15 ero) per la Tribuna centrale, 700 per le tribune laterali e 300 per i popolari. Ma per quanto i concorsi fossero stati particolarmente graditi agli astigiani, la loro stagione ebbe termine. Il Palio, nella storia della città e nelle menti di molti suoi amministratori, incalzava e quattro anni dopo altri cavalli e altri cavalieri avrebbero animato la “voglia ippica” degli astigiani. Allo stadio si tornò a vedere qualche concorso ippico alcuni anni dopo con cavalieri astigiani come Sergio Sconfienza o Paolo Guani e più di recente sono state organizzare gare in notturna con cavalli e fantini del mondo del Palio, ma senza più la cornice di pubblico e mondanità di quegli anni quando l’equitazione di alto livello ebbe ad Asti un suo fulcro.




