lunedì 14 Luglio, 2025
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Il Trovarobe

Quando il telefono era a muro e in duplex

Un totem nero in corridoio

Nel 1928 la Stipel (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda) depositò il marchio “Duplex”, che diventò il nome dell’impianto telefonico che collegava alla centrale, con una sola linea, due apparecchi installati nel medesimo edificio. Il Duplex anche per gli astigiani divenne una “questione da condomini”.

Il fatto di condividere con un vicino la linea telefonica di casa, dava la possibilità di risparmiare ben un 34% sulla tariffa annua telefonica intera. All’epoca, stiamo parlando degli Anni Cinquanta del ’900, la tariffa intera, in una città con meno di 10.000 abbonati, era di 500 lire; di 575 lire in città che superavano la soglia dei 10.000 utenti. Benché le tariffe telefoniche italiane fossero di gran lunga inferiori a quelle degli altri paesi europei e degli Stati Uniti, il telefono in casa continuava a essere un lusso.

Il Duplex rappresentò così un comodo e importante modello sociale e di risparmio per le famiglie. Come funzionava il telefono duplex? Semplicissimo: si alzava la cornetta del telefono e prima di comporre il numero mediante il disco forato, se non si udiva il segnale libero del “tut-tut”, ma un silenzio elettrico, significava che il soggetto con cui si condivideva la linea telefonica era in conversazione. Solitamente, la linea Duplex si spartiva tra vicini di pianerottolo e quando risultava impegnata, non si potevano ricevere telefonate su nessuno degli apparecchi.

Telefono a muro duplex
Uno dei classici apparecchi a muro della Stipel (Società Telefonica Interregionale Piemontese e Lombarda)

 

Accadeva sovente che per ore e ore la linea risultasse occupata, soprattutto se i vicini avevano dei figli adolescenti alle prese con i primi filarini amorosi. Sovente, il vicino ansioso di effettuare una telefonata urgente, si recava a suonare il campanello dell’utente comune, invitandolo a liberare la linea. Altre volte si sentivano dei tonfi rumorosi, conseguenza di pugni sui muri, segnali di vicinato per avvertire il disagio di una lunga attesa. Quando la linea finalmente si liberava, veniva segnalato dal proprio telefono da un brevissimo squillo.

L’apparecchio telefonico era in bachelite, prima rigorosamente nero, poi anche verde petrolio. Divenne l’icona della società moderna degli Anni Sessanta, distribuito dalla compagnia telefonica in due modelli: “da muro”, quello da appendere alla parete o “da tavolino”, più elegante e leggermente più caro. Il telefono era solitamente installato in corridoio e dotato di un filo avvolto a serpentina che all’occorrenza si allungava e permetteva di rifugiarsi in qualche stanza per cercare un po’ di privacy familiare. La suoneria aveva un solo tono: un drin metallico che si poteva solo alzare o abbasare di volume.

L’AUTORE DELL’ARTICOLO

Pier Ottavio Daniele

Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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