martedì 22 Aprile, 2025
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Giacimenti di naturalità nascosti tra le colline dell’astigiano

Il territorio conserva fragili scrigni di biodiversità
Le colline astigiane conservano, nascosta tra le pieghe del territorio, una teoria reticolare e diffusa di siti che si configurano come giacimenti di naturalità, come serbatoi di biodiversità, come attrattori e motori di complessità ecosistemica e biogenetica, come nodi interconnessi nelle reti ecologiche bioregionali. Una costellazione di formazioni forestali naturaliformi, zone umide, erbosi aridi, fasce boscate golenali, ambienti calanchivi, comunità ecotonali di margine, angoli conservati di campagna tradizionale, siepi campestri che, nell’insieme, svolgono un ruolo essenziale nel regolare il metabolismo, l’evoluzione, gli equilibri, la resilienza, la stabilità e la tenuta generale del territorio. E che raccontano le infinite storie della bellezza naturale che ancora abita queste campagne. Franco Correggia, docente e ricercatore di fama, accompagna i lettori di Astigiani in un viaggio alla scoperta di questi luoghi.

Ecco dove sono i boschi di pregio naturalistico che hanno resistito all’invasione della robinia

 

Le matrici fondamentali che concorrono a definire il paesaggio e il registro delle campagne collinari astigiane possono essere ridotte (con qualche semplificazione) a tre.

Il primo elemento è costituito dal mosaico grafico e cromatico dei coltivi, dove si fondono le geometrie poligonali dei campi e dei prati, le scansioni regolari degli impianti arborei e le
simmetrie ordinate dei vigneti.

Il secondo elemento è rappresentato dalle superfici boscate che (in forme più o meno frammentate) occupano circoscritti settori dei versanti collinari e delle incisioni vallive.

Il terzo elemento, infine, è individuato dalla componente urbanistico-insediativa tradizionale, che si risolve nelle fluide teorie di antichi villaggi di sommità intrecciate lungo le creste ondulate dei rilievi.

Nel corso dei secoli, l’agricoltura (nelle sue declinazioni tradizionali e nelle sue sedimentazioni storiche), gli insediamenti abitativi e le reti di infrastrutture viarie hanno radicalmente scolpito e plasmato linee, forme, ambienti e cromatismi dei paesaggi naturali originari. Ma tale processo di accumulo di tracce, segni e relazioni legati alle attività umane non ha comportato l’espulsione o la scomparsa di quegli elementi di naturalità che, con il loro eterogeneo contenuto di informazione e varietà biologica, trattengono il respiro degli
antichi sistemi viventi.

La poliedrica varietà microambientale ancora racchiusa tra le ondulazioni collinari astigiane disegna una trama reticolare diffusa di siti che, per quanto fragili e vulnerabili, si configurano come giacimenti di naturalità, come cruciali serbatoi di biodiversità, come attrattori e motori di complessità ecosistemica e biogenetica, come nodi strategici interconnessi nelle reti ecologiche bioregionali.

Tra questi ambiti di interesse naturalistico rientrano lembi (quasi relitti) di formazioni forestali naturaliformi, zone umide, erbosi aridi, fasce boscate golenali, ambienti calanchivi, angoli conservati di campagna tradizionale, siepi campestri, filari arborei e altro ancora. Ciascuno di questi angoli pulsanti di vita racchiude e racconta una delle storie della bellezza naturale che ancora permea la successione delle colline astigiane.

Sopra, il querceto di rovere nel Parco Naturale di Rocchetta Tanaro (foto Elio Cazzuli). Sotto, l’alneto impaludato di Santonco, Piovà Massaia (foto Franco Correggia).

 

Proviamo, a titolo di esempio e in termini giocoforza parziali, a esplorare qualcuno di questi ambienti. Oggi gli ecosistemi forestali del territorio astigiano, come quelli di ampia parte dell’area collinare piemontese, sono in larga prevalenza costituiti da formazioni estesamente degradate, involute, floristicamente impoverite, caratterizzate da un sottobosco banale, semplificato e monotono, in cui figurano specie ad ampia adattabilità.

