Cesare l’apripista e Camillo il tessitore: 11 anni di differenza, stesso segno zodiacale: Leone
Tutto potrebbe iniziare da una lettera scritta dal giovane Camillo Cavour nel 1819 al padre. «Mio caro papà, spero che tu sia guarito dal mal di reni e che verrai giovedì a San Martino. Ieri sera il duca del Genovese (Carlo Felice, Re dal 1821 al 1831, nda) è arrivato a San Martino e Gustavo si è alzato da cena per andare sul balcone a vedere le luminarie, ma io, che sono andato dietro lui, non ho potuto vederle…». Il ragazzo è al castello Belangero di San Marzanotto, sulle colline a pochi chilometri da Asti, dagli zii Enrichetta de Sellon e Louis d’Auzers. Da lassù si domina la valle del Tanaro e dall’altra parte del fiume c’è il castello di San Martino Alfieri. Anche da quello sguardo nel buio di un ragazzino nasce una vicenda storica che culminerà nell’unità d’Italia. Camillo, quando scrive al padre Michele ha nove anni e precisa in quella lettera che il giovedì saranno ospiti di Carlo Emanuele Alfieri di Sostegno, il padre di Cesare che tanta parte avrà nella vita e nelle scelte cavouriane. Ma andiamo per ordine. La lettera conferma che i Benso stanno rientrando nelle grazie dei Savoia dopo essersi “compromessi” con Napoleone e gli Alfieri li aiuteranno in quest’opera di convincimento. Per la loro casata la strada era risultata più semplice. Carlo Emanuele Alfieri tornò subito nel giro di corte regalando ai Savoia il castello di Govone, che aveva acquistato “ma solo per salvaguardarlo” dai francesi. La presenza del futuro re Carlo Felice a San Martino confermava solidi rapporti, rafforzati dalla residenza di René Eustache Osmond, ambasciatore di Luigi XVIII, proprio in casa Alfieri di Torino. In quel palazzo era spesso ospite il sedicenne Carlo Alberto (1798-1849), circostanza che favorì l’amicizia del Principe di Carignano con il suo coetaneo Cesare Alfieri, nato nel 1799, undici anni prima di Cavour. Nel 1821, dopo l’intervento punitivo di Carlo Felice, gli Alfieri sostennero il giovane Carlo Alberto in quei difficili frangenti, facilitando la riconciliazione. Durante l’esilio del Principe, Cesare mantenne i contatti: andò in visita a Firenze e poi lo raggiunse a Racconigi, dove soggiornava dopo il rientro in Piemonte.
Un diplomatico legato a Carlo Alberto
Avviato alla carriera diplomatica, Cesare conosce l’Europa, va a Parigi, poi all’Aja, a Berlino e a Pietroburgo. Nel 1826 torna a Torino, sposa Luisa Costa di Trinità e viene nominato Primo scudiero del Principe. In quei mesi nasce il figlio, chiamato, non a caso, Carlo Alberto. Nel frattempo suo padre diventa Gran Ciambellano di Corte, carica che occuperà dal 1828 al 1840, servendo due Re. L’Alfieri figlio assume il delicato ruolo di “ponte” tra i protagonisti del ’21 e quelli del ’48, un gruppo che comprendeva Guglielmo Moffa di Lisio, Cesare Balbo, Massimo e Roberto d’Azeglio, Luigi Cibrario, Federico Sclopis, Luigi Des Ambrois, Ottavio Revel, Ilarione Petitti, Giacomo Giovannetti, Carlo Boncompagni, Carlo Emanuele Principe della Cisterna, Michele e anche il giovane Camillo Benso di Cavour.
