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Parole di pietra

L’astigiano che “inventò” la polizia scientifica

Salvatore Ottolenghi: dalle teorie di Lombroso all’uso del cartellino segnaletico dei pregiudicati

Se oggi le polizie di tutto il mondo dispongono di tecniche e di strumenti particolari e sofisticati per le indagini, lo devono anche ad un astigiano: Salvatore Ottolenghi. Forse perché collocata troppo in alto, la lapide sulla sua casa natale in via Della Valle, che lo ricorda nel centenario della nascita, sfugge alla maggior parte dei passanti. Ottolenghi, fondatore e direttore della Scuola Superiore di Polizia di Roma (prima nel mondo, come ricorda la lapide), nacque in quella casa tra corso Alfieri e piazza Medici, nel 1861. Figlio di una modesta famiglia, giunta ad Asti pochi anni prima, Salvatore Ottolenghi, pur essendo anch’egli di religione ebraica non risulta avesse legami di parentela stretta con i facoltosi Ottolenghi, banchieri e mecenati, cui Asti ha dedicato una via vicino a piazza Roma, da corso Alfieri e via Aliberti. A soli 23 anni conseguì la laurea in medicina e chirurgia all’Università di Torino. Apprezzato per la serietà dell’impegno e per l’alta professionalità, fu assistente di Cesare Lombroso e si occupò attivamente del “problema criminale” così come era giudicato ai quei tempi. In 13 anni e fino al 1893 a fianco di Lombroso, Ottolenghi ebbe modo di compiere studi approfonditi in fisiognomica, in frenologia e nelle discipline degenerazionista e alienista. Finì per abbracciare la conclusione lombrosiana che il delinquente altro non è se non un malato, un soggetto in cui la malattia provoca, insieme alle degenerazioni fisiche, il raptus del delitto. Tesi che allora andava per la maggiore. Con l’acquisizione di una seconda laurea in medicina legale, nel 1894 lasciò Lombroso e l’ateneo torinese per trasferirsi a Siena alla cattedra di Medicina Legale, dove maturò un importante progetto di indagine sui reati, con l’applicazione della metodologia scientifica induttiva alle indagini di polizia giudiziaria. Se già Lombroso aveva intuito le possibilità di una polizia moderna che introducesse ed applicasse il concetto della prevenzione accanto a quello della repressione, Ottolenghi andò oltre applicando la metodologia scientifica induttiva, basata cioè sull’osservazione, alle indagini di polizia giudiziaria. Nacque così quello che Ottolenghi stesso definì “programma di Polizia Scientifica”, nel quale le conquiste della psicologia, della medicina legale e dell’antropologia trovavano applicazioni concrete nelle investigazioni, fino a quel momento lasciate ai “vecchi metodi empirici ed all’intuito del funzionario di polizia”. Creatore quindi della disciplina della criminologia scientifica, Ottolenghi fu il primo studioso delle tecniche di investigazione e già nel 1897 fondò con il questore di Palermo Alongi la “Rivista di Polizia Scientifica”.

La casa natale di Salvatore Ottolenghi in via Della Valle, tra corso Alfieri e piazza Medici
La casa natale di Salvatore Ottolenghi in via Della Valle, tra corso Alfieri e piazza Medici

Nel 1902 fu creata a Roma la Scuola Superiore di Polizia Scientifica e ne divenne il primo direttore e nel 1903 si trasferì definitivamente nella capitale, chiamato alla cattedra di medicina Legale. Il ministro Giovanni Giolitti lo autorizzò ad organizzare un corso per funzionari di polizia nel quale egli introdusse, accanto al triplice segnalamento fotografico, descrittivo e dattiloscopico, anche un “segnalamento psichico e biografico” per poter risalire alle cause della tendenza criminale. Salvatore Ottolenghi avviò una serie di innovazioni nei metodi da seguire per i sopralluoghi, l’adozione di una precisa terminologia nei rapporti di polizia, l’istituzione del cartellino segnaletico nel quale allegare i rilievi fotografici e dattiloscopici del soggetto. Venne disposta la creazione nelle Questure dei Gabinetti di Polizia Scientifica. L’attività internazionale della Scuola, già riconosciuta ad altissimo livello nei convegni di Colonia, Rochester, Parigi, Copenaghen e Monaco, si fregiò della partecipazione nel 1925 al Congresso mondiale delle Polizie a New York. Il 2 giugno 1934 a Roma tenne ancora la lezione conclusiva dell’anno accademico e invitò suoi collaboratori Falco, Di Tullio, Giri e Sorrentino a proseguire nel lavoro con le parole “tanto è stato fatto e tanto resta ancora da fare”. Morì improvvisamente qualche giorno dopo per una crisi cardiaca, senza dover patire le vessazioni delle leggi razziali che da li a qualche anno sarebbero state imposte dal regime fascista agli ebrei italiani.

Una delle tavole sui “tipi criminali” che nell’Ottocento erano alla base delle teorie di Cesare Lombroso, con il quale Salvatore Ottolenghi collaborò per 13 anni all’Università di Torino
Una delle tavole sui “tipi criminali” alla base delle teorie di Cesare Lombroso, col quale Salvatore Ottolenghi collaborò

A Salvatore Ottolenghi nel dicembre 2019 è stata intitolata la rotonda in corso 25 aprile, davanti alla Questura di Asti.

Ultimo aggiornamento: 18 marzo 2022

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