Tale situazione è connessa soprattutto alla dilagante espansione della robinia (la gasìa dei nostri contadini), specie arborea alloctona, di origine nordamericana, introdotta in Piemonte verso la metà del Settecento per consolidare le pendici franose, produrre legname da ardere e rimboschire i terreni marginali.

Tra i colori della botanica anche l’ontano nero e il salice bianco o rosso

 

Frugale, pioniera, fortemente competitiva e con spiccata capacità pollonifera, questa latifoglia esotica si è infiltrata ovunque e ha colonizzato in modo massivo una grande
quantità di ambienti, compromettendo e deteriorando gravemente la qualità dei
consorzi boschivi preesistenti, costituiti da alberi indigeni.

All’interno dello scialbo e uniforme contesto boschivo costituito dai robinieti cedui, si sono tuttavia conservati, come isole disperse nell’oceano, lembi di formazioni forestali naturaliformi prossime all’equilibrio stazionale, in cui si associano numerose latifoglie decidue autoctone (originarie di questi luoghi). Si tratta a volte di circoscritte fustaie
miste o, più spesso, di cedui invecchiati evolventi a fustaia.

Questa tipologia di bosco collinare plurispecifico assume declinazioni e configurazioni diverse a seconda delle caratteristiche altimetriche e microclimatiche degli ambienti
occupati.

Presso gli impluvi, sui bassi e medi versanti e nelle esposizioni fresche permangono talvolta, quale testimonianza dell’antica copertura forestale, lembi conservati di querco-carpineto mesofilo o mesoxerofilo in cui si consociano farnia, carpino bianco, acero campestre, acero riccio, tiglio selvatico, pioppo tremolo, ciliegio, ciavardello e altre specie arboree autoctone. A volte si ritrovano anche il faggio e la betulla bianca, che hanno il
significato di “testimoni” delle fasi glaciali.

Su alcuni versanti collinari più asciutti, caratterizzati da suoli sabbiosi o marnosi privi di calcare attivo, si incontrano inoltre, seppur sporadicamente, frammenti di querceto di rovere. Sono molti i comuni astigiani che nel loro territorio conservano schegge sopravvissute di queste tipologie forestali; tra i tanti ricordiamo Moncucco Torinese (località
San Giorgio di Vergnano), Castelnuovo Don Bosco (regione Valpinzolo), Passerano-Marmorito (regioni Vota Granda, Castelletto, Valloni e Muscandia), Tonengo (sui sistemi collinari che igradano verso Aramengo), Cocconato (frazione Maroero), Robella (sul Bric
Pollone della frazione Cortiglione), Montafia (località Bric Porta), Roatto (Cascina Pessine), Cortazzone (frazione Valmezzana), Villanova d’Asti (nella Piana villanovese), Cellarengo (località Gallaci), Asti (località Valmanera e Sessant), Refrancore (valle del Rio Barcara),
Castello d’Annone (“Bosco del Lago” in frazione Poggio), Rocchetta Tanaro (“Bosco del Marchese” compreso nel Parco naturale), Vinchio (Val Sarmassa).

Presso alcuni fondovalle acquitrinosi o con terreni a prolungata saturazione idrica, nelle depressioni vallive con suoli idromorfi, nelle aree paludose con falda perenne affiorante e lungo le aste di alcuni rii, fossati e corsi d’acqua minori si conservano qua e là frammenti di
bosco igrofilo a dominanza di ontano nero, salice bianco, pioppo bianco e, a volte, frassino maggiore, cui si associano nello strato arbustivo il viburno, la frangola, il salicone, il salice rosso e altre specie legnose degli ambienti umidi e in particolare degli alneti impaludati
e delle fasce alveali e golenali.

La straordinaria ricchezza di vita degli ambienti umidi

Sopra, il Rio di Muscandia, Passerano-Marmorito. Sotto, il rio boschivo nella Valle dei Savi, Villanova d’Asti (foto Franco Correggia)

 

In tali ambienti lo strato erbaceo è spesso costituito da estesi popolamenti di alti carici (in particolare Carex elata). Entro i confini astigiani, ambienti forestali umidi straordinariamente conservati di questo tipo sono ritrovabili, per esempio, nell’area boschiva di Santonco a Piovà Massaia, nella Valle dei Savi di Villanova d’Asti, lungo il Rio Scanavasso a Valfenera, in regione Pratomorone a Tigliole, lungo il Rio Serbione a Castello d’Annone e presso il Verneto di Rocchetta Tanaro.

