Un temporale imminente minaccia la campagna e una donna, vestita di nero scende nel cortile di casa agitando un ramoscello e “addomestica” le nubi cariche di pioggia e grandine, allontanandole. Questa è soltanto una tra le suggestive immagini contenute in un volume davvero straordinario, che racconta la storia di una famiglia di guaritori astigiani (i Gerbi di Bramairate) senza romanzarla, ma attraverso una seria ed accurata ricerca di carattere etnologico. Il ruolo del “settimino” è infatti analizzato nelle sue relazioni con la propria comunità di riferimento, di cui costituisce inevitabilmente lo specchio delle relative preoccupazioni, desideri e aspirazioni.
Il volume contiene una serie di testimonianze raccolte con precisione tra le cerchie di soggetti entrati, a vario titolo, in contatto con la famiglia di guaritori. Particolarmente suggestive sono le trascrizioni dei quaderni contenenti le richieste di aiuto e riguardanti gli ambiti più svariati: dalla salute al lavoro, alla vita di relazione, ad aspetti economici anche minuti riguardanti i piccoli commerci, la cura della campagna e degli animali. Quella che ci viene restituita è l’immagine di un “servizio” reso alla comunità attraverso l’utilizzo di facoltà sensitive e percettive non comuni; una sorta di sublimazione del “buon senso” contadino, che interagisce con esso senza entrarvi in contrasto e che si sovrappone, senza sostituirle, alle pratiche di devozione. Il ruolo della comunità che si stringe intorno alla famiglia di guaritori è fondamentale nel tracciare il racconto di queste esistenze non comuni: la pluralità delle “voci” ascoltate compone un quadro composito che lascia il lettore libero di formarsi una propria opinione su questa vicenda nei confronti della quale, in ogni caso, è impossibile restare indifferenti.