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Parole di Pietra

Due lapidi vicine e una storia d’amore dell’Ottocento

Il nonno senatore e il nipote pilota ricordati a Rocca d’Arazzo.

Due lapidi affiancate si leggono sulla strada provinciale nel centro di Rocca d’Arazzo. Una singolarità, specialmente per un piccolo paese, che testimonia la storia di quella casa cilestrina della famiglia Cornero. Il primo marmo venne apposto dal Municipio il 20 settembre 1896 per ricordare il senatore Giuseppe Cornero, che vi morì il 15 dicembre 1895, e «per tener vivo – è scritto – nei suoi concittadini l’amore della patria per la redenzione e grandezza della quale, fin dai primi audaci movimenti verso l’unità nazionale, egli soffrì ed operò sempre virtuosamente e fortemente».

Nato nel 1812, Giuseppe Cornero si laurea in giurisprudenza studiando a Torino, dove vive già da studente la ventata risorgimentale. Con Cavour e con un gruppo di moderati (tra cui Durando, Cordero di Montezemolo, Rattazzi e Lanza), il 26 gennaio 1848 fonda il giornale L’Opinione.

Subito dopo l’Unità d’Italia, nel marzo 1862, viene nominato Prefetto, incarico che svolge a Reggio Calabria, una delle province più calde dal punto di vista del banditismo e di difficile “nazionalizzazione”. Sono anni difficili e impegnativi. Successivamente passò alla guida delle prefetture di Ravenna, Bologna, Siena, Pisa, Livorno e da ultimo a Piacenza fino al 1899. Fu anche nominato senatore del Regno. A 87 anni si ritirò definitivamente a Rocca d’Arazzo, dove era anche stato sindaco dal 1890 al 1894.

La lapide posata in memoria di Giuseppe Cornero sul muro della casa in cui visse e morì

 

La seconda lapide nasconde una storia d’amore. Torniamo al 1862, quando Giuseppe Cornero è a Reggio Calabria per il suo primo incarico di Prefetto. Nelle feste cui partecipavano i dirigenti della nuova burocrazia ed esponenti della nobiltà locale la figlia Sofia conosce un gentiluomo calabrese, Gaetano Cammarota Adorno (che diverrà poi Provveditore agli Studi ad Alessandria), se ne innamora e lo sposa.

A Rocca d’Arazzo nel 1882 nasce il loro unico figlio Enrico. Un ragazzo vivace e che va a studiare a Roma diventando ingegnere civile. In quegli anni è conquistato dalla passione per il volo che era considerato un’attività da ardimentosi pionieri. Si arruola nel Genio Militare (l’Arma Aeronautica non esisteva ancora), diventando sottotenente di complemento. Per un paio d’anni si trasferisce a Parigi, dove frequenta l’Ecole Supérieure Aéronautique (l’unica scuola in Francia per piloti di aerei) e dove consegue il brevetto di volo n. 13.

Enrico Cammarota Adorno sul suo veivolo

 

Enrico Cammarota torna a Roma, a Centocelle, per progettare la costruzione di velivoli e collaudarli. Viene promosso tenente e diventa anche istruttore di piloti. «La sera del 3 – come scrive L’Illustrazione Italiana nel dicembre 1910 – dopo una giornata di frequenti e riuscitissimi voli, il ten. ing. Cammarota (istruttore patentato un anno fa a Mourmelon) volle fare ancora un volo con l’apparecchio da passeggeri, portando seco il soldato Castellani, bravissimo meccanico della scuola, che non aveva ancora avuta la soddisfazione di fare un volo. L’apparecchio si alzò benissimo, compiendo due o tre giri all’altezza di poco più di venti metri, ma gli osservatori, ufficiali e soldati, notarono che la coda dell’apparecchio volgeva in basso. D’un tratto, in una virata, l’apparecchio fu veduto piegarsi sulla destra e precipitare, e in un attimo, fra l’angoscioso accorrere dei presenti, l’ing. Cammarota e il suo compagno giacevano moribondi sul terreno, fra i rottami dell’aeroplano. Furono raccolti ancora in vita, ma spirarono durante il tragitto da Centocelle all’ospedale militare».

A quel pilota, che concluse tragicamente la sua vita a soli 28 anni, è dedicata l’altra lapide sulla facciata di casa Cornero. Venne posta due anni dopo l’incidente aereo, il 3 dicembre 1912, dal Comune di Rocca d’Arazzo, auspice la Società Operaia, per «ricordare con affetto ed orgoglio la continuità ideale tra l’avo patriota dell’Indipendenza ed il giovane epigono dell’Italia nuova». A Enrico Cammarota venne anche intitolato il campo d’aviazione militare realizzato nei pressi di Quarto in prossimità del Tanaro e inaugurato nel 1933 da un suo parente, il generale dell’esercito Cesare Cornero. Nell’aeroporto, con una palazzina in mattoni adibita a comando, atterravano aerei bombardieri che si approvvigionavano dal vicino deposito di munizioni di Castello di Annone. Ad Enrico Cammarota venne anche intitolato il campo d’aviazione militare realizzato nei pressi di Quarto.

Vicino al Tanaro vennero spianati campi di grano e granoturco, abbattute file di pioppi e realizzata una pista in terra battuta di poche centinaia di metri e una palazzina in mattoni destinata agli uffici comando. Il campo fu inaugurato nel 1933 da un parente di Cammarota,  il generale dell’esercito Cesare Cornero. Su quella pista per gran parte della seconda guerra mondiale atterrarono e decollarono aerei e anche qualche cacciabombardiere che si approvvigionavano di carburante e bombe dal vicino deposito di munizioni di Castello di Annone.

Il deposito di Annone ha continuato dopo la guerra a ospitare decine di avieri di leva, soprattutto astigiani e alessandrini, ed è stato chiuso a fine giugno 2013 dall’Aeronautica militare con una cerimonia ufficiale.

Il campo di aviazione invece fu subito dismesso e quei terreni tornarono ben presto ad essere coltivati, la pista sparì e la palazzina si ridusse a un rudere. L’ultimo colpo glielo inferse l’alluvione del ’94. Si salvò però la targa di bronzo con un’aquila e con il nome di Enrico Cammarota, che una quindicina di anni fa venne staccata dalla facciata e portata al deposito dell’Aeronautica di Annone, ora in attesa di destinazione.

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