Infine, sulle sommità collinari aride, nelle esposizioni più calde di cresta, sulle alte pendici e sulle dorsali assolate dei rilievi si registra tuttora la presenza di residue formazioni forestali xerofile aventi orniello, roverella e bagolaro come specie arboree dominanti. Tali lembi di “orno-querceto di roverella” rappresentano i resti delle coperture che caratterizzavano ampia parte dei terreni attualmente coltivati a vite ed esibiscono un peculiare corteggio floristico termofilo e aridofilo che annovera specie tolleranti all’insolazione e agli stress da carenza idrica.

Interessante in questo contesto la diffusa distribuzione del pino silvestre, conifera arborea autoctona riscontrabile con frammentarie formazioni pioniere relitte postglaciali presso le stazioni aride ed erose dei rilievi collinari.

In provincia di Asti, quote significative di questo tipo di boschi altocollinari sono accantonate sui rilievi del nord, nei comuni di Berzano San Pietro (regione S. Giovanni), Albugnano (località Vezzolano e Campolungo), Pino d’Asti (regione Olivasso), Passerano-Marmorito (regione Sella), Cocconato (regione Tabiella) e Tonengo (dorsale tra Cerrabello e Ozzano di Aramengo), nei territori di Mombaruzzo e Maranzana (nel contesto del Bosco delle Sorti “La Communa”) e sulle alture soleggiate della Langa Astigiana (comuni di Cassinasco, Loazzolo, Bubbio, Sessame, Monastero Bormida, Cessole, Vesime, San Giorgio Scarampi, Roccaverano, Olmo Gentile, Mombaldone, Serole). Meritevoli di segnalazione, sempre con riferimento alle aree di crinale, anche le poche e residuali cerrete (boschi a prevalenza di cerro) sopravvissute qua e là sulle colline astigiane, prime fra tutte quelle nel
territorio di Moncucco Torinese (località Pogliano) e Berzano San Pietro (località Cascina Bui).

Tutte queste tipologie di formazioni forestali con significativa impronta di naturalità, all’ombra del livello arboreo, accolgono un sottobosco multiforme e diversificato, organizzato sugli altri strati vegetazionali (arbustivo, suffruticoso, lianoso, erbaceo, epigeo e ipogeo) che suddividono lo spazio all’interno delle associazioni vegetali pluristratificate. Tale sottobosco annovera una vasta gamma di specie ascrivibili alle angiosperme arbustive ed erbacee, alle pteridofite (felci ed equiseti), alle briofite (muschi ed epatiche), ai funghi, alle alghe e ai licheni. Inoltre questi ecosistemi forestali stabili (consorzi climax), e in particolare il poliedrico mosaico interconnesso di microambienti, anfratti e nicchie in cui si risolvono, rappresentano l’habitat d’elezione per una variegata fauna di invertebrati (molluschi, aracnidi, insetti) e di vertebrati (anfibi, rettili, uccelli e mammiferi).

Gli ambienti d’acqua (stagnante o corrente), pur avendo ridotta estensione nelle campagne astigiane, identificano uno degli elementi centrali nel definire le valenze ecosistemiche del
territorio. In termini naturalistici rappresentano infatti l’habitat che meglio di ogni altro è capace di attrarre e concentrare i più alti contenuti possibili di biodiversità e di interrelazione ecologica.

Una prima tipologia di ambienti d’acqua dolce è rappresentata dagli ecosistemi lentici (ad acque ferme) diffusamente distribuiti sul territorio (stagni, pozze, acquitrini, paludi, acque astatiche).

Chiamate nelle parlate locali tampe, tampëtte, gorgh e smuijss, tali raccolte idriche hanno in genere estensione e profondità assai ridotte e nel loro intorno si addensa spesso una rigogliosa vegetazione idrofila. Per lo più si tratta di lanche e pozze temporanee in cui si raccolgono acque ricche di sostanze nutritizie; a volte è il caso di piccoli specchi d’acqua ombrosi più limpidi, il cui livello è mantenuto pressoché costante dall’afflusso di apporti sorgivi.

