Saremmo stati freschi se qualcuno non avesse inventato il frigorifero!
Prima di diffondersi nelle nostre case, i sistemi per conservare al fresco gli alimenti erano essenzialmente due: nelle case di campagna si sfruttava il pozzo, dove erano calati cesti contenenti principalmente angurie, frutti, formaggi, latte, burro e pietanze di pronto consumo. I cesti venivano calati fino a sfiorare il livello dell’acqua, mantenendo in tal modo tutto fresco grazie alle basse temperature sotterranee.
Il secondo sistema, per chi non aveva il pozzo, era la ghiacciaia domestica. Di dimensioni paragonabili a quelle di un comodino, era fabbricata in legno con un rivestimento interno in zinco. La ghiacciaia aveva due scomparti accessibili attraverso sportelli dotati di vistosi cardini e robuste maniglie metalliche, simili a quelle delle celle frigorifere attuali. In uno dei due scomparti trovava posto il cibo, mentre nell’altro si riponevano panetti di ghiaccio avviluppati in canovacci di stoffa.
Il ghiaccio abbassava la temperatura interna negli scomparti e consentiva di conservare a lungo gli alimenti. Lo si poteva acquistare presso le botteghe di alimentari e ancora oggi, passeggiando per qualche borgo—come ad esempio a Calamandrana Alta sulla casa degli Alpini—può capitare di vedere la scritta sbiadita “vendita ghiaccio” sui muri esterni di ex negozi. Esistevano di conseguenza vere e proprie fabbriche del ghiaccio, ad Asti ad esempio si ricorda quella situata nelle cantine dell’attuale Casa del Popolo in via Brofferio.
In questi locali si faceva confluire acqua all’interno di cisterne, acqua che sarebbe passata allo stato solido durante l’inverno; oppure si stipava neve dentro apposite stanze o grotte in edifici esposti a nord. A San Marzano Oliveto è ancora visitabile la “nevera” situata nelle mura esterne del castello. Una volta prodotto, il ghiaccio era poi spaccato usando delle asce e successivamente segato a liste, le quali venivano poi distribuite ai rivenditori.
Esisteva anche “l’uomo del ghiaccio”, un venditore al dettaglio che girava i centri delle città e dei paesi per rifornire le botteghe di liste, trasportandole su un carretto.
La ghiacciaia andò in pensione con l’invenzione della macchina frigorifera. A brevettarla fu un certo Jacob Perkins, statunitense trasferitosi a Londra, nel 1834. Successivamente, furono realizzati altri modelli e sistemi: nel 1851 dall’americano John Gorrie, con perfezionamenti successivi a opera del tedesco Windhausen, dell’inglese Reece e del francese Tellier.
Anche Albert Einstein, nel 1930, ideò un frigorifero, antesignano degli attuali modelli ecologici. La diffusione del frigorifero risale alla seconda metà del Novecento. Finalmente la conservazione al fresco degli alimenti non richiedeva più la laboriosa gestione del ghiaccio, e anche il mestiere del rivenditore di liste sparì lentamente. I primi modelli distribuiti in Italia assomigliavano a casseforti bombate, con maniglioni e scomparti in vetro. Nella loro produzione si cimentò anche la Fiat, ma un altro marchio diffuso era la Ambra, prima del lancio su larga scala di marchi come Ignis e Indesit.