Le esperienze agricole tra San Martino e Grinzane
Quest’ultimo, nel 1831, dopo aver abbandonato la carriera militare, veniva spedito dalla famiglia a farsi le ossa a Grinzane, nelle Langhe. Fu così che tra i due castelli e le rispettive tenute di San Martino e Grinzane si avviò un traffico di vitigni, di pioppelle, di salici, di robinie e di zampe (radici) di asparago che si prolungava fino a Santena. Le terre degli Alfieri, affacciate sulla valle del Tanaro, da San Martino a Magliano, ben si integravano con Pollenzo, Barolo, Grinzane dove stava nascendo un “distretto del vino” in cui operavano i tecnici e gli enologi chiamati da Carlo Alberto, Giulia di Barolo, Camillo Benso e ai quali si aggiungerà nel 1858 Fontanafredda, i Tenimenti di Vittorio Emanuele che videro gli amori con la Bela Rosin. Un intreccio di personaggi sullo sfondo di un’agricoltura che sta modernizzandosi. Cesare diventa l’amico che aiutò Camillo a sviluppare le sue doti di agronomo, di imprenditore e di amministratore pubblico, spianandogli la strada al Governo. Una sola questione di fondo li divide: il giudizio su Carlo Alberto, positivo per l’Alfieri, negativo per il Benso. Cultore di scienze sociali, Cesare nel 1833 si occupa della riforma delle carceri, di pauperismo, di mendicità, di infanzia abbandonata. Nel 1836 è nominato direttore dell’Opera di Maternità di Torino. Cesare e Camillo hanno un amico comune: Pietro di Santarosa, con cui frequentano la casa dei Cisterna, dove abita il ministro d’Inghilterra. Nel 1839 i tre predispongono la normativa per la Statistica agraria. Cesare diventa pure Consigliere di Stato, Consigliere comunale di Torino, membro del Consiglio divisionale e accumula presidenze: Consiglio provinciale, Opera Pia della Mendicità Istruita, Cassa di Risparmio, Società per l’Istituzione delle scuole infantili. Su lui e sul gruppo si appunta l’ostilità dell’arcivescovo Luigi Fransoni (1789-1862), contrario alle scuole per l’infanzia pubbliche perché non vuole che si intacchi il monopolio dell’educazione e istruzione, fino ad allora saldamente in mano alla Chiesa e alle congregazioni religiose. In Piemonte e altrove i ceti sociali si stanno trasformando, cresce la domanda di istruzione e di scuole che formino le categorie emergenti sia tra l’élite, sia tra il popolo. L’innovazione scientifica e tecnologica, le infrastrutture, l’agricoltura, l’industria e il commercio richiedono manodopera sempre più preparata.
Insieme anche a favore della rete ferroviaria e della bachicoltura
I campi d’interesse si dilatano. Cesare e Camillo sono nominati nella Regia Commissione per le Strade Ferrate. Un’esperienza che consente loro di accumulare conoscenze utili quando sosterranno la realizzazione della linea Torino-Genova e soprattutto la costruzione del Tunnel del Frejus. Nel 1840 i due acquistano in comune, dallo stesso “bigattiere”, le uova di baco da seta. Anche nella valle del Tanaro si stanno espandendo la coltura del gelso e la cura dei bozzoli, grande fonte di reddito per le famiglie mezzadrili e contadine. Appartengono entrambi alla casta dei nobili possidenti e non dimenticano le occasioni mondane. Nel 1841 sono tra i fondatori dell’esclusivo Circolo del Whist a Torino. Nel 1842, per volere di Carlo Alberto, Cesare presiede l’Associazione Agraria, palestra politica ed economica dei progressisti. Cavour lo coinvolge nelle attività di produzione di riso, foraggi, barbabietole. Discutono di allevamento e incrocio di bovini, ovini e suini, di produzione di latte e formaggi, di utilizzo di macchinari agricoli per la semina. Risultano anche scambi di lavoranti e mezzadri che ruotano nelle diverse proprietà. Camillo sarà il primo a far importare il guano dal Sud-America: Cesare è tra i suoi acquirenti e poiché la concimazione funziona, diventano soci nella Rossi&Schiapparelli, industria chimica fondata per produrre concimi. Nel frattempo Paolo Francesco Staglieno, esperto enologo, viene chiamato a Grinzane per migliorare la qualità dei vini. Dal 1836 lavorano sulla conservazione e sulla vinificazione per ottenere vini che si ispirino a quelli di Borgogna e Bordeaux. In pochi anni riusciranno nell’impresa, affinando la vinificazione dei nebbioli: sta nascendo il Barolo. Cavour convince l’amico Cesare a coltivare anche il pinot nero che sarà messo a dimora nelle vigne di San Martino. Nel 1844 Cesare è nominato Magistrato per la riforma degli studi dalle elementari all’Università, incontra il sacerdote Ferrante Aporti (alla cui memoria sarà poi intitolato il carcere minorile di Torino) e fonda una scuola di pedagogia. Nel 1845 potenzia le cattedre universitarie e organizza le scuole serali, elementari e tecniche, per adulti.