All’interno di questi piccoli invasi d’acqua pulsanti di vita, si addensa una diversificata e interconnessa pluralità di specie coabitanti, ascrivibili a un ingente numero di gruppi tassonomici: accanto alle piante acquatiche si ritrovano alghe, protozoi, turbellari, rotiferi, nematodi, anellidi, gasteropodi, crostacei e insetti. Con riferimento ai vertebrati, tali zone lentiche identificano l’ambiente ottimale per diverse specie di anfibi (rane, raganelle, rospi, tritoni, salamandre) e alcune di esse ospitano specie ittiche.

Attorno all’acqua stagnante o corrente una flora antica e il “miracolo” del gambero di fiume

 

La vegetazione delle rive rappresenta assai spesso un importante sito di nidificazione per svariate specie di uccelli.

La seconda tipologia di ambienti umidi che scandisce i paesaggi collinari astigiani è costituita dagli ecosistemi lotici (ad acqua corrente). Fra questi rientrano le numerose sorgenti perenni che punteggiano in modo intermittente il territorio. In qualche caso (nonostante il dilagare di un’agricoltura biocida incardinata su fitofarmaci e fertilizzanti chimici) si caratterizzano tuttora per le acque oligotrofiche dal bassissimo carico organico,
cui è associata una tipica vegetazione igrofila e una peculiare fauna crenofila.

Cruciali poi, tra gli ambienti lotici, i corsi d’acqua. In particolare, accanto ai grandi sistemi fluviali (il Tanaro, la Bormida, il Belbo e i loro principali affluenti, che nell’insieme individuano ambiti di prioritaria importanza ecologica), merita speciale attenzione il ramificato reticolo di torrenti, rii e ruscelli che incide e scolpisce la morfologia dei bacini oroidrografici delle aree collinari. Nonostante il crescente accentuarsi dei fenomeni perturbativi di eutrofizzazione, inquinamento chimico- biologico, deossigenazione e ricalibratura fisica alveale delle acque correnti superficiali, alcuni segmenti (ormai pochissimi purtroppo) del locale sistema idrografico presentano ancor’oggi uno status ecologico accettabile e si contraddistinguono per  la conservazione di acque di discreta qualità biologica.

Qualità testimoniata dalla presenza di fauna ittica (cavedani, vaironi, barbi, sanguinerole, ghiozzi di fiume) e di una nutrita schiera di macroinvertebrati che include alcune specie legate ad acque correnti fresche e ossigenate, tra cui il raro gambero di fiume (Austropotamobius pallipes).

Gli ambienti ad acqua ferma e ad acqua corrente hanno una diffusa e capillare distribuzione tra le colline astigiane. Tra quelli di maggiore interesse naturalistico segnaliamo, a mero titolo di parziale citazione, la zona umida di Cascina Fiore (Berzano San Pietro), il tratto a monte del Rio Freddo (Aramengo, Albugnano), l’incisione valliva del Rio di Muscandia (Albugnano, Pino d’Asti, Passerano-Marmorito), le fasce golenali del Rio dei Vari (Passerano-Marmorito), le emergenze sorgentizie della regione Bacolla (Capriglio), la valle dei Gorghi (Cinaglio, Monale, Camerano Casasco), i fontanili e la roggia di Sant’Antonio della Castella (Villafranca d’Asti), il fondovalle del Rio Grana (Grana, Casorzo, Montemagno, Viarigi), l’area acquitrinosa della Valle Grazzano (Grazzano Badoglio), la zona impaludata di Fontana Santa (Castello d’Annone), gli Stagni di Belangero (Asti, Isola d’Asti, Revigliasco d’Asti), le zone umide delle Rocche diAntignano, la valle del Rio Bragna (Costigliole d’Asti), la zona umida del Paludo (Calosso, Agliano Terme, Costigliole d’Asti), la Lanca del Tanaro Morto (Castagnole delle Lanze), la Lanca della Bormida di Millesimo (Cessole), la garzaia di Sessame, gli habitat umidi che si succedono lungo il corso del Torrente Ovrano (Roccaverano, Mombaldone) e del Torrente Tatorba (Monastero Bormida, San Giorgio Scarampi).

