Ha compiuto 25 anni la maxi band di jazz
Musica vera e goliardia in note, ritmo travolgente e una vena di allegra follia che unisce maestri diplomati al Conservatorio e dilettanti solo un po’meno capaci. Sono i “Fiati Pesanti”, gruppo solo apparentemente “improbabile”. Hanno scelto un gioco di parole che ricorda la bagna cauda e la buona cucina, comun denominatore dei suoi suonatori, la band ha ampiamente superato la prova del tempo. Si sciolgono i grandi della musica internazionale, ma i “Fiati” restano e raccontano una favola unica e bella, figlia di incontri e di amici con la comune passione per la musica. È con questo spirito che nella sua lunga storia la “big band pesante” è arrivata a contare anche i 70 elementi, perché i Fiati sono una band “a ingresso libero”, un tratto distintivo ben riassunto dal rumorista Francesco “Cesco” Capusso, da Calliano classe 1930 e una vita “in bande”: “Voi suonate? Suono anch’io”. Ed è entrato nel gruppo come rumorista. Inimitabili e travolgenti, musicisti di contagiosa allegria e anche un po’ magici, quest’anno i “Fiati” hanno festeggiato i primi 25 anni: un quarto di secolo vissuto musicalmente, fra trasferte per concerti quasi impossibili e lunghi viaggi in pullman per raggiungere palchi e piazze anche lontane.
Perché “se le altre band si muovono in furgone, noi riempiamo i pullman e oggi, come le grandi orchestre, possiamo vantare anche “cuoco e fonico al seguito”: “Carlo Delpero, detto il Prus, in cucina e Armando al mixer”. Ma per arrivare all’oggi, il viaggio parte da lontano. Tutto nasce nel 1991: galeotta una cena “tra amici che combinavano un po’ di musica per un matrimonio”, quello di Enrico Rossi e Chicca Quirico. Qualche bicchiere, una bella mangiata e si leva la proposta: “Suoniamo al matrimonio di Enrico”. Sarà colpa del buon vino e della buona tavola, ma l’idea trova terreno fertile: è subito band. A battezzare il gruppo è l’amico Sergio Brumana ispirato dalla cena a base di ottime bottiglie, sontuosi bolliti e saporiti bagnèt: gli amici musicisti diventano i “Fiati Pesanti” perché l’aglio, si sa, non lascia il fiato proprio leggero. In quella serata i soci fondatori sono Gian Porro, Danilo Porro, Giorgio Rasero, Paolo Borsato, Beppe Rasero, Alberto Salvaneschi, Marco Venturino, Elio Gabalo Furlanetto, Enrico Rossi (ancora oggi “il presidente”), Sergio Brumana. Subito a ruota entrano Guido D’Agostino, Franco Bogliano, Paolo Bussa, Paolo Fasano, Flavio Tosetti. Poi le cantanti Tere e Betti. Ma il debutto al matrimonio non è che l’inizio. Arrivano i primi “ingaggi” e le prime uscite: cene di Natale, la trasferta al festival di Avignone, quelle (più d’una) a Ferrara per il festival degli artisti di strada e altre ospitate “anche non invitati”, fino al debutto ad AstiTeatro 16 con lo spettacolo “Il Padiglione delle Meraviglie”.
E ancora: il palco di Moncalvo Blues e l’invito al Festival Jazz di Montreaux, (memorabile il franco-piemontese di Gian Porro nel ruolo di bravo presentatore) il concerto al festival Passepartout, le tappe al Vinitaly di Verona su invito delle Donne del Vino e quella alla Semana Negra, la trasferta nelle Asturie invitati da Luis Sepùlveda che li aveva visti in concerto ad Asti. E il palmares vanta anche la partecipazione agli spettacoli della Banda Osiris e dei Trelilu, la festa dei 15 anni al Teatro Alfieri nel 2006, i concerti al Diavolo Rosso, lo spettacolo “Un uomo di legno chiamato Pinocchio” di Luciano Nattino e Tonino Catalano, il G7 di Torino e un 14 luglio, festa nazionale francese, passato a Parigi tra esibizioni al Centro Pompidou e al Quartiere Latino. Viaggi che si preparano “tra il serio e il faceto”, in più di una sala prove: prima il Michelerio (abbastanza grande da ospitare tutti), poi una cascina di corso Alessandria e ancora più tardi l’ex scuola di Valmaggiore, per poi arrivare a Revignano, Pontesuero e al Diavolo Rosso. Nel curriculum artistico dei “Fiati” non manca nulla: c’è la musica dal vivo e ci sono le registrazioni. I “Fiati” incidono “uno di tutto”, le loro canzoni suonano in una cassetta, in un dvd e in un cd: ci sono arrangiamenti casalinghi di brani celebri, i classici del jazz e i pezzi scritti dai maestri dei Fiati come “Barbera ‘92”, “Marcaleun” (“dall’omonimo musical di quell’AstiTeatro in piazza San Secondo”), “Tired Born Blues” (ovvero il blues del nato stanco, brano che ben rappresenta lo spirito dei Fiati), “Red Tower Riff” (che nel ritornello della Torre Rossa svela l’ispirazione tutta astigiana). E nella lista anche un “corto”: “A Largentina”, girato in una cantina di Valle San Matteo a Cisterna, che “dall’interno sembra di essere sul ponte di una nave che trasporta migranti”. Un viaggio tra vigne e note che valse il premio all’Astivinfilmfest. Nel 2000 arriva la “Castagna d’or”, a Castagnole Monferrato a un “gruppo musicale che ha avuto il merito di portare la tradizione e l’eccellenza della musica”. In questi anni decine di persone hanno ruotato, e ruotano ancora, attorno all’organico fisso di 25-30 musicisti, coordinati dai tre direttori Sergio Paolo Demartini, Giorgio Rasero, Gianpiero Malfatto. Con i suoi 25 anni ben portati, la ricetta dei “Fiati” non passa di moda e conquista ancora: sul palco luccichii di strumenti e brusio da intervallo, programmi musicali che associano i grandi e le “canzoni da pullman”. Già un mito l’inno ufficiale del Bagna Cauda Day di Sergio Paolo Demartini. Anche l’attacco dei concerti è sempre lo stesso, a metà tra l’inglese “one two three” e il più nostrano “un dui trei”. Impossibile imitarli, sono “cose da fiati”. E il loro torpedone continua a viaggiare.