Idee nuove sul fronte dell’istruzione
Evidentemente l’ambasciatore d’Austria tiene sotto controllo la situazione se persino il Metternich esprimerà preoccupazione per la nomina di Alfieri, giudicato troppo innovatore. Nel Regno di Sardegna si gettano le basi per sottrarre l’istruzione al monopolio della Chiesa. La separazione tra Stato e Chiesa è il grande tema che il gruppo di amici dibatte da anni. Cesare, come Camillo e come tutto il gruppo dirigente che ha fatto l’Unità d’Italia, sarà colpito da scomuniche per aver sostenuto azioni condannate dal Papa e dalla Chiesa. Alfieri è il primo a ricoprire la carica di Ministro dell’Istruzione del Regno di Sardegna. È lui ad aprire le cattedre universitarie a studiosi e professori provenienti da altri Stati d’Italia, tra i quali Pasquale Stanislao Mancini e Antonio Scialoja. Non a caso il suo busto è tra quelli esposti nel Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino, in via Po. Ma intanto i tempi e gli avvenimenti incalzano. La carriera di Cesare non è ancora arrivata al culmine, quando sulla scena irrompe il “Quarantotto”. Lo statista è con Luigi Des Ambrois e Giacinto Borrelli fra gli estensori e i firmatari dello Statuto Albertino. Nell’aprile 1848 viene nominato senatore. Mentre si dichiara la guerra all’Austria, ha l’incarico ufficiale di notificare ai Gesuiti la cacciata dal Piemonte. Ma arriva la sconfitta in quella che passerà alla storia come Prima guerra d’indipendenza e con essa le divisioni. In piena crisi, dopo l’armistizio Salasco, Carlo Alberto nomina Cesare Alfieri suo Primo Ministro. Deve porre rimedio a un disastro politico e militare, succedendo al ministero Casati, in contrapposizione al neoguelfo Gioberti. Il suo governo durerà solo dal 15 agosto all’11 ottobre 1848 e sarà bollato come rinunciatario verso la politica nazionale, perché punta alla mediazione franco-inglese, spingendosi al massimo alla richiesta di acquisizione della Lombardia. Tra il Re, che ha concesso la Costituzione, ma che si considera ancora monarca assoluto, e il Primo Ministro, che crede nella Costituzione, lo scontro è inevitabile. Alfieri cercava la pace, ma il Re voleva continuare la guerra. Cesare si dimette. In ballo ci sono anche grossi interessi interni e internazionali. La stessa unificazione con la Lombardia e cioè l’allargamento del Regno dei Savoia verso la Pianura Padana, l’area agricola tra le più ricche d’Europa, non è vista di buon occhio tra le superpotenze. Sulle pagine del Risorgimento Camillo Cavour in quei giorni scriveva che il popolo e il ministero erano per la pace, mentre il ceto medio e il Re volevano la guerra. Il primo conflitto Costituzionale, a soli sei mesi dalla concessione dello Statuto, scoppia sul ruolo del Governo.
Insieme nel governo di Massimo d’Azeglio
La sconfitta della “fatal Novara” del 23 marzo 1849 conferma che Cesare aveva visto giusto. Ponendo il tema del rapporto tra Re, Governo, Parlamento, opinione pubblica, l’ex primo ministro solleva un problema che Cavour nel 1852 affronterà forzando lo Statuto con il ricorso al voto di “fiducia” del Parlamento. Il Regno di Sardegna vive anni difficili. I governi durano poco, l’inflazione sale al 19%. Il Papa, Pio IX, abbandona la strada federale italiana che solo pochi mesi prima sembrava voler percorrere. Si sostiene che il capo della Cattolicità non poteva ridursi a guida di uno Stato nazionale, ne andava di mezzo l’universalismo della Chiesa. Il disegno neoguelfo di Gioberti fallisce. La Costituzione richiede il bilanciamento, l’equilibrio, la separazione dei poteri. Sono i primi incerti passi della democrazia parlamentare. Per Cesare Alfieri il ’49 è un anno di svolta. Muore in esilio in Portogallo il suo Re e muore anche l’amata moglie. Superato il lutto, tira aria nuova. Sale al governo l’amico e parente Massimo d’Azeglio.