I preziosi spazi erbosi aridi sulla sommità di colline dal microclima caldo e asciutto

Praterie aride sulle alte pendici del Bric Puschera, Serole (foto Elio Cazzuli)

 

Un ulteriore biotopo che, nelle campagne astigiane, concorre a incrementare la variabilità biologica ed ecosistemica è rappresentato dalle residuali praterie aride naturali conservatesi
qua e là sulle alte pendici dei rilievi e sulle sommità collinari.

Laddove le attività umane non hanno radicalmente alterato e perturbato gli ambienti a microclima caldo e asciutto che si susseguono lungo i crinali collinari, è ancora possibile
incontrare pendii marnoso-sabbiosi aridi, scarpate acclivi e soleggiate, ripe calcaree erose e formazioni di tipo calanchivo dove persistono vaste isole di vegetazione spontanea, nel cui
contesto figurano peculiari associazioni di specie termoxerofile autoctone.

Alcune di queste ultime costituiscono il retaggio e la testimonianza delle antiche flore quaternarie dei periodi interglaciali caldo-temperati. In particolare alcune aree di cresta
sono occupate tuttora da formazioni prative aridofile a elevata naturalità (xerogramineti), in cui si associano specie termofile erbacee e arbustive rare (a prevalente corologia mediterranea) che rappresentano autentici “gioielli” della flora vascolare delle colline pertinenti al distretto botanico monferrino-langhiano.

Ne sono esempio, fra le tante, svariate crassulacee dei generi Petrosedum e Sedum, la ginestra comune, il citiso argenteo, la canterella, il lino malvino, il cisto femmina, la veronica sdraiata, l’astro di Virgilio, l’aglio delle bisce, il paleo tardivo, la codolina nuda, la carice lustra.

La distruzione globale degli ecosistemi rende ancora più preziosi questi luoghi

 

E ancora, di particolare interesse, molte orchidee spontanee e numerose specie parassite appartenenti al genere Orobanche.

Anche per quanto concerne gli aspetti faunistici, la bassa vegetazione steppica e i cespuglieti di questi ambienti aridi e basici forniscono habitat e rifugio a una diversificata pluralità di specie, che per gli invertebrati include un’ampia rosa di opilioni, ragni e insetti, mentre per i vertebrati annovera svariate specie di rettili (ramarro, lucertola muraiola, biacco) e di uccelli (per esempio, succiacapre, gruccione, upupa, saltimpalo, capinera,
averla piccola, cardellino).

Lembi di praterie xerotermiche ad alta naturalità sono diffusi, spesso su superfici assai ridotte, in larga parte delle campagne astigiane.

Per il loro significato naturalistico ci limitiamo a segnalare, a titolo di esempio, gli erbosi aridi che punteggiano le località Cocconito e Maroero di Cocconato, le regioni Sant’Antonio e Santa Lucia di Albugnano, la regione Savatta di Pino d’Asti, le Rocche di Cisterna d’Asti e il variegato mosaico ecosistemico dell’Alta Langa Astigiana che caratterizza i territori di Mombaldone, Serole, Olmo Gentile, Roccaverano e San Giorgio Scarampi.

Mettere a fuoco e percepire con empatia la costellazione degli addensamenti di biodiversità e di complessità ecosistemica che ancora punteggiano il territorio (con i loro preziosi contenuti di bellezza e armonie viventi) sono tappe essenziali nel viaggio che conduce a cogliere e comprendere il valore autentico delle campagne astigiane.

Di vitale importanza sono la conservazione fisica e la protezione di questi serbatoi sopravvissuti di naturalità, congiuntamente alla loro connessione a sistema attraverso un’adeguata rete di corridoi ecologici.

Salvaguardare il mosaico di siti ad alta valenza naturalistica dove si concentra la residua varietà vivente significa infatti mettere al sicuro la rete di gangli vitali che sul piano ecologico identifica il sistema nervoso centrale del territorio e che rende idoneo, salubre e accogliente l’ambiente in cui abitano le comunità umane aventi queste terre come teatro
della loro esistenza.

Quest’ultima istanza, in un mondo vicino al collasso e messo ormai alle corde dai cambiamenti climatici, dall’acidificazione degli oceani, dalla perdita di biodiversità, dalla deforestazione, dalla desertificazione, dall’inquinamento, dalla cementificazione, dalla distruzione degli ecosistemi, dalla carenza idrica globale e dalle altre patologie sistemiche
planetarie, si profila oggi come indifferibile ed estremamente urgente.

Ma accanto a questi aspetti fondamentali, c’è dell’altro. La percezione e l’investigazione
attenta del firmamento dei siti in cui pulsa la varietà vivente che innerva un ambito ecogeografico e bioculturale, costituiscono un passaggio centrale e obbligato nel percorso cognitivo che conduce a scoprire l’anima dei luoghi.

A cogliere il messaggio antico e complesso che il territorio racchiude. Quella sorta di narrazione silenziosa che, come un canto sciamanico o un’ode sacra, diffonde dalle pieghe nascoste e dagli anfratti in ombra dei luoghi, generando i pentagrammi della partitura musicale polifonica che compone la sinfonia in cui è inciso il racconto del territorio. E che di quest’ultimo custodisce il senso profondo e il suo fitto intreccio di storie alla deriva nel tempo. Storie interconnesse che restituiscono il cuore e il respiro di questi antichi mondi di collina.

Storie che, simili alle strofe musicali di un antico madrigale che attende di essere ascoltato e danzato, si snodano e risuonano tra sentieri boschivi, campi di grano, prati in fiore, ruscelli ombrosi, vecchie cascine e villaggi romiti. Storie che, come un fluire di marea,
raccontano di arcobaleni e di nebbie, di rondini e lucciole, di rugiade e sorgenti. Di felci e di muschi, di farfalle e conchiglie, di aurore e di stelle.

Per saperne di più

 

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

Baldizzone G., Caprio e., Scalfari F. (a cura di), 2009, La Biodiversità della Provincia di Asti, Memorie Associazione Naturalistica Piemontese, 10.

Camerano P., Gottero F., Terzuolo P., V Arese P., 2008, Tipi forestali del Piemonte, Blu Edizioni, Torino.

Caprio e., Vazzola S. (a cura di), 2011, I Quaderni Ambiente e Territorio. Percorsi di sostenibilità nella Provincia di Asti. Quaderno Biodiversità, Provincia di Asti, Asti.

Correggia F., 2009, Ambienti naturali, ecomosaici e paesaggi culturali di un frammento di campagna astigiana, 2a edizione, Associazione “Terra, Boschi, Gente e Memorie”, Castelnuovo Don Bosco.

Correggia F., 2012, Alchimie di natura e cultura, filigrane di storia e memoria, geometrie di bellezza e saggezza, Il Platano, XXXVII, pp. 440-469.

Correggia F., 2014, Sentieri di collina, tra Monferrato e Langa Astigiana, Edizioni del Capricorno, Torino.

Correggia F., 2019, Fotogrammi e storie dei mondi di collina lungo il fluire del tempo, in Rabino F. (a cura di), Secondo sguardo. Asti, Monferrato e Langhe da Secondo Pia ad oggi, Scritturapura, Asti, pp. 17-32.

Picco F., 2010, Nascitur in collibus Montisferrati. Biodiversità delle colline del Basso Monferrato, Regione Piemonte, Torino.

 

 

 

L'AUTORE DELL'ARTICOLO

Franco Correggia e Loredana Dova
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Astigiani è un'associazione culturale aperta, senza scopo di lucro, che ha bisogno del sostegno di altri "Innamorati dell'Astigiano" per diffondere e divulgare la storia e le storie del territorio.
Tra i suoi obiettivi: la pubblicazione della rivista trimestrale Astigiani, "finalizzata alla raccolta e diffusione di informazioni e ricerche di storia e cultura astigiana dal passato remoto a quello prossimo, con uno sguardo al presente e la visione verso il futuro (dallo statuto), la raccolta di materiale per la creazione di un archivio fotografico, video e documentale collegato al progetto "Granai della memoria", la realizzazione di presentazioni pubbliche e altri eventi legati al recupero della memoria del territorio.

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