La battaglia contro l’oidio delle viti vinta con lo zolfo
Nel nuovo governo Pietro di Santarosa è Ministro dell’Agricoltura e del Commercio, mentre Cavour diventa il portavoce della maggioranza. Nel 1850 i due allievi stanno ormai superando il maestro. Passano pochi mesi e d’Azeglio, dopo la scomparsa del Santarosa chiama Cavour al governo. Appena Camillo assume i ministeri dell’Agricoltura, del Commercio e della Marina si profila all’orizzonte una delle più importanti battaglie risorgimentali contro una temibile invasione proveniente dall’America. È la guerra alla crittogama, l’oidio della vite, il marin, che falcidia la coltivazione dell’uva. Una sfida tecnica vinta con l’ausilio dell’Accademia di Agricoltura e con l’impiego dello zolfo estratto in Sicilia. L’asse albese-astigiano è un punto di eccellenza di crescita economico-produttiva, di progresso sociale. Alba e il suo circondario innovano il vino e il comparto enologico, coinvolgendo Asti, che ha il suo punto di attrazione nella stazione ferroviaria, posta sulla linea che collega Torino e la Pianura Padana a Genova. In quegli stessi anni, a Canelli, un intraprendente Carlo Gancia avvia quella che diventerà l’industria degli spumanti, prendendo ispirazione dai francesi dello Champagne. Il 1851 è un anno speciale. Camillo e Cesare diventano quasi parenti: Giuseppina, la nipote del Benso, sposa Carlo, il figlio dell’Alfieri. Un matrimonio sontuoso, celebrato a Torino da Antonio Rosmini, concluso con una grande festa nel parco del Castello San Martino Alfieri, presente “lo zio”, ministro emergente. Nel frattempo Camillo assume anche il dicastero delle Finanze, firma i trattati di commercio con Belgio, Gran Bretagna e Paesi Bassi e progetta di trasformare Genova in porto commerciale e di carenaggio e La Spezia in base della flotta e arsenale militare. Don Bosco a Torino inizia a occuparsi dei giovani sbandati, insegna a leggere e scrivere, apre laboratori per formare manodopera specializzata richiesta dalle nuove imprese nascenti. Passano pochi mesi e il governo d’Azeglio entra in crisi sul matrimonio civile. Vittorio Emanuele tergiversa, incarica ancora d’Azeglio, poi Balbo e infine pensa a Cesare che però declina l’invito. I tempi sono cambiati, la strada è spianata agli uomini del Quarantotto.
Si estende l’irrigazione che porterà il nome di Canale Cavour
È l’ora di Camillo Benso di Cavour che nel 1853 mette a segno uno dei suoi colpi da maestro. Auspica e crea l’Associazione Generale della Irrigazione delle Terre all’Ovest della Sesia. La gestione dell’acqua, la fonte energetica più importante dell’epoca, è ripartita. Le adesioni sono di massa, ben 3500 proprietari terrieri partecipano all’impresa. L’Associazione sarà la base da cui scaturirà il Canale Cavour, infrastruttura di 82 chilometri realizzata per irrigare la pianura torinese, vercellese, novarese e la Lomellina. Cesare è ancora al fianco di Camillo, nel periodo 1855-1860, come Presidente del Senato. Sono gli anni della Guerra di Crimea, del Congresso di Parigi, dell’incontro di Plombières, della Spedizione dei Mille, degli scontri e delle intese con Garibaldi. All’incontro di Teano tra Vittorio Emanuele II e l’Eroe dei due mondi, Cavour è il grande assente, ma vede affermare la sua leadership sul processo di unificazione. Il 17 marzo 1861 viene proclamata l’Unità d’Italia, ma mancano ancora il Veneto, il Lazio e Roma. Poche settimane dopo, il 6 giugno, Camillo Benso conte di Cavour muore prematuramente. L’amico e consigliere Cesare Alfieri nel 1864, col trasferimento della capitale, insieme alla nuora Giuseppina e al figlio Carlo trasloca a Firenze. Lascia Torino e il castello di San Martino, ancora oggi al centro di una intensa e prestigiosa attività vitivinicola con le sorelle Emanuela, Antonella, Giovanna, San Martino di San Germano. Cesare Alfieri vivrà a Firenze ancora cinque anni. Muore nella città toscana il 16 aprile 1869. La sua tomba è a San Martino Alfieri, nella Parrocchiale. Se ad Asti l’illustre conterraneo è poco conosciuto, Firenze ne conserva il ricordo con una lapide tra “le urne dei forti”, in Santa Croce, nella terza navata a destra, fra il cugino Vittorio Alfieri e Niccolò Macchiavelli. A lui è anche intitolata la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Firenze, detta appunto “Alfieriana” dalla quale escono i vertici della diplomazia italiana.
